Lezione di ieri: in medio oriente è in corso una gara internazionale a chi ospita di più.
Domenica 23/01/2022 8:50 Iğdır (Turchia)
L’orario della sveglia sta tornando un po’ più normale, visto che il raffreddore sta passando domani mi sembra il giorno giusto per spostarmi a Kars, dove ho già contattato Erdoğan, un omonimo del presid-ittatore della Turchia. Stamattina dovrei finire la spesa che ho fatto nei giorni scorsi sotto l’impulso della mia fame da lupi.
15:20
È ritornato Emrah e finalmente in questa casa c’è qualcosa da fare, è giunto il momento di dare una pulita alla casa. Mentre lui passa l’aspirapolvere sui tappeti io passo il mocio sulle parti di pavimento scoperte. È molto pratico avere tutti questi tappeti, perché si possono attraversare le stanze a salti anche quando il pavimento non è ancora asciutto.
Ieri l’altro il mio ospite mi ha proposto di trovare un lavoro qui a Iğdır e vivere qui, ma ho rifiutato senza doverci pensare. Ora Emrah vuole sapere perché non voglio fermarmi a Iğdır. Ci sono varie ragioni, tra cui il fatto che la valuta turca al momento sta diventando carta straccia. Il problema grave però è un altro, non ci sono boschi qui. Non sono un animale adattato a vivere nei bar bevendo tè. Anzi, ora che mi sento meglio posso proseguire oltre, raggiungendo finalmente Kars domani pomeriggio.
Finito di pulire usciamo a incontrare gli amici. Mentre ci dirigiamo verso il Choco Lab, Emrah vuole sapere quanto riesco a andare indietro elencando i nomi dei miei antenati in linea paterna. Ho sulla punta della lingua il nome del mio bisnonno, ma non mi viene in mente e quindi arrivo solo a due. Emrah parte e arriva a sette, risalendo in pochi secondi praticamente due secoli di storia. Sembra che stia leggendo una pagina della Bibbia o i nomi dei re nanici del regno di Erebor. È un fatto culturale, mi spiega, facilmente i curdi conoscono i nomi di molti dei propri antenati in linea paterna.
Al Choco Lab, dove ci aspetta una coppia, Mohamed e Demra. Hanno pochi anni più di me e si stanno per sposare perciò al momento stanno organizzando la luna di miele. Intendono richiedere un visto per l’UE e visitare l’Italia, perciò mi chiedono qualche consiglio di itinerario per collegare le Cinque Terre a Firenze.
Poco dopo mi giunge una telefonata da casa, perché si dà il caso che oggi ricorra il terzo mese dal giorno che sono partito. Ormai si sente che sono partito da tanto, sia per me che per loro. Dopo tre mesi di viaggio però il bilancio è estremamente positivo, non mi aspettavo che fosse così semplice arrivare fin qui. Prima di partire, anche solo immaginarmi nel bel mezzo della Turchia circondato da persone che non conoscono una parola di inglese mi dava insicurezza. Una volta raggiunta la Bulgaria invece è diventato tutto diverso, muoversi attraverso un continuum di lingue e culture non spaventa, i cambiamenti che appaiono graduali sono facili da affrontare. In realtà la Bulgaria e la Turchia hanno ben poco in comune, a parte la Tracia. Cambiano la prima e la seconda lingua, la rete telefonica, la moneta, le facce delle persone, il paesaggio. Dopo qualche settimana ci si fa il callo e si cambiano le schede SIM come le mutande.
A livello economico la mia situazione è in costante miglioramento a causa del calo del potere d’acquisto di chi mi sta intorno e ciononostante l’ospitalità non finisce di stupire. Sto trovando anche un metodo di studio per imparare la lingua locale, forzato dal fatto che l’inglese sta diventando una conoscenza per pochi. L’unico problema è che l’autostop sta mettendo radici profonde, mano a mano che il viaggio aggiunge nuovi rami e cresce. Lo chiamo problema perché dopo più di seimila chilometri non ho ancora avuto alcun incontro spiacevole e non ho ancora visto che faccia hanno gli incontri spiacevoli. Gli autostoppisti dicono che si riconoscono a istinto, spero che sia così.
La frontiera terrestre tra Georgia e Azerbaijan è ancora chiusa, perciò se non riapre entro un tre settimane sarà necessario comprare un biglietto aereo da Tbilisi a Baku.
Finita la telefonata ritorno a sedere, dove c’è un nuovo tè che mi aspetta, fumante. Demra sta parlando con Emrah dei costi dello skipass, che sono saliti parecchio negli ultimi tempi. Finisco il mio tè ed è già ora di andare a cena a casa di Sercan. Ci vado solo io e potrei andarci a piedi, ma tutti temono che mi perda nella giungla d’asfalto di Iğdır, perciò Mohamed e Demra mi fanno un passaggio con la loro bella macchina.
In strada c’è Sercan ad aspettarmi e stavolta è solo. Saliamo al quarto piano con l’ascensore senza porta e Sercan si mette al fornello. Vorrei aiutarlo, ma è vietato dal protocollo, posso solo stare seduto sulle sedie della sala. Non mi importa niente della frutta secca e dei biscotti sul tavolo, quindi per non infrangere il divieto porto la sedia in un punto da cui posso vedere la cucina. Sercan ha un piano cottura a quattro fuochi come quello di Emrah, ma per motivi ignoti non è collegato al gas. Per questo cucina su una piccola bombola appoggiata a terra, chinandosi per mescolare il pollo con le lenticchie. Ha già preparato il riso e anche il contorno, aspettiamo solo che arrivi Osman per iniziare a mangiare.
Oggi parliamo di viaggi e di visitare l’Italia. Se per noi che siamo benestanti ed europei basta la carta di identità per entrare in Turchia, non vale il viceversa. Un turco per andare in Italia deve richiedere un visto per l’Unione Europea e lo deve pagare novanta euro, che al momento equivalgono a un po’ meno di un terzo del salario minimo. Nonostante l’UE sia così simpatica, per fortuna i turchi hanno parecchie altre mete disponibili senza bisogno di un visto, più di quante mi aspettassi. Il problema è raggiungerle, perché ora che la Grecia e la Bulgaria sono nell’UE serve un aereo per scavalcarle.
18:40
Iniziamo a cenare quando arriva Osman e la conversazione diventa un misto di turco e inglese, con Sercan che fa da interprete. Mi chiedono come mai ho iniziato questo viaggio e mi avvertono dei pericoli che mi attendono in Iran, proprio loro che vivono nel pericoloso Kurdistan turco.
Mi chiedono anche come ho fatto a incontrare Emrah e gli presento per la prima volta il magico mondo di Couchsurfing e Trustroots. Mi scontro così con un ostacolo di entrambe le piattaforme, cioè la carenza di utenti registrati fuori dai paesi sviluppati. Questo non significa però che dove ci sono meno utenti sia più difficile farsi ospitare, anzi forse è proprio il contrario. Perché? Sicuramente il primo motivo è che nei paesi ricchi ci sono più viaggiatori, il secondo forse è che nel primo mondo anche gli ostelli sono costosi, quindi c’è più necessità di ospitalità e gli utenti restano attivi. Ma non è che queste piattaforme sono state create perché nei paesi sviluppati è difficile trovare ospitalità bussando a una porta a caso? Forse non è vero, ma non mi sembra così inverosimile.
21:45
Dopo un altro po’ di chiacchiere torno da Emrah, con Sercan e Osman al seguito per evitare di perdermi. Mentre usciamo di casa Osman ha una crisi di ilarità che ha a che fare con “riz”, che a quanto pare è riferito alle mie calze. Non riesco a capire di più perché a causa di Osman siamo tutti piegati in due dal ridere.
A casa di Emrah ci sono suo fratello, Ozam e Sinan. Usciamo a comprare da mangiare e da bere in un negozio di alimentari dove si vende anche alcol. Il negoziante, che i miei amici chiamano “abi”, ci fa assaggiare un formaggio leggermente affumicato che ricorda tantissimo la scamorza. Emrah ne compra un po’, insieme a una bottiglia di şalgam e una di raki, il distillato all’anice che ho assaggiato a Istanbul. Sono abituato a sentirmi ricco qui in Turchia, ma i prezzi degli alcolici mi lasciano allibito. Invece di costare la metà, costano il doppio che in Italia. La ragione sta nelle accise imposte sull’alcol, che in Turchia sono circa 5000 $ per ettolitro, mentre in Italia sono solo 1100 $.
Ogni volta che si fanno acquisti si riceve una borsina di plastica traslucida, bianca, gialla, arancione o di colori simili. Qui invece hanno borsine nere opache, è la prima volta che le vedo in vita mia e non sembra affatto un caso. Emrah mi conferma che qui lo si fa perché il consumo di alcolici non è accettato da tutti e spesso i vicini di casa hanno la lingua lunga. Qualcuno nel condominio ha addirittura sentenziato che lui dovrebbe sposarsi, invece che vivere ancora con suo fratello.
Ritornati nell’appartamento, viene preparata praticamente una seconda cena per accompagnare raki e şalgam, che di solito si bevono insieme. La serata trascorre tra una lunga diatriba sull’etimologia della parola Dio, i motivi del mio viaggio e anche l’origine extraterrestre delle piramidi. L’ultimo argomento è particolarmente sentito da Sinan, che ne è fermamente convinto. È una storia che ho già sentito, la sostengono anche un mio vicino di casa e l’eminente Roberto Giacobbo, conduttore di Voyager e “Signore degli omini verdi”. Non è un ragionamento che mi scandalizza, anche se Sinan si appella alle dimensioni dei blocchi di calcare. Jules Verne avrebbe risolto il dilemma con tanti tanti operai, delle corde grandi grandi e tanti calcoli. Il libro “Dalla Terra alla Luna” è una storia avvincente anche senza la partecipazione degli alieni.
3:10
Nessuno sembra turbato dal fatto che domani è un giorno lavorativo e le chiacchiere durano quanto la bottiglia di raki, che viene centellinata perché vale come l’oro. A un certo momento però ritorna la consapevolezza del tempo e ciascuno va a dormire.