Lezione di ieri: Accamparsi sugli alberi è divertente, ma richiede un sacco di tempo.
Domenica 07/11/2021 6:54
È stata una notte ventosa, quindi fredda. Però finalmente, dopo tanti anni da quando ho scritto la tesi sui lupi alla fine della laurea triennale, ho sentito l’ululato dei lupi dal vivo. Non so che ora fosse, né tantomeno quanto fossero lontani, ma erano parecchi e li ho sentiti bene anche da dentro al sacco a pelo.
Alla mattina la prima cosa da fare è scaldarsi un po’ quindi per i primi venti minuti cammino lungo il sentiero esplorando i dintorni. Poi iniziano le operazioni di smontaggio della casa e ricostruzione dello zaino.
9:36
Ho già finito, smontare sembrava facile invece ha richiesto lo stesso tempo. Mi incammino verso il lago più alto incontrando qualche turista qua e là. Per qualche strana ragione, in tutta la giornata continuerò a percorrere i sentieri a rovescio incontrando sempre turisti che vanno in direzione contraria alla mia.
Il cielo è ancora coperto e l’acqua è grigia quando arrivo al lago più grande. All’improvviso, una freccia azzurra esce da un canneto davanti a me, vola bassa sull’acqua e si conficca su un ramo dall’altra parte del lago. È stato troppo veloce per scattare una foto, quindi mi siedo sulla passerella con le gambe a penzoloni sull’acqua e tiro fuori il binocolo.
Guardando laggiù sulla riva, inizio a cercare la freccia tra la vegetazione. Non è difficile trovare una macchiolina color blu metallico in mezzo alla vegetazione marrone, per quanto sia piccola. È il terzo martin pescatore che vedo, e il primo l’ho visto a marzo di quest’anno.
Mentre aspetto che torni indietro sento delle strida come di aquila e vedo comparire a un centinaio di metri due grandi rapaci che si posano sulle cime degli abeti in riva al lago, per poi allontanarsi progressivamente volando da un albero all’altro.
Riparto perché inizia a fare freddo.
12:10
Le nuvole si assottigliano e scorgo qualcosa, come una lampadina a fluorescenza nascosta dall’altra parte. Nel giro di venti minuti finalmente il cielo si pulisce e nell’azzurro splende il sole. Mi siedo a scaldarmi su una panchina in riva a un lago insieme ad un gruppetto di turisti. Quando arriva l’ombra mi rimetto in cammino per vedere i laghetti centrali illuminati dal sole, che adesso sono turchesi e di una limpidezza che risalta ancora di più.
Vago tra i laghetti centrali, pregustando il passaggio davanti alla cascata semicircolare di ieri. Lungo la strada trovo anche un laghetto prosciugato, dovuto al cedimento dell’argine del lago sovrastante, avvenuto appena tre anni fa.
Gira e rigira, non riesco a trovare la passerella che porta alla cascata principale, quella più ricorrente nelle foto pubblicitarie del parco. A un certo punto capisco: in quel tratto hanno appena sostituito delle assi e ci sono ancora i cartelli dei lavori in corso.
Io però ho una cosa che gli altri turisti non hanno, cioè un passaporto italiano, perciò sono uno dei pochi fortunati a poter fare l’italiano in maniera legale.
La cascata è veramente magnifica, un salto di decine di metri che non solleva neanche un granello di sabbia e cade in una pozza perfettamente trasparente. Inoltre questo percorso è ancora più bello perché è quasi tutto costruito sull’acqua. Lungo il percorso non ci sono buchi da saltare appesi a una liana, l’unica segno dei lavori in corso sono alcune assi usate per scavalcare i gradini con la carriola.
Direi che ho percorso tutti i sentieri, è ora di ripercorrere i laghi a scendere e uscire dal parco. Salgo su una delle barche che fanno la spola tra due rive e dopo tre lunghi minuti di traversata scendo dall’altro lato.
Mi fermo su una panchina al sole per fare qualche foto agli svassi maggiori che si riassettano le penne sulla riva, mentre un pettirosso saltella sui rami a un paio di metri da me. Nello stesso momento fotografo un picchio muratore che saltella sul prato. Ce n’è uno anche vicino a casa mia, ma è raro vederlo perché è molto schivo.
Mentre riparto, alle mie spalle sento parlare italiano, è una coppia indecisa sulla strada da prendere.
Si chiamano Gianni e Liliana, lui è in pensione e abita a Treviso, mentre lei vive a Mosca dove lavora per il comune. Lei capisce piuttosto bene l’italiano, ma si conoscono solo da qualche mese perciò lei sta ancora imparando.
Gianni è stato qui una volta, trent’anni fa, e mi racconta che qui d’estate arrivano intere flotte di pullman carichi di turisti, che saturano i sentieri del parco. Meno male che sono venuto a novembre.
Quando gli dico che sono qui da due giorni, la prima cosa che mi chiedono è se ho fatto due biglietti singoli o un biglietto scontato per due giorni. Non mi sembra il caso di fare una lista delle regole del parco che ho infranto senza prima sapere con chi sto parlando, quindi gioco a carte coperte. Ufficialmente ho comprato due biglietti giornalieri a prezzo pieno, perché non ero sicuro di quanto a lungo sarei rimasto. (Adesso lo sapete, porta pazienza Gianni. Tutto il resto era vero.)
Proseguiamo chiacchierando lungo tutto il lungolago fino alla cascata più alta del parco, con un salto di 62 metri, più altri 25 pochi metri dopo. Liliana, che ha del talento fotografico, mi scatta una foto spettacolare in piedi su una roccia davanti alla cascata, con sopra un pezzetto di cielo e una nuvola, dorata dalla luce del crepuscolo. Ricambio scattando qualche foto alla coppia.
Fine della visita, usciamo dal parco e loro sono così gentili che mi invitano al bar, offrendomi un tè e un buon pezzo di strudel. Al termine delle chiacchiere li accompagno verso l’albergo e ci salutiamo in un posto che sembra ottimo per me per passare la notte.
Scendo in una dolina quando ormai è quasi buio e appendo l’amaca. Il posto è ottimo perché quaggiù non arriverà neanche il vento.