Lezione di ieri: anche solo fare una battuta su un luogo è un segno di interesse e ogni buon georgiano ti porterà subito a visitare quel posto.
Lunedì 08/02/2022 08:37 Ureki (Georgia)
Può non sembrare, ma mi sono svegliato presto. Come ogni mattina mi schiarisco la gola, provo a dire mshvidobisa ed entro in cucina a salutare. Per parlare georgiano ho bisogno di avere la gola pulitissima, perciò mi schiarisco la gola in continuazione. Al momento ritengo impossibile parlare georgiano a bocca piena, le consonanti eiettive sono tremende, in senso buono.
Sto uscendo per andare a fare il bagno e mi offrono la colazione. Rifiuto gentilmente perché non mi sembra una grande idea farsi venire una congestione apposta.
Vestito di maglietta e costume da bagno, incrocio qualche passante con la giacca di piumino e in un attimo arrivo alla spiaggia, che è deserta. Prima di tuffarsi è bene riscaldarsi correndo sulla sabbia nera di Magnetiti, che è fredda gelata. Il nome del paese deriva dai granelli di magnetite contenuti nella sabbia, anche se facendo qualche prova non ne ho trovato neanche uno.
Ora che sono ben caldo, dalle caviglie in su, è il momento del bagno e di usare la maschera per la prima volta. L’acqua è poco profonda e mi tocca camminare un bel po’ prima di potermi tuffare. Come al solito faccio partire il cronometro dell’orologio, per sapere quanto sono stato in acqua e per avere un riferimento per le prossime volte. Come è ovvio, per i primi due minuti sembra di nuotare nel ghiaccio. Nuotando un po’ la situazione migliora e dopo cinque minuti la pelle si adegua alla temperatura dell’acqua. Adesso posso nuotare quanto voglio,
perlomeno un quarto d’ora. Ho preso la maschera, ma non c’è proprio niente da vedere sott’acqua, solo la sabbia. Per informazione, l’acqua del mar Nero è decisamente poco salata, perlomeno in questa stagione.
9:22
Esco e come al solito fuori dall’acqua fa più freddo che dentro. Mi incammino verso casa, salutando i cani randagi della via. Sto per entrare in bagno a fare la doccia, ma Temuri nota le mie gambe che tremano e urla qualcosa di incomprensibile alla moglie. Niente doccia, adesso bisogna andare vicino alla stufa perché ho freddo. Normalmente per riscaldarmi vado a fare una corsa dopo la doccia, così il divertimento è doppio, ma prima di mettermi dei vestiti puliti preferirei lavarmi. Non si può fare, ormai la macchina dei soccorsi si è avviata e senza telefono non ho modo di esprimere concetti complessi. Vado a sedermi mentre Temuri riempie la stufa di combustibile come se fosse la locomotiva di ritorno al futuro. Lali prepara una tinozza di acqua calda, una tazza di tè e una montagna di coperte. Mi siedo accanto alla stufa con addosso una enorme giacca di piumino e un panno o due sulle spalle, mentre la stufa si avvicina alla temperatura di fusione. In tutto ciò Lali e Temuri sono frenetici, ma non in preda al panico. Non ho il telefono a portata di mano per chiedere conferma, ma immagino che qualche georgiano vada a fare il bagno in inverno ogni tanto. Non sembra la prima volta che hanno a che fare con l’ipotermia.
Io intanto continuo a tremare come una foglia, rigirando le mani sulla stufa in modo da arrostirle uniformemente. “Vuoi ti che facciamo una foto da mandare alla mamma?” “Non mi sembra il caso, glielo farò sapere per iscritto, che sarà più divertente.” Mi è un po’ sfuggita di mano la reazione dei miei ospiti, la prima volta che ho fatto un bagno così ero nel Nord della Scozia e mi sono messo a correre scalzo avanti e indietro per il prato sulla scogliera, cercando di asciugarmi e riscaldarmi prima di rimettermi la maglietta e la giacca.
9:55
Ora che mi sono lavato di dosso la nostalgia del mare e ho saldato il mio debito termico post-bagno, si può andare a fare colazione. Ho un pochino di fame, ma non lo ammetterò neanche sotto tortura perché Lali penserebbe che non mangio abbastanza e allora sarebbe la fine.
Montiamo in macchina e andiamo a fare GPL, in un distributore di carburante che ha il serbatoio del gas all’aria aperta. È un lungo rimorchio da camion, con sopra tre piramidi di lunghe bombole arancioni e rugginose, legate insieme con fasce di acciaio. Tanto per la cronaca, qui la benzina costa 3,3 lari, cioè poco meno di un euro al litro. Si va a Batumi e poi giù giù fino al confine con la Turchia, per visitare la fortezza di Gonio. Comincio a preoccuparmi per la quantità di chilometri che stiamo facendo per portarmi in giro per la Georgia, ma almeno anche loro non vengono qui da un bel po’, almeno vent’anni.
La fortezza è stata restaurata più volte dall’epoca romana, perciò le mura sono ancora in buono stato. All’interno c’è anche un museo dove sono esposti parecchi reperti archeologici risalenti a ben prima dell’epoca romana, pezzi di vetro, ornamenti e utensili di metallo. Ci sono collane e piccoli oggetti di terracotta e di vetro di ottima fattura, come al solito viene da chiedersi come diavolo hanno fatto a realizzarli con gli utensili rudimentali che sono disposti nella vetrina accanto. In fondo al cortile interno invece ci sono alcune riproduzioni di attrezzature militari, di epoca romana. Facciamo un bel po’ di foto tra le tende da campo, sulla biga, alle manovre della catapulta e accanto alla balestra, per poi uscire prima che qualcuno si accorga di quello che stiamo facendo.
Ripartiamo verso l’interno, salendo verso le montagne verso il parco nazionale di Mtirala. Temuri imbocca una deviazione stretta e accidentata per andare a vedere l’ingresso del parco, che è coperto di neve. Lali e io ci incamminiamo, mentre Temuri ci segue in macchina. Facciamo giusto un giretto di dieci minuti, qualche foto su un ponte sospeso e poi faccio una corsa a tagliare un ramo di nocciolo che ho visto lungo la strada, sprofondato in mezza gamba di neve. Finalmente qui in Georgia sono tornati i noccioli, è ora di procurarmi un nuovo bastone. Lo so che siamo in un parco nazionale, ma qui accanto alla strada parecchie piante sono state potate, se mi approprio di un pollone di nocciolo non succede niente. Temuri però non è tranquillo, meglio risalire in macchina e procurarselo altrove.
Scendiamo la stretta strada piena di curve nello stesso bellissimo paesaggio di prima e proseguiamo fino alla cascata Makhuntseti, che è piena di vocali. Sarà anche vero che la Georgia è più bella in estate, ma in inverno sicuramente questa cascata è più grossa. Andiamo fino alla base, in mezzo all’aerosol di spruzzi per le scattare altre mille foto.
Visto quanto è spettacolare il salto d’acqua, perché non andare fino in cima? Lali viene con me, mentre Temuri dice che siamo pazzi e ci segue in macchina solo per i primi cinquanta metri. Qui sono già sbocciate le primule, segno che la primavera non è lontana oppure che le primule hanno preso un granchio.
Raggiungiamo di nuovo Temuri, che nel frattempo ha comprato un po’ di legna perché stamattina abbiamo quasi finito le scorte.
Ora ci inoltriamo ancora un po’ nella valle, per raggiungere un ponte panoramico, o meglio una passerella costruita sopra un enorme condotto dell’acqua che passa dieci metri sopra la strada. A metà della passerella si è parecchio in alto, peccato che il ponte sia chiuso. Bisogna pagare una guida perché altrimenti è troppo pericoloso camminare tra i due parapetti, sono troppo sicuri. Non è la fine del mondo, la valle è bella anche da qui, ma Lali ci rimane male e va a comprare da mangiare e da bere per tutti e quattro. Qui accanto infatti c’è un chiosco che vende delle specie di panzerotti farciti di patate, carne e altre spezie. Uno per Temuri, uno per sé, uno per me è un altro per il mio scarso appetito.
Inaspettatamente i miei benefattori vanno in bagno tutti e due contemporaneamente, perciò gli ultimi due morsi vanno al mio collega cane randagio, che di sicuro apprezza molto perché il cibo fritto è buono per definizione.
Imbocchiamo la via del ritorno, con destinazione Batumi. Parcheggiamo nei pressi del Boulevard, cioè la passeggiata sul lungomare. Temuri va un po’ in giro per i fatti propri e intanto Lali e io andiamo a guardare il mare camminando sulle rocce frangiflutti. Con mi grande meraviglia, mi propone di proseguire di roccia in roccia invece di ritornare sul viale. Così facendo, cento metri dopo troviamo una fontana musicale, cioè un laghetto con al centro una piattaforma da cui parte una coreografia di getti d’acqua. I getti d’acqua sono illuminati con luci variopinte e si accendono al ritmo della musica proveniente dall’impianto stereo sulla riva. Ci fermiamo solo cinque minuti ad ascoltare la colonna sonora di Mission Impossible, Pirati dei Caraibi, 007, Star Wars e la Sagra di Primavera di Stravinskij, meglio nota per il cortometraggio della Disney con i dinosauri. Al momento mi ricordo queste, ma abbiamo ascoltato un’altra dozzina di brani lì in piedi sulla riva, insieme ad altri passeggiatori serali. Nelle pause della musica ipnotica si riesce a guardare l’acqua oltre la fontana, dove si riflettono le pareti colorate dei grattacieli, a loro volta illuminate da luci cangianti. Sembrano alberghi e sono praticamente vuoti, non è proprio stagione per il turismo. Mentre assistiamo allo spettacolo, passa una mamma con due figlie e tre cellulari, uno a testa. La più piccola ha tre o quattro anni e per tutto il tempo si scatta e pubblica una foto dopo l’altra nelle pose seducenti della sorella, la quale imita le ragazze più grandi, che si ispirano ai metodi pubblicitari delle donne ventenni, a catena. Ma poi perché questa bambina ha in mano un cellulare? Forse perché ormai è impossibile svellerglielo dalla mano.
Ci risvegliamo dall’ipnosi quando Temuri ci telefona per sapere che fine abbiamo fatto. Proseguiamo lungo il Boulevard semideserto e poco illuminato, mentre Lali mi spiega quante luci e quanta gente c’è nella bella stagione. Non perde l’occasione per ricordarmi ancora una volta che la Georgia è bella, ma d’estate è ancora meglio. A casa abbiamo finito la diavolina per la stufa a legna, cioè le pigne, e qui c’è pieno di pini. Io ci speravo e per questo ho portato una borsina per raccoglierne un po’, nonostante i giardinieri ce la mettano tutta per mantenere le aiuole immacolate. Come era prevedibile, Lali decide di prendere la borsina, per non farmi faticare. Era talmente prevedibile che ne ho in tasca altre due, così almeno una mi resta in mano e mi posso affaticare quanto voglio.
Raggiunta una discreta scorta di pigne, troviamo un’altra fontana dove i getti d’acqua creano una coreografia e il proprio effetto sonoro. Facciamo una sosta obbligatoria, per poi proseguire oltre, fino a trovare un tizio che di notte gioca a tennis contro il muro del teatro. Poco dopo ci ricongiungiamo con Temuri e giriamo le ruote verso casa, dove ci aspetta la cena di khinKali, la pasta ripiena a forma di borsa del ghiaccio.
22:20
Andiamo bene, le otto portate di khinKali stanno finendo, solo che sul più bello spunta una gallina in umido, con anche il pane e il contorno. È finita, anche se è un peccato. “Mangerei volentieri tutto quanto, così da non dover mangiare più fino in Pakistan, ma non posso. ” Ci facciamo grasse risate, ma affermazioni come questa fanno ben poca breccia nelle aspettative georgiane. Anzi, per incoraggiarmi mi spiegano che Temuri fa parte del governo della Georgia in qualità di ministro del mangiare, infatti sfoggia una cospicua pancia, a testimoniare la bravura della cuoca.
Dopo cena riaccendiamo la stufa, ma a quanto pare la legna è bagnata fradicia e il calore prodotto dal fuoco serve tutto per far evaporare l’acqua. Deve esserci nevicato sopra parecchio per ridurla così. Dopo mezz’ora si riesce ancora a tenere la mano a un centimetro dalla stufa e Temuri moltiplica i propri “Oh shenì!” più del solito, mentre cerca di accendere il fuoco a suon di pigne. “Almeno l’hai pagata poco?” “No.”
Dopo quattro giorni ho capito che “shenì” significa “tuo/tua”. A intuito direi che in questo caso voglia dire “tua”, perché quando bisogna offendere qualcuno di solito si parte da sua mamma. Un sito di parolacce georgiane conferma l’ipotesi, con un intero vocabolario di “sheni deda… brutte cose.”
Una volta accesa la stufa, mi raccontano come mai oggi hanno cercato di spiegarmi che Trabzon una volta era in Georgia. Non solo ai tempi di re David, ma ancora cento anni fa la Georgia era molto più estesa di adesso, estendendosi nell’entroterra turco fin quasi a Kars e sulla costa fino a Trabzon. Tuttavia all’epoca era parte dell’URSS, che non era troppo preoccupata per centomila chilometri quadrati in più o in meno. Dopo il 1920 la Georgia si è ristretta parecchio, a vantaggio della Turchia. Per completare l’opera, nel 1992 la regione dell’Abkhazia si è separata di fatto dalla Georgia, seguita dall’Ossetia nel 2008. Nei fatti sono diventati stati satelliti della Russia, anche se formalmente solo cinque paesi terzi ne hanno riconosciuto l’indipendenza.
Come spesso accade, è difficile fare una guerra senza trucidare un po’ di civili, e un altro po’, e un altro po’ ancora, magari preferibilmente georgiani. A questo punto una strage si chiama genocidio. È interessante sentir dire che le milizie di un popolo famoso per avere subito un genocidio, gli armeni, si sono rifatte su un altro stato vicino. Naturalmente sono accuse pesanti e nessuno ha il dono dell’infallibilità, specialmente se si considera parte in causa, perciò le informazioni sono da verificare.
Dopo la lezione di storia vado a letto a contare le consonanti eiettive per addormentarmi.
Mamma mia Ric, il bagno in pieno inverno!!! Solo tu puoi fare queste pazzie!!! Mi sembra che l’accoglienza dei genitori di Maria sia stata più che perfetta. Bellissimo e avvincente come sempre il tuo racconto ❤❤❤
A quale dei vari bagni in Scozia ti riferisci?
Non vorrei sbagliarmi ma credo che parli di quello che fece alle 08:00 di mattina mentre eravamo a Ullapool. Quando lui, in costume da bagno, uscì dall’acqua stavano giusto giusto per entrarci dei locali muniti di muta perchè faceva troppo freddo. Guardarono Palla con occhi sbigottiti.
Meraviglioso.
Non me li ricordavo, è vero che c’erano anche loro! Parlo proprio di Ullapool.
Intendo il bagno alla spiaggia di Achnahaird.
Ricky! Bella anche la lezione di storia.
Comunque “Normalmente per riscaldarmi vado a fare una corsa dopo la doccia, così il divertimento è doppio” solo tu 🙂
Eh beh sì, così l’esperienza rimane più impressa nella memoria ahahah.
Ottima idea quella delle borse extra! Dopo tanto tempo passato come ospite finalmente hai escogitato dei trucchi per lavorare un poco. Potresti scrivere il volumetto “Come aiutare i padroni di casa quando questi non vogliono”
Il secondo capitolo di questo volume sarà in edicola la settimana prossima.