Lezione di ieri: il sesto senso di un marinaio ti può concedere due minuti di vantaggio per ridurre la vela ed evitare i guai appena in tempo.
Giovedì 02/11/2023 Oceano Pacifico (Isole Cook)
Essendo scampati per un soffio al colpo di vento di stamattina, nel pomeriggio navighiamo con rinnovata prudenza e perciò con poca vela. Il vento cala e il cielo va schiarendosi, anche le onde vanno migliorando. È illusorio e Charlotte lo vede bene, tutto questo sole sta aumentando l’evaporazione e carica il cielo di energia. Nella calma apparente di queste ore ci prepariamo a un’altra nottata bella tosta. Per qualche ora Lord Asparagus riesce addirittura a vedere il cielo sereno, prima che cali il sole e il cielo si ricopra nuovamente di nuvole.
Il capitano ha malissimo alle costole e questo si riflette sulla situazione generale, che è disastrosa. Sono tre giorni che Charlotte ripete che le previsioni meteo… azz! L’ho detto di nuovo! Continua a ripetere che quella cosa là, che non possiamo nominare, è pessima fino alla fine della settimana. “Di questo passo non abbiamo altra scelta che tornare alle Fiji o in Nuova Caledonia!” Sono giorni e giorni che sento sempre la stessa litania e in effetti la situazione meteorologica non è affatto buona, abbiamo una lunga lista di avarie. Inoltre siamo ancora lontanissimi da Raiatea e sono tre giorni che fuggiamo, abbiamo perduto e riguadagnato qualche miglio verso Est, ma ci siamo allontanati di cento miglia verso Nord. Come quando ne abbiamo parlato alle Fiji, a Charlotte non importa niente di raggiungere i Caraibi navigando verso Est o verso Ovest. Anzi, sarebbe molto curiosa di passare dall’Indonesia, per non parlare del Mediterraneo. Ogni volta che dobbiamo ridurre la vela, ogni volta che siamo costretti a lasciarci portare dal vento per superare una raffica, proviamo per pochi minuti la dolcezza della navigazione verso Ovest. Sappiamo bene che andare dall’altra parte sarebbe una passeggiata, in leggera discesa. Sarebbe tre volte più lunga, ma andremmo più veloci per mare e avremmo meno avarie da riparare durante le soste in porto. Lo sappiamo benissimo, infatti la maggior parte dei navigatori considerano perfettamente razionale e conveniente raggiungere l’altra sponda del Pacifico attraversando piuttosto gli altri due oceani. Sono perfettamente a conoscenza di tutto questo e perciò sono preoccupato. Per tornare indietro non dobbiamo neanche aspettare il casello dell’autostrada, non c’è niente da pianificare. Può darsi che domattina mi svegli con il sole a poppa.
Durante il mio turno cala il sole e si radunano le nuvole. Ho perso anche stasera il momento giusto per fare il punto nave, come al solito. Negli spiragli tra i cumuli di vapore restano solo poche stelle, utili per mantenere la rotta senza controllare continuamente la bussola elettronica. Charlotte ha appena preparato la cena a base di quinoa, legumi e verdure in scatola, così sale in pozzetto con la solita tazza di tè e la sigaretta. Non posso insistere troppo perché non timoni, per ora sta facendo un terzo dei turni. L’oceano è ancora tranquillo, così le lascio la ruota e scendo a mettere qualcosa sotto i denti, prima che si raffreddi del tutto. In tre ore abbiamo percorso soltanto dodici miglia, perché abbiamo poca vela e poco vento. È il caso di riposare.
Drrrr, drrrr-rrrrrrrr… Salto dalla cuccetta umida e salgo in pozzetto ad aiutare a riavvolgere il genoa. Lord Asparagus è intervenuto subito e non ha neanche avuto il tempo di chiamarmi. Si è già impossessato della maniglia del winch, mentre Charlotte timona e contemporaneamente tira forte la scotta del genoa per aiutare Ernests. Mi intrometto e tiro io la scotta, che almeno non ho la gabbia toracica disintegrata.
Come si sarà intuito, siamo incappati in un altro groppo, con le solite raffiche a 35 nodi. Ancora una volta dobbiamo deviare verso Nordovest, perdendo i nostri magri guadagni. Lord Asparagus è passato al timone, sotto la pioggia. Charlotte sta compilando il giornale di bordo, mentre consulta di nuovo il notiziario online, cioè il vento previsto per i prossimi giorni. È sempre il solito vento da Sud-sudest, cioè opposto alla nostra rotta ideale. È così che soffiano gli alisei australi, da Sudest a Nordovest. Non sono previste raffiche a 35 nodi, ma forse non sono neanche prevedibili. Comunque sia, l’enorme differenza tra il notiziario e le condizioni del vento là fuori fanno imbestialire il capitano, che non fa che sbattere oggetti sul tavolo e sfoga il malumore con parole che vi risparmio. Mi riaddormento, cullato ancora una volta dallo scroscio dell’acqua sullo scafo.
A mezzanotte sostituisco Lord Asparagus, bagnato fradicio, che non vede l’ora di buttare le ossa sul letto. La brezza notturna soffia con costanza a diciotto nodi, è perfetta per navigare in tranquillità. Ho molto su cui riflettere perché la minaccia di invertire la rotta mi tormenta tutto il tempo. Se dovessi venire meno agli accordi verrei cacciato via a pedate come Mag e Raph, ma Charlotte deve rispondere solo a se stessa. Se tornassimo alle Fiji lei aggiusterebbe la barca e noi due proseguiremmo il viaggio in aereo. Deve essere questo il piano B che ha in testa in questi giorni. Mi rode il fegato al pensiero quando penso alla possibilità di un voltafaccia così clamoroso. Non ho molto altro a cui pensare, così mi rodo durante ogni turno. Mi immagino già qualcosa da dire per salvare la situazione in extremis, facendo leva sull’orgoglio del capitano e sulla vigliaccheria di darsi per vinti per spossatezza. Non funzionerebbe mai, Charlotte quando ha un dritto non ascolta più nessuno.
Il vento cala e Valiant rallenta ancora di più, scivolando silenziosamente sotto la cappa di nuvole nere. Il bagliore della luna, ancora bassa sull’orizzonte, trapassa le nuvole e crea dei leggeri riflessi sulla superficie dell’oceano, disturbata dall’incrocio delle onde. Ci sono! Non pensavo che saremmo arrivati a questo punto, ma ci siamo arrivati. Quando alle Fiji parlavamo della rotta da prendere, Est o Ovest, avevo posto una condizione, la mia unica condizione. “Possiamo raggiungere l’America ovunque, mi basta soltanto andare verso Est. Se voi andate a Ovest, io lascio.” Così ho detto, se andate a Ovest, io lascio. Non mi ero reso conto della gravità di quelle parole, immaginavo che volessero dire “io lascio e ci salutiamo qui in porto”. Nella situazione attuale invece siamo solo tre, e non credo proprio che Ernests e il capitano potrebbero farcela da soli, perché Mario è danneggiato, e anche Charlotte. Sarebbe proprio divertente guardarli arrabattarsi da qui fino alle Samoa, o meglio, fino alle Fiji. Per fare un ammutinamento serve almeno un terzo dell’equipaggio, ma io sono la metà dell’equipaggio, basta e avanza. Charlotte se lo aspetterebbe? Niente affatto, il suo disappunto sarebbe inimmaginabile, ci crede due leali marinai. Ogni volta che si parla di cercare nuovi membri dell’equipaggio, si parla della nostra prima videochiamata in Nuova Zelanda. In quella mezz’ora che abbiamo passato al telefono credeva di aver capito chi sono, invece ha avuto molte sorprese, nel bene e nel male. Potrebbe restare un’ultima sorpresa, il mio ultimo asso nella manica. Nonostante abbia dato numerosi segnali, forse non si è accorta di avere dei pirati tra l’equipaggio.
Chi ha letto L’isola del tesoro, forse ricorderà che anche il dottor Livesey commise lo stesso tragico errore. Fino all’arrivo all’isola neanche sospettava di avere assoldato a bordo la vecchia ciurma del capitano Flint. L’ammutinamento era garantito, infatti accadde proprio all’arrivo a destinazione.
“Arraffa quel che puoi; dai niente in cambio”, così ragionano i pirati del cinema e dei libri. Nella saga di Pirati dei Caraibi è stato inventato addirittura un codice pirata, e questa è la regola più famosa. Se per me si mette male, ora sono pronto ad applicare il codice alla lettera. Più andiamo avanti in questa traversata, più ho l’impressione che la pirateria stia prendendo il sopravvento.
Grazie a questa nuova intuizione, sono sicuro di poter creare una situazione di stallo, senza altra via di uscita che proseguire a Est. Se mai non funzionasse, a bordo abbiamo parecchio mais per preparare i popcorn. Ci vorrà qualcosa da sgranocchiare, mentre mi godo lo spettacolo del ritorno di loro due alle Samoa.
Potrei parlarne a mastro Ernests, gli espongo il piano e ci ammutiniamo in due. No, non servirebbe a niente, se mai succederà lui deciderà da che parte stare. Io sto dalla mia. Probabilmente Lord Asparagus sarebbe ben felice di tornare alle Samoa, dopotutto intende tornare in Nuova Zelanda per continuare a lavorare. Non posso contare su di lui e non posso affidarmi al suo completo silenzio, devo essere sicuro di ripartire da Tahiti.
È sufficiente così, ora ho una solida soluzione ed è anche una soluzione assai piratesca. È proprio vero che il timone porta consiglio.
Verso le 3:30 inizia a far chiaro, anche se piove. Le onde stanno aumentando, sono già alte più di due metri. Dal pozzetto vedo Lord Asparagus che guarda sconsolato la mappa digitale, controllando come al solito la distanza da Raiatea. Sembra sempre lontanissima, infatti ogni volta lo prendo in giro chiedendogli “Siamo arrivati?”, come nel film di Shrek. Allora lui divarica il pollice e l’indice per misurare sullo schermo la distanza rimanente, poi si gira e mi risponde: “Manca tanto così!”
Alle nove la situazione sembra tranquilla, il vento ha girato e stiamo navigando verso Nordest. Di questo passo recupereremo miglia e miglia in direzione Est, sembra ottimo. Non è così per Charlotte, che decide di issare un pezzetto di randa e ordina una virata. Anche stringendo il vento, dirigiamo inesorabilmente verso Sud, cioè dritto verso Suwarrow. Il fatto è che il capitano non vuole allontanarsi troppo dalla latitudine di Raiatea, anche se su questo bordo non guadagnamo assolutamente niente verso Est, anzi dice che questo è il bordo migliore. Forse è perché andiamo più veloci, forse è perché le onde sono meno fastidiose, ma io non ho ancora capito che vantaggio ci sia nell’andare dritto a Sud. Non riesco ad avere spiegazioni perché l’umore non è adeguato, così vado alla deriva in un oceano di supposizioni.