Il gran giorno

Lezione di ieri: ignorare la musica molesta è più efficace che brontolare con il molestatore.
Lunedì 23/10/2023 Oceano Pacifico (Niue)
Il nuovo candidato ha una ralinga più sottile ed è una vela robusta che farà proprio al caso nostro. Finalmente riusciamo a issare la vela come si deve, ora che lo strallo è ben ingrassato la manovra è semplice e veloce. Anche in due, cazzare la drizza di venti metri è un gioco da ragazzi. La nuova vela ha un taglio particolare, con la base obliqua e il punto di scotta molto alto. È un tipo di vela che si chiama yankee, perché non ha una traduzione in italiano. Il nuovo yankee in realtà è vecchio, ha cinquant’anni come Valiant. Appena issato, lo avvolgiamo sullo strallo in attesa che torni il vento. La luna ormai è alta nel cielo, sono passate più di quattro ore. Non appena riordinate le vele sottocoperta, Charlotte si accorge che forse stiamo ascoltando lo stesso identico CD da stamattina alle otto, rigorosamente a tutto volume. Lo spegne, grazie al cielo.
Lord Asparagus dà il cambio a Mario, che ha timonato fino ad ora, in attesa che il pranzo sia pronto. Dal tambuccio sale un tremendo profumo di soffritto fatto con verdure miste e i noodles speciali del capitano. Ad onor del vero, dovrei passare ore ed ore a descrivere il menù di bordo. Cucinare rilassa il capitano e sostiene il morale dell’equipaggio, infatti noi ci guardiamo bene dall’usare i fornelli. Avere a bordo una cuoca professionista fa la differenza, abbiamo a bordo i migliori manicaretti dei sette mari. È facile lamentarsi eccessivamente di Charlotte perché si sta autodistruggendo, ma non si può lodare abbastanza tutto il suo impegno nel gestire la cambusa di bordo e mantenere il frigo in condizioni accettabili. Ogni quattro o cinque giorni il frigo va svuotato, asciugato e lavato con un detergente. Il fondo è in bolla e il foro di drenaggio è leggermente più alto della base del frigo. Per questo c’è sempre un ristagno maleodorante di acqua condensata, pezzetti di verdure marce e altri liquidi non identificati. Ogni volta che sollevo lo sportello mi chiedo come Charlotte possa sopravvivere a bordo. Valiant è una barca pulita, per quanto possa essere pulito un natante. Il capitano ripete spesso di aver quasi del tutto superato la propria germofobia, insieme ad altri disturbi ossessivo compulsivi con cui ha dovuto convivere per molti anni. Ormai restano solo alcuni segni delle catene in cui era imprigionata e la germofobia mi lascia proprio senza parole. Ieri sera ha trovato delle patate mezze marce, ma troppo preziose per gettarle fuori bordo tout court. Non a duecento miglia dalla terraferma più vicina, nossignore. Per chi non ha mai avuto il piacere, le patate marce hanno una consistenza liquida e collosa e puzzano di pesce avariato.
Mentre il capitano è ai fornelli, Lord Asparagus e io siamo sdraiati sul ponte a guardare i cumuli di vapore che solcano il cielo tropicale. Sto già canticchiando “L’uomo che guardava le nuvole”, quando vengo interrotto da pensieri ben più seri. “Secondo te tra quanto arriveremo?”
“È un’ottima domanda mastro Ernests, non ne ho la minima idea.” “Potremmo scommettere sulla data di arrivo, chi si avvicina di più vince… Dobbiamo pensare a un premio.” Mi sembra un’idea geniale, al premio ci penseremo.
Ernests fa i conti delle miglia percorse finora, io invece penso ad un bel numero, 25. “Secondo me arriveremo il 9 novembre, 25 giorni di navigazione totali.” Lord Asparagus è molto scettico, punta sul 15 novembre ma spera con tutto il cuore di sbagliarsi. Il premio giusto sarebbe il rum, ma mastro Ernests non apprezza. Un cesto pieno di frutta sarà un premio più adatto, il mio compare è entusiasta.
Naturalmente la scommessa resta tra noi, non mi sembra proprio il caso di coinvolgere il capitano. Anzi, la torta di compleanno è pronta, andiamo di sotto a festeggiare. Abbiamo anche le candeline, quelle candeline che comprai a luglio dell’anno scorso a Kanchanaburi in Thailandia, per il mio compleanno. Charlotte ne vuole solo una, forse le conserverò fino al prossimo compleanno.
“Palla, se non sei troppo stanco puoi andare in cima all’albero, sei ti va.” Faccio un respiro profondo cercando una risposta calma e per niente stizzita. Ovvio che mi va, anche se stessi morendo di stanchezza, è da metà luglio che aspetto questo momento, per non dire da anni. Sono ancora sospettoso, ma sembra proprio seria. Lord Asparagus aggiunge: “È come scalare un grosso cocco, è il momento di mettere in pratica la tecnica.”
Mi imbrago e si parte, salendo i pioli fino alle prime crocette. Cerco di continuare l’arrampicata, ma l’albero è totalmente privo di appigli, molto peggio di un cocco. Mastro Ernests è costretto a sollevarmi di peso, finché raggiungo le sartie alte e posso contribuire sollevandomi con le braccia. Diciotto metri di salita sono molto lunghi, garantito, ma finalmente raggiungo il segnavento, sono in testa d’albero. Trovato un appiglio solido, spazio con lo sguardo oltre l’albero. Così lontano dall’acqua e da Valiant, sembra di levitare a mezz’aria. L’unica piccola differenza è che il mio levitatore magico ondeggia violentemente, sembra di essere aggrappati a un metronomo di venti metri. Dopo tanti mesi di attesa, non ho nessuna intenzione di scendere dalla giostra tanto presto.
Da qua in cima lo sguardo spazia così lontano che mi sembra di vedere tutto il Pacifico. Se non vedo Tahiti, è tutta colpa di quella nuvoletta là. Valiant vista dall’alto è completamente diversa, e le onde di prua sparano schiuma tutto intorno, creando disegni simmetrici di schiuma bianca. La parte migliore però è la sterminata distesa d’acqua che ci circonda, di un’ampiezza incalcolabile. Respiro a pieni polmoni e grido un “Grazie!” giù dall’albero, sperando di convincere il capitano a farmi tornare quassù, un giorno. Ci sono voluti solo novantanove giorni di attesa, ma ce l’ho fatta.
Durante la discesa cerco di stare aggrappato più solidamente possibile, immaginando di essere salito sull’albero con mare mosso. “Aaah!” A metà tra le seconde e le prime crocette, volo via e volteggio facendo mezzo giro intorno all’albero, avanti e indietro. Ne deduco che arrampicarsi quassù con un minimo di vento e di mare debba essere una vera e propria avventura.
Tornato sul ponte ringrazio tutti per l’aiuto, raccontando la mia esperienza fenomenale. Lord Asparagus non è affatto convinto, anche se ho completamente glissato sulla scomodità di stare aggrappati lassù. Questa sera non ci sono manovre a disturbare il punto nave e le condizioni sono ottimali. Come al solito, mi limito a scrivere i dati sul taccuino perché non ho tempo di disegnare tutti i pezzetti di mappa necessari a elaborare il punto nave. Tre ore di riposo tra un turno e l’altro non sono abbastanza. Vado a letto, cullato dal fragore del motore.
Il vento inizia a soffiare durante il turno di mastro Ernests, sette nodi di vento da Sud, il nostro sogno. Alle sette e mezza spegniamo il motore, che doveva stare acceso un’ora ma ha lavorato per 26. È così che funzionano le ore di motore su Valiant. Nonostante questo, il mio ultimo turno al timone mi ha portato la pace interiore. Ragionando sulla fonte del mio disagio, il motore, ho trovato il suo punto debole. A bordo abbiamo solo 280 litri di carburante e più usiamo il motore, più ci avviciniamo alla fine del carburante. Ora sono libero. Invece non devo più avanzare osservazioni non richieste riguardo alla possibilità di spegnere il motore, non ce n’è motivo. Inoltre, più il motore fa rumore, più consuma carburante, meno ore abbiamo di autonomia. Questo non comporta alcun rischio, infatti teniamo sempre da parte abbastanza gasolio per levarci dai pasticci. Tuttavia, a forza di esprimere le mie proposte per accendere meno il motore, il capitano si è convinto che io sia preoccupato si rimanere senza carburante. Ogni volta che accende il motore, Charlotte mi rassicura che abbiamo ancora scorte sufficienti.
In poche ore il vento si intensifica e noi prolunghiamo la nostra rotta diretta a Est-sudest. Stiamo ancora cercando di guadagnare latitudine verso Sud, in modo da risalire in diagonale verso Raiatea e sfruttare gli alisei per navigare in tranquillità nella seconda parte del viaggio. Durante il mio turno di notte, non riesco a stare sveglio. Abbiamo poca vela per evitare sorprese e Ernests mi ha svegliato da un sonno profondissimo. Provo diverse posizioni, ma l’unico modo per non rischiare di cadere è stare in piedi. È ancora l’una e venti, sono a meno di metà turno. Anche stando in piedi, ho le gambe che fanno giacomo giacomo. Ogni pochi minuti le ginocchia cedono, ma la testa in caduta libera si sveglia in tempo e le gambe si raddrizzano.
Tump! Che botta, sanguino? No, molto bene. Le ginocchia hanno lasciato andare del tutto, ho picchiato la mandibola sulla ruota d’acciaio del timone. Ora sì che sono sveglio, sono sveglissimo. Sopra di noi sono comparse le prime nuvole, sono dei cirri che annunciano l’arrivo del vento previsto nei prossimi giorni. Non ho più problemi fino a fine turno, mentre continuo a tastarmi la barba per assicurarmi di non avere tagli sul mento.
All’alba il cielo è di nuovo coperto di nuvole, con temporali in lontananza. Issiamo più vela per approfittare di queste ventiquattr’ore di mare calmo e vento favorevole. Da stanotte dovrebbe iniziare a girare verso Est-sudest e rinfrescare a venti nodi.
Oggi è un giorno speciale, si festeggia il compleanno del capitano. Su Valiant utilizziamo ancora il fuso orario delle Samoa, ma qui nelle acque delle isole Cook è ancora ieri, perché abbiamo superato la linea del cambiamento di data circa una settimana fa. “Buon compleanno capitano!” Oltre a questo, c’è un’altro evento importante da festeggiare: cento giorni di servizio della ciurma a bordo di Valiant. Il numero cento mi ricorda molto i cento anni di servizio che le anime degli annegati devono prestare a bordo dell’Olandese volante, la nave fantasma. Raph e Mag sono scesi troppo presto, invece Ernests ha saldato il debito, è libero di lasciare la nave. Non appena toccheremo di nuovo terra, tra sei settimane.

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