Un incontro fortunato

Lezione di ieri: Le case abbandonate sono per chi non ha un riparo. Chi ce l’ha è meglio che usi gli alberi.

Mercoledì 03/11/2021 7:38

Ho proprio dormito bene, delle notti passate fuori è stata la più calda. Mentre smonto il telo e l’amaca mi guardo intorno e noto che sono proprio in un bel pezzetto di bosco di abeti e faggi, molto più bello di come sembrava ieri sera nella foschia. Qui accanto c’è una piccola dolina e vedo uno scoiattolo che la attraversa, mentre dal letto di foglie intorno all’amaca spuntano parecchie pietre, completamente verdi di muschio soffice. Mentre piego con cura il mio riparo ripenso a ieri sera mentre ero al telefono con il proprietario dell’appartamento. Dentro di me mi chiedevo quale prezzo massimo avrei accettato, perché non ci avevo neanche pensato. Spesso fa freddo, è vero, ma tutto il resto è così bello! Il problema non è tanto il costo della camera, quanto invece il valore che sono disposto a pagare per avere un servizio che normalmente mi viene offerto gratis. In inglese si chiama willingness to pay e si usa per stimare il valore dei beni e dei servizi offerti dalla natura. Se per esempio gli insetti impollinatori scioperassero, quanto sareste disposti a pagare una persona che impollini a mano i fiori di melo? Oppure, quanto costerebbe sviluppare una tecnologia equivalente? Al di là del fatto che gli insetti hanno un valore intrinseco, che va oltre la loro funzione nella produzione agricola, questo ragionamento può essere utile per rendersi conto del valore di moltissimi processi naturali che normalmente si danno per scontati. Ce ne si rende conto solamente quando vengono compromessi, e a quel punto, di solito, è tardi. L’acqua delle falde sotterranee si può estrarre quasi gratis, ma più cala il livello dell’acqua più la roccia porosa cede e si comprime. Questo processo è irreversibile e diventa evidente solo quando la falda si esaurisce del tutto e a quel punto bisogna procurarsi l’acqua in altro modo. Ci sono molti altri metodi per stimare il valore commerciale della natura, ma la sua bellezza ha un valore non calcolabile che rende ogni altra stima irrimediabilmente al ribasso. A prima vista la monetizzazione sembra un valido metodo di salvaguardia, ma nasconde meccanismi perversi perché con ogni probabilità l’equilibrio economico e quello ecosistemico non convergono. L’economia punta alla massima efficienza produttiva, la natura invece non punta da nessuna parte: fluisce e basta. È mia opinione personale che non sia il caso di stilare una lista di quale habitat valga di più e quale di meno, è pericoloso. Mi viene da pensare che affittare una camera doppia solo per avere qualche grado in più sia come avere bisogno di un’aspirina e comprare tutta la farmacia.

9:30

Basta, tutto questo verde mi sta dando alla testa, torniamo alla civiltà: ho visto un posto perfetto per fare l’autostop. Scrivo Plitvice sotto a Vrbovsko e mi preparo appena prima dell’ingresso dell’autostrada, lungo un rettilineo con un’ampia piazzola di sosta. È tutto perfetto, solo che le poche macchine che passano non si fermano, molti mi svoltano nella laterale successiva allo svincolo dell’autostrada, dove ci sono un cantiere e degli uffici. Poco male, tra una macchina e l’altra scrivo. Passa un’ora e più, poi capisco che qualcosa non va e decido di cambiare posto, dalla parte opposta di Delnice (che si pronuncia Delnize, la c in ex Yugoslavia si legge zeta). Anche qui il posto è buono, ma passano solo quelli che vanno a Vrbovsko, cioè quasi nessuno. Sono fortunato, dopo venti minuti una macchina accosta e salgo a bordo con uno che avrà circa la mia età e guida una macchina che da fuori può sembrare buona, ma dentro è piuttosto malconcia e nella zona tra i sedili anteriori è nevicata parecchia cenere. Stranamente manca anche l’accendisigari, che io avrei ritenuto l’accessorio più importante. Mi dice che non arriva fino a Vrbovsko, ma si ferma a Skrad, che è un paese minuscolo e senza autobus. A me venti chilometri non fanno schifo e accetto volentieri. Al momento di scrivere, cinque giorni dopo, mi sono quasi dimenticato il suo nome. Si è salvato dall’oblio perché si chiama Edi, come l’aiutante di Archimede Pitagorico dei fumetti di Topolino. Il paesaggio boschivo si sussegue ininterrottamente come ieri, mentre il mio autista manovra il volante con le sue mani visibilmente abituate ai lavori pesanti. Mi spiega che ha il polso fasciato perché si è fatto male tirando la corda di accensione di una sega. Non è un boscaiolo però, stava tagliando dell’acciaio.

14:20

Mi lascia nel centro di Skrad, vivace metropoli che vanta addirittura un ufficio turistico, chiuso. Nella mia ignoranza di uno che ha visto cambiare le auto dopo 100-150.000 km, scendendo dico a Edi che la sua macchina deve avere un buon motore, ha quasi 200.000 chilometri! Lui risponde ridendo che sicuramente quello non è il numero vero. Faccio cinquanta passi e sono fuori da Skrad, preparo il cartello e nel frattempo scrivo. Passa una macchina, poi un’ambulanza, un camion di legname e un’ambulanza, cinque macchine, un’ambulanza, tutte senza sirena. Stessa cosa nella direzione opposta. Sono così cagionevoli di salute i croati? Dopo un po’ si ferma un’auto con un uomo alla guida che parla solo croato e dice che va a Zagreb. Insieme a lui ci sono due donne, quella seduta davanti sta allattando un bambino. Il resto non l’ho capito, comunque questo riparte e io lo ringrazio. Perlomeno si è fermato, grazie.

14:50

Aspetto ancora e dopo mezz’ora si ferma un’Audi, guidata da un uomo sui 55 anni che va a Vrbovsko. Indossa un berretto di lana blu e un giaccone beige con i polsini logori. Una volta a bordo scopro che si chiama Branko, come l’autista di autobus di Ljubljana, ma alcuni lo conoscono come Braj, perché è praticante della religione Hare Krishna. Non solo va a Vrbovsko, ma prosegue per un lungo tratto a Sud verso Plitvice. Lo ringrazio di cuore perché davvero non ci speravo, ma lui risponde semplicemente che è suo dovere come uomo dare una mano a coloro che il Signore ha messo sulla sua strada. Uno dei modi che ha per coltivare i Rasa, le relazioni, è dare un passaggio a me, un tizio a caso incontrato nel mezzo del niente. Pratica da una ventina d’anni la Consapevolezza di Krishna, cioè uno stile di vita improntato al coltivare le relazioni e il rapporto con il Signore attraverso l’attenzione agli altri, la sobrietà, la meditazione e la preghiera. Io lo ascolto incantato dalla naturalezza con cui parla di ciò in cui crede e dei principi di altruismo che ispirano il suo agire. Ogni mia frase innesca una mini lezione sulla dottrina di Krishna, mentre fuori scorrono più di 80km di Croazia. Una delle prime riguarda proprio la giacca di Branko: in questa vita il corpo è un involucro dell’anima, che via via si usura come i polsini della sua giacca e a un certo punto va cambiato. Ha moglie e un figlio di cinque anni, che però questa settimana sono andati a trovare la nonna. Branko in vita sua ha svolto vari lavori, tra cui il cuoco per una mensa scolastica in Germania, ma al momento costruisce case di legno e vende le tavole ricavate dal taglio dei tronchi, a circa 40€ al metro cubo. In più alleva le api e coltiva l’orto dietro casa. In poche parole, non è uno che rischia di annoiarsi. Per approfondire la pratica spirituale è andato in India sei volte ed è stato anche a Firenze per sei mesi, infatti si ricorda anche un po’ di italiano. Lungo la strada mi fa una proposta indecente che non posso rifiutare. Mi invita per un pranzo ed eventualmente a restare per la notte. Sono così sconvolto che non capisco se parla di oggi o di domani. No no, intende proprio oggi, sarà un pranzo posticipato perché sono le quattro, ma che differenza fa?Mentre attraversiamo Ogulin, che è il paese più grande in questa parte di Croazia, ci fermiamo al Lidl per comprare dello zucchero per le sue api e per dei suoi amici che glielo hanno chiesto. Usciamo a mani vuote perché costa 6,5 kune al chilo, si può trovare un prezzo migliore. Rimango un po’ stupito da questa ricerca del minor prezzo possibile, ma lui chiarisce subito l’equivoco: ne deve comprare cento chili. Prima di dirigersi a casa passa anche dal forno, per chiedere se hanno del pane vecchio da dare ai suoi animali.

Casa sua si trova a Litčka Jesenica. Arriviamo poco prima del tramonto e ci accoglie Rex, il suo cane, un cucciolo di pastore tedesco di un paio di mesi. Sembra alto una spanna, ma solitamente ti si appoggia sulle gambe per giocare. Insieme a lui ci sono vari gatti che si occupano del suo intrattenimento quando non c’è nessuno in cortile. In pratica lasciano che Rex gli salga sopra per giocare, sopportandolo con infinita pazienza. C’è anche un gattino arancione un po’ malconcio, più o meno dell’età di Rex. Anche in questa casa, appena si entra ci si tolgono le scarpe. La sala è un seminterrato con delle pareti di pietra degne di un fortino, sessanta centimetri di spessore più quindici di coibentazione extra. Le pareti gialle sono state ritinteggiate da poco e nell’aria c’è un profumo strano che non è dovuto solo alla stufa a legna. Mentre appoggio lo zaino vedo sul davanzale interno di una finestra una montagnola di cenere in cui giacciono le spoglie di intere generazioni di bastoncini di incenso. Il pranzo è a base di sostanziosi cubi di torta. Prima che faccia buio andiamo dietro la casa, lungo una carraia che attraversa il terreno di proprietà di Branko, salendo fino ad un cottage di legno, in costruzione. Glielo ha commissionato un amico ed è in ritardo nella consegna, per via di tutti i propri impegni. Lo sta costruendo da solo e la struttura è ultimata, restano da posare le tegole e da fare aggiungere alcune parti in legno. Cerco di immaginare come possa fare una persona sola a portare tutte quelle tegole sul tetto e vedo nel suo futuro una lavorata immane. Torniamo dentro casa e dopo un’altra lunga e dettagliata descrizione delle icone dei maestri del culto di Krishna e della foto del maestro di Branko, lui riscalda alcune pietanze e con zucca, patate, fagioli e pane fatto in casa si ottiene in un attimo una buona cena. La bevanda viola che mi versa un una grossa ciotola di terracotta deriva da un’uva dal sapore simile all’uva fragola, frullata, bollita e messa in frigo. È ottima per la mia sete. Mentre sta ancora aggiungendo cibo in tavola mi invita a dire le mie preghiere, se voglio, cosa che faccio volentieri perché è una cosa che mi capita quasi solo quando c’è qualcuno a ricordarmelo. Dopo cena mi chiede con grande garbo che cosa vorrei fare e io lo stupisco rispondendo “conversazione”. Credevi forse che ne avessi avuto abbastanza del viaggio in macchina? L’argomento sono sempre gli Hare Krishna, di cui esiste una piccola comunità in questa zona. A un certo punto, ad una mia domanda lui scatta in piedi e va al piano di sopra. Lo sento percorrere a lunghe falcate il pavimento di legno e in un attimo riappare trionfante con un grande libro, accuratamente chiuso in una custodia di cartone. È un libro con le foto di tutti i templi di Krishna nel mondo. Sfogliandolo mi descrive l’iconografia, la realizzazione e la manutenzione degli altari presenti nelle foto. Le statue sono realizzate con una pietra particolare, bianca e priva di difetti, tanto che la fase più lunga della realizzazione spesso è la scelta della pietra. Tutti gli altari raffigurati sono adornati di fiori freschi, che in certi templi importanti vengono cambiati anche tre volte al giorno, così come le vesti ricamate di cui sono vestite le statue. Il tomo è spesso due dita, ma lo sfoglia pagina per pagina continuando a raccontare aneddoti e vicende scritte nei testi sacri e rappresentati in certi templi. A un certo punto conveniamo che è ora di andare a letto e mi mette a disposizione la roulotte che un suo amico tiene parcheggiata a casa sua. È circondata dalle erbacce, ma all’interno è molto carina, con il mobilio in legno. Dormo sulla moquette, grato di avere quattro pareti a ripararmi dal vento e un tetto solido sopra la testa, stanotte che piove. Essendoci conosciuti per strada poche ore fa, lui giustamente mi fa dormire qui e io giustamente metto il fermo alla porta.

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