Onde frangenti II: la vendetta

Lezione di ieri: Sarebbe meglio comunicare i problemi di salute subito, non dopo dodici ore.
Sabato 04/11/2023 Oceano Pacifico (Isole Cook)
Nel pomeriggio, spostandoci verso Sud-sudest alla velocità di cinque nodi, le onde iniziano di nuovo ad aumentare. Anche il vento aumenta, fino a venti nodi, mentre le creste dell’oceano nascondono frequentemente l’orizzonte. Per quanto sia malata, Charlotte resta sempre irrequieta e controlla spesso cosa succede in pozzetto, issandosi a sedere con l’aiuto di una maniglia di corda. Si sente il “cling!” dei suoi anelli sulla maniglia d’acciaio del tambuccio e un attimo dopo spuntano i suoi capelli rossi e arruffati. “Tutto bene là fuori?” “Quanto vento c’è?” Ogni altra domanda sarebbe superflua, da là sotto tende l’orecchio e ascolta Valiant. Conosce a menadito tutti i rumori normali e quasi tutti i rumori anormali, mentre i movimenti dello scafo indicano la nostra direzione. Se beccheggiamo molto stiamo timonando verso Sudest, è tutto normale, se aumenta il rollio stiamo poggiando verso Sud, vuol dire che c’è una raffica. Se beccheggiamo poco e la barca si calma improvvisamente significa che andiamo a Ovest seguendo le onde: bisogna ridurre la vela oppure il timoniere sta dormendo. Ascoltando lo scroscio dell’acqua sullo scafo si intuiscono I cambi di velocità e così via. Il valore numerico della velocità del vento serve per sapere esattamente quando ridurre la vela, perché la pressione del vento sulle vele aumenta con in quadrato della sua velocità. Navighiamo sempre con prudenza, ma dobbiamo anche cercare di arrivare.
A tratti il cielo si scopre, poi si riannuvola, mentre la nostra rotta inizia a incurvarsi verso Sud. Sale Lord Asparagus per darmi il cambio al timone. “Come va qua fuori?”
“È eccitante qui, il cielo è blu, l’acqua è bagnata, dovresti provare!” Si siede dall’altro lato del pozzetto perché manca un minuto alle tre e solo il capitano si può permettere di togliermi dal timone prima del tempo. Non importa quanto stia piovendo o quanto sia buono il profumo che sale dalla cambusa.
“Vuoi provare a usare il volante?”, muovo la ruota a destra e sinistra.
“Non lo so, posso provare se sono capace.”
“Buona fortuna allora, occhio ai frangenti!”
Di solito i cambi turno sono più divertenti, ma stiamo andando dritto da un giorno e mezzo e ci mancano gli spunti. Comunque è sempre così con mastro Ernests, teniamo alto il morale a suon di scambi di battute.
Il mare rimane costante, ma il vento gira verso il Sud, costringendoci a poggiare sempre di più. Al tramonto la rotta era ancora buona, ma adesso stiamo curvando leggermente a Ovest. Secondo l’equipaggio sarebbe un momento ottimo per virare di bordo e guadagnare longitudine verso Est, ma non è questa la strategia. La strategia è andare verso Sud il più possibile, per poi risalire verso Nordest. Dieci giorni fa i mari del Sud ci hanno cacciato via a calci, ma la strategia non si può cambiare.
Così il sole sorge di nuovo e noi ancora proseguiamo dritto, curvando sempre di più. Inizialmente ero infastidito da questa pervicacia strategica del capitano, e su una barca i leggeri fastidi possono tormentarti, se non risolti in tempo. Dopo quell’episodio la mattina del 28 ottobre, Lord Asparagus ha ripreso a parlare con Charlotte solo un paio di giorni fa. Io in questi giorni ho avuto modo di riflettere su questa divergenza di opinioni sulla rotta e ormai ho risolto il problema. Mi sono imbarcato per sapere che aspetto ha l’oceano aperto e che effetto fa stare in mare per un lungo periodo. Quindi non ha senso preoccuparmi di arrivare presto, non ho davvero fretta. Se il capitano vuole che poggiamo per accelerare, io poggio per accelerare. Meglio poggiare troppo che troppo poco, tanto cinque gradi non fanno la differenza. Lord Asparagus invece arriverebbe volentieri anche stasera stessa, non è ancora impazzito perché ha una resistenza formidabile, ma non aveva affatto intenzione di stare per mare così a lungo.
All’alba le onde sono aumentate a tre metri e iniziano a frangere, meglio fare attenzione. Siamo più a Ovest di dove eravamo ieri e questa rotta ci riporta dritto a Suwarrow. Il capitano decide di virare, così ora procediamo verso Nordest. Oggi Charlotte sta un po’ meglio, anche se non si è ancora azzardata a mangiare niente. Finalmente, dopo tante onde e tanta pioggia, ha deciso di trasferirsi sul divano della dinette, che è decisamente più asciutto della sua cuccetta. È un grande sollievo per noi, che non rischiamo di farle la doccia ad ogni onda più alta del normale.
Ora che mastro Ernests mi ha sostituito al timone, corro a prendere orologio da polso, taccuino e sestante per fare il punto nave. Stamattina il cielo è sereno, nel chiarore dell’aurora si vedono ancora parecchie stelle.
Non è per niente semplice rilevare l’altezza degli astri con tre metri d’onda, ma è una palestra eccezionale.
Le onde calano per qualche ora, poi aumentano di nuovo. Alle nove sono mediamente quattro metri, con dei bestioni di cinque metri che ci danno la caccia. Arrivano a gruppi di tre, si innalzano ben sopra di noi e spesso frangono. Ormai ci siamo abituati, sappiamo come schivarli e anche come scavalcarli, se è il caso. Aspettavo questo momento, ad ogni onda affino il tempismo giusto per orzare con la prua nella schiuma e stroncare sul nascere quelle creste affilate.
Le nuvole si accumulano davanti a noi, portano scrosci di pioggia e sicuramente vento cattivo.

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