Sto già iniziando a detestare i confini

Lezione di ieri: I giorni trascorsi in compagnia sono le stelle nel firmamento dei viaggi in solitario.

 

Domenica 31/10/21 9:30

Oggi Špela va a trovare sua nonna per pranzo, e verosimilmente siamo in ritardo già dal momento del risveglio. Ma non bisogna essere così negativi, facendo bene i conti siamo quasi in anticipo sul ritardo previsto dalla nonna, quindi possiamo fare le cose con calma.

Lo zaino è pronto, io sono pronto, mi manca solo un pezzo di quel bellissimo scatolone della nuova stufa elettrica di Špela. A quanto pare il cartone è da buttare, quindi apro il coltellino svizzero e mi servo. Oggi per pranzo mi aspetta una porzione bella abbondante di cartone ondulato.

Fortunatamente la nonna abita tra Koper e Ljubljana, quindi Špela mi accompagna fino a Kozina, da dove si dirama la strada per la Croazia. Mentre siamo in chiacchiere manchiamo l’uscita dell’autostrada e facciamo inversione a Divača, dove rivedo per un attimo la rotonda in cui ho incontrato Petra e Andraž circa un secolo fa.

Usciamo di nuovo dall’autostrada, stavolta a Kozina, e scendo davanti a una fermata dell’autobus.

Prendi lo zaino, ciao buon viaggio, stai attento, mandami il nome del blog. Ciao Špela, grazie di tutto, mi aspettavo di passare dei giorni belli, ma sono stati magnifici.

Lei rimonta in macchina, parte, saluta di nuovo, e sparisce in fondo alla via, puff!

“Ogni favola è un gioco/ che si fa con il tempo/ ed è vera soltanto a metà./ Non la puoi ritrovare in nessuna città/ è una favola e non è realtaaà”

Solo. Di nuovo solo.

No, aspetta, che cos’è questo vago sgradevole senso di vertigine? Ah, è vero, tutto questo era il preambolo al giro del mondo, ero qui anche una settimana fa.

Carramba! Ma ti pare questo lo spirito giusto? Per tutti i fulmini, riaccendi il cervello che siamo tornati sulla giostra!

Mi riprendo in un baleno e inizio i preparativi per. andare in vacanza in Croazia. Apro la mappa sul cellulare, cerco l’ultima città slovena prima del confine, ma ci sono solo dei paesini microscopici, quindi ripiego sulla soluzione ibrida Podgrad – Rijeka. Rijeka (Fiume) è lontana, ma è una grande città e, a differenza di Podgrad, chiunque vada da quella parte è consapevole che ci sta andando.

 

 

13:22

Ci vogliono solo 20 minuti per trovare un passaggio, alla faccia dei trasporti pubblici. Nel breve scatto verso la grossa monovolume che mi aspetta, il telefono-mattone mi vola via dalla tasca della giacca e cade a terra grattando l’asfalto. Il telefono sta bene, ma mi dispiace per i kozinesi a cui ho rovinato la strada.

Salgo a bordo con tre ragazzi brasiliani di 22, 23 e 26 anni, che abitano in Belgio e sono in viaggio verso Rijeka. Sono passati anche per l’Italia infatti Erick, che è il più giovane, ha in testa un cappello da marinaio con la scritta “Venezia” sopra il cordone dorato. Davanti a me c’è Weder, che si occupa di documentare la loro vacanza su Instagram (Si chiama wederbotelho). Accidenti a me che non mi ricordo più il nome del nostro autista.

Io sono seduto dietro e parlo con Erick in spagnolo, passando ogni tanto all’inglese per le spiegazioni più difficili. Mi racconta che ha viaggiato in Sudamerica per cinque anni, in Brasile e in Bolivia, facendo spesso l’autostop. Ora i tre amigos sono diretti all’isola di Krk, situata di fronte a Rijeka, e a quanto pare il loro mezzo di trasporto funge anche da posto letto. È difficile da immaginare, visto che il grande baule di questa macchina è colmo di oggetti buttati a casaccio fino al livello dello schienale dei sedili. In tre quarti d’ora arriviamo alla frontiera con la Croazia, che per semplicità di pronuncia è indicata come Hrvatska.

Allunghiamo all’ufficiale i documenti e i certificati verdi in ogni forma possibile. Carte d’identità, passaporti, green pass di carta, codici QR digitali e fotografie di QR. Va tutto bene, possiamo passare? Ma certo che no!

D’accordo, ogni certificato ha associato un codice univoco che ne prova l’autenticità, ma se nella foto il QR è piccolo e non lo si può scansionare con un lettore, allora il tuo certificato vale quanto uno scontrino del supermercato.

Lo cerchiamo a lungo nel cruscotto, in uno zainetto pieno di vestiti spiegazzati, dietro la bottiglia di vino infilata nella tasca del sedile dell’autista, ma l’originale non c’è. Hanno un test rapido, ma non va bene. Dobbiamo fare inversione, entrare nella coda opposta e tornate in Slovenia. Mi propongono di scendere, ma non mi sembra una cosa furba effettuare la manovra sotto gi occhi della polizia, quindi scendo appena giriamo l’angolo.

Ringrazio, saluto e mi rimetto in coda. Ci sono io a piedi con il bastone in mano e il cartone sotto il braccio in mezzo a una ventina di macchine in fila. Dalla cima del mio metro e settantaquattro guardo tutti dall’alto in basso.

Arrivo alla guardiola e parlo con l’altro poliziotto. Gli do la carta d’identità e mi chiede: “Come hai intenzione di andare a Rijeka?” “Ehm, a piedi…coff coff …magari in un paio di giorni… coff coff.”

“Hai qualcosa di illegale nello zaino?”

Questa so che è una domanda a trabocchetto, perché magari da ieri è vietato trasportare cappelli blu e muesli all’uva passa e io non ne sono stato informato. In Costa Rica ad esempio è vietato importare cibo. Solo la tenera nonnina di Gabriel era riuscita a contrabbandare formaggi francesi da portare alla sua cara nipotina Laura come genere di conforto. Gli avrà fatto gli occhi dolci come il gatto con gli stivali nel cartone di Shrek.

“Ho un sacchetto di cibo. Va bene?” “Fammi vedere lo zaino, mettiamoci lì”

Ci spostiamo un po’ più in là sull’asfalto e apro lo zaino di lato: si vedono solo una borraccia e un pacchetto di muesli. Mi viene in mente che la bsissa potrebbe essere equivocabile, nonostante sia color nocciola, ma è ben incastrata al centro.

“Nel marsupio cosa c’è?” Torcia frontale, coltellino svizzero, acciarino, bussola…

Apre la bussola e scopre che è proprio una bussola.

… cordino, burrocacao, fazzolettini, accendino. “Fumi?” “No, mi è utile per… per…” Non mi sembra il caso di dire che lo uso per accende fuochi nei boschi, sarebbe un tantino equivocabile, ma lui non è neanche interessato alla risposta.

“Nelle taschine della fascia lombare cosa c’è?” Spazzolino da denti e un altro accendino, niente erba.

Sono libero di avviarmi a piedi verso Rijeka.

 

 

15:40

Cambiavalute, cambiavalute, funghi-miele-vino, cambiavalute, cambiavalute, formaggio-tartufi-grappa, cambiavalute, cambiavalute. Così inizia la Repubblica Hrvatska, la prima nazione minata di questo viaggio. Secondo un sito ufficiale restano 4km² di boschi minati in Croazia, che sarà bonificata interamente entro il 2026.

Cammino un po’ fino a Pasjak, che è composto da dieci case raggruppate su una doppia curva, un posto perfetto per continuare a camminare perché qui le macchine non rallentano affatto. Arrivo a Šapjane verso le 16:30 sotto una coltre di nuvole, in cerca di un posto dove accamparmi. Lanciarsi nei boschi a casaccio non è più un’opzione, perché non è dato sapere dove siano quei 4km² di campo minato.

Vedo una bella casa con un ampio giardino, potrei chiedere in prestito un pezzetto di prato. Nel cortile una delle macchine ha il baule spalancato, tra poco uscirà qualcuno a chiuderlo e potrei chiedere ospitalità. Non esce nessuno.

Inizio a vagare avanti e indietro, pensavo di avere ancora parecchio tempo, ma con queste nuvole ormai è buio e sono solo le 17:10.

(Ho risolto il mistero oggi del tramonto improvviso oggi, 05/11/21. Era solo cambiata l’ora.)

Ci sono un vecchio edificio abbandonato, l’albergo Tartuf e un piccolo monolocale in muratura, con una statua della madonna e un basso recinto in ferro tutto attorno. La cappellina è chiusa a chiave, ma il retro è pulito, senza rifiuti, e abbastanza riparato dal vento e dalla vista, pur essendo a meno di dieci metri dalla strada. Stendo il telo azzurro permeabile e ci appoggio sopra lo zaino, ma mi sento un po’ in vista rispetto alle macchine che arrivano dal confine, perché la cappella è messa in obliquo rispetto alla strada. Per migliorare la privacy, taglio qualche ramo con il Victorinox e creò un cespuglio artificiale nell’angolo del recinto.

Basta poco per diventare invisibile alle macchine e ai camion che passano sfrecciando durante la notte.

Mano a mano che scrivo il cielo si scopre e mi addormento con un bel cielo stellato.

 

4 commenti su “Sto già iniziando a detestare i confini”

  1. Luca Franceschi

    Dovrebbe chiamarsi Elias l’autista. Il controllo alla dogana mi ha ricordato un controllo prima di premdere il traghetto per la Sardegna con delle innocue bottiglie di plastica ahahahah.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *