Lezione di ieri: I sentieri veri aggirano le frane, invece di risalirle alla bruta.
Giovedì 21/07/2022 (Solukhumbu, Nepal)
Come al solito mi sveglio all’alba, pur avendo telefonato per fino a notte inoltrata. Sui tavoli c’è ancora tutto, anche se non ho avuto modo di mettere in ordine niente prima di crollare addormentato. Intorno alla tettoia ieri c’era un lago, le cui acque sono arrivate a lambire la piattaforma di cemento su cui mi trovo. Adesso è rimasto solo il fango e se non sto attento, pattino. È il momento di sbarazzarmi delle spezie comprate a Ramnagar perché non sono capace di usarle e mi risultano indigeste.
Finisco il riso e via, in su, con tre etti di carico in meno sulle spalle.
L’acclimatamento continua a mostrare il proprio valore, nonostante le gambe siano un po’ usurate ormai. Il sentiero è lastricato e non c’è il rischio di raccogliere altre sanguisughe oggi. Ripensandoci, è probabile che anche quelle che ho preso all’andata siano salite a bordo nello stesso posto. In totale fanno cinque sanguisughe, tutte dallo stesso tratto di sentiero.
Il cielo è plumbeo, così faccio poche soste e mentre arrivo in cima finisco il riso tostato. Già, la cima. Quando finisce questa salita? Me la ricordavo più corta e il portale ancora non si vede.
Basta tenere duro e alla fine arriva, arriva il tempio, la stupa, ma soprattutto Taksindu La, il settimo dei sette passi del mio trekking speciale, che da qui in poi è tutto in discesa! È ora di finire il formaggio e festeggiare, mentre riposo. Il cielo diventa sempre più scuro e inizia a piovere un chilometro prima di Ringmu. Corro per mettermi in salvo dal mio acerrimo nemico, fino a sedermi sulla soglia della prima casa che trovo, vuota ma con la porta spalancata. Noi viandanti possiamo sederci ovunque, godiamo di una certa immunità.
Mentre fuori piove a dirotto, dal piano di sopra scende una signora di una certa età, con sguardo incuriosito. Io sono ancora seduto sul pavimento di legno, polveroso, così mi fa accomodare nel salotto, sui cuscini della panca perimetrale. Le case qui sono tutte così, con i tavoli disposti a ferro di cavallo e le sedie solo sul lato interno. Forse la tradizione di costruire questa panca incorporata nelle pareti è un modo per migliorare la coibentazione delle case. È una sorta di cappotto fatto con le sedie, che allo stesso tempo funge anche da armadio. Lei mi mostra fieramente l’altare buddista all’estremità della stanza, dove sono state appena aggiunte delle mele, disposte in fila come decorazione. Mi chiede se ho dei cioccolatini. “No, non ho cioccolato, ho solo queste lenticchie e un pacchetto di biscotti” Mi è rimasto solo mezzo pacchetto di lenticchie gialle comprate in Kerala a Kumily. Inaspettatamente, è interessata anche ai legumi, si mette in posa in modo che le possa fare una foto. È buffa perché ha l’espressione di una bambina. Una volta scattate le foto, decide di regalarsi biscotti e lenticchie. La mia idea non era proprio questa, ma forse è il momento giusto per chiedere se ha delle uova.
Ovviamente ci sono sei uova in casa, così andiamo a cuocerle nella casa di fronte, dove suo marito sta collaborando ai lavori di costruzione della cucina nuova, in legno e cemento. Mentre aspetto e ricarico le batterie, mi offrono una tazza di tè. Ci vogliono anni per cuocere il cibo quassù, ma finalmente mi consegnano un piatto con le uova. Le uova! Umide, fragranti, piccole uova! Gollum! Gollum! (Chi non ha capito ripassi il Signore degli Anelli)
Ritorno subito in me, prima che il potere dell’anello prenda il sopravvento, festeggiando il ritorno delle uova tanto bramate. Per settimane mi sono ripromesso di fare una strage di uova una volta tornato nella civiltà, ora è giunto il momento. Qui in Nepal le uova hanno il guscio bruno come le uova normali, non sono bianche dentro e fuori come in India. Dopo un mese e mezzo è ora di riprendere il torneo di scosètta del gruppo Ciuciado, così raduno Bonni, Rega, Mazz, la Gre, Franco e Forack, per aprire le danze. Sono tutte ottime uova, ma Forack approfitta di una distrazione dei rivali per avere la meglio. Vince la manche e si prepara alla finale.
Le uova, finalmente! Proteine! Resto ancora per un po’, per ricaricare le batterie, poi riprendo a scendere appena la pioggia cala di intensità. Altolà! Le uova non erano gratis, queste arrivano da valle e costano 60 rupie, ciascuna.
Vado, a passo spedito, fino a ritrovare la strada carraia. Non ho solo voglia di uova, me ne accorgo osservando la ghiaia della strada. Quelle pietre rosse venate di bianco non sembrano pezzi di carne, coppa e pancetta? Ne raccolgo un paio come souvenir, tanto la ghiaia stradale non ha alcun valore estetico o naturalistico. Nessuno ne rimpiangerà mai la mancanza. La pioggia ha ingrossato i ruscelli che attraversano la strada, ma questa volta nessun autobus mi ha rubato il bastone ed è tutto più facile. Quando ritrovo l’asfalto, ingrano la quinta verso Salleri, ma inizia a piovere forte e bisogna che mi ripari in un capanno della legna.
Un’ora dopo la pioggia si attenua, forse ce la faccio. Cambio idea dopo trecento metri, giro sui tacchi e torno al coperto. Per oggi mi fermo qui e il trekking si chiuderà in tre settimane invece che venti giorni.
Per mia fortuna lo spazio sotto la tettoia è occupato per metà dalla legna e per metà dalla paglia. Mi sdraio comodamente sulle fascine, ad aspettare che arrivino il bue e l’asinello. Di tutti i giacigli che potevo immaginare, questo è di gran lunga il più comodo. Probabilmente dalla casa mi hanno notato, ma nessuno mi sta invitando dentro, pazienza.
Non dovendo socializzare, almeno posso scrivere.