Ma perché non vai a visitare il Nord?

Lezione di ieri: Ci si può sentire intrappolati nel caos dell’India, ma per una strana sindrome di Stoccolma se ne sentirà la mancanza, una volta liberi.
Sabato 28/05/2022 8:30 Lahore (Pakistan)
Anche oggi mi sveglio con un certo vantaggio su Ahmad e posso scrivere alla mattina. Qui a Lahore secondo me c’è lo stesso fuso orario di Tbilisi, ora capisco perché quando chiamavo Ahmad dall’Italia lo trovavo sveglio anche alle tre di notte.
Oggi usciamo con molta calma, insieme a Umair, e andiamo direttamente a pranzare con pollo e riso. Oggi la nostra meta principale è un palazzo del governo, per andare a trovare il cugino di Ahmad nel proprio ufficio. Il cugino di Ahmad si chiama Alì Ahmad. Chi fosse confuso deve sapere che Ahmad di nome si chiama Shaoor, ma all’estero si presenta con il cognome perché la gente capisce meglio. Il complesso di edifici bianchi circondati dal portico è immerso in un giardino lussureggiante, con alcuni militari scalzi sdraiati sul prato. Il pavimento di marmo esterno è appena stato levigato, ma l’interno dell’edificio non riceve attenzioni da una ventina d’anni. La pittura recentemente ha deciso di abbandonare i muri, per protestare contro il bombardamento di tè che ha subito negli anni. Per questo certe parti di muro sono scrostate e sembra che in pausa caffè si giochi ai gavettoni. Nell’ufficio di Alì, soltanto la sedia e la scrivania corrispondono a ciò che mi aspetterei di trovare nell’ufficio di un commissario. Almeno qui dentro è pulito, anche se è meno manutenuto delle scuole italiane. La scrivania è ingombra di una decina di carpette chiusi da una fascia verde e il ventilatore fa svolazzare i fogli. Ci accomodiamo sulle poltrone, mentre Alì ordina tè per tutti e continua a lavorare. Ahmad gli ha portato il pranzo, così dopo una mezz’ora il lavoro si interrompe per fare un po’ di chiacchiere in urdu. Ormai ho lasciato perdere, quando parlano tra loro apro il blocco note del telefono e scrivo, tanto le mie richieste costanti sono inutili. Ormai sono sicuro di essere diventato fastidioso e seccato, quindi se non funziona neanche così è meglio che la smetta e basta. L’esperienza che completa la visita è decisamente il mio giro in bagno. Il corridoio non è illuminato e così anche il bagno. Pensavo che fosse per risparmiare, invece il bagno non ha proprio la luce. Per fortuna è ancora giorno e la penombra è sufficiente a vedere intorno, ma sicuramente in inverno qui è buio. Per fortuna c’è un altro bagno più lontano, ma quando Alì usa questo si fa luce con la torcia del cellulare. Vista la corruzione del governo, mi aspettavo che l’interno di questi edifici fosse molto migliore. Meno male che in passato qualcuno ha costruito il tetto, altrimenti non ci sarebbe neanche quello.
Escludendo il tempo necessario a mangiare il toast, sostanzialmente siamo stati seduti a guardare Alì per un’ora e mezza, e mi sorge spontanea una domanda.
“Qual era lo scopo della nostra visita?”
“Non farti di queste domande in Pakistan.”
“Va bene, ricevuto.”
Ora, tornando a casa, percorriamo le strade principali della città e Ahmad me la descrive tutta, edificio per edificio. L’accademia d’arte, il palazzo delle poste, Il parlamento del Punjab, il muro di cinta della casa del governatore, il cui giardino è immenso.
Torniamo a casa e accogliamo in casa Arslan, che ha circa la nostra età ed è un collega biologo. Nel frattempo telefono a casa per esporre un nuovo piano propostomi da Ahmad per lasciare il Pakistan. Il nostro piano per raggiungere Karachi via terra viene bocciato a prescindere dalle sue garanzie, ma almeno Ahmad riesce a capire la conversazione e adesso ho un testimone che può spiagare la mia situazione in punjabi. Ora la potrà spiegarlo a quelli che “non capiscono perché non voglio andare a visitare il Nord”, cioè specialmente tutti.
Si esce di nuovo, con Arslan, a cenare e a prendere un tè. Il tè in Pakistan è decisamente diverso da quello indiano. È fatto con acqua, latte e tè bolliti insieme, senza zucchero, senza zenzero e senza cardamomo. Al posto di questi c’è un pizzico di cannella. Viene servito in tazza, non nei bicchierini da caffè, quindi ce n’è di più.
Arslan merita un encomio in quanto è il primo ed unico pakistano in grado di parlare inglese senza provare un dolore insopportabile. Ha studiato biotecnologie e si è sposato pochi mesi fa. Mi chiede come mai non vado a visitare il Nord del Pakistan e parliamo a lungo della presenza dei talebani nel paese. Sebbene il governo pakistano abbia a suo tempo organizzato i talebani, negli anni la situazione è sfuggita di mano e per esempio otto anni fa sono stati trucidati 130 bambini in una scuola di Peshawar. Come si può immaginare, il terrorismo non fa piacere al governo, che ha dispiegato pesanti contromisure, tanto che qui tutti mi dicono che non c’è una presenza stabile di terroristi in Pakistan. Esiste sempre la possibilità che attraversino il confine occidentale nonostante il controllo dell’esercito, ma la cattiva reputazione del Pakistan è dovuta prevalentemente ai suoi pessimi rapporti con gli Stati Uniti e con i loro alleati. Ahmad chiede di parlare dei talebani speciamente ai propri amici che hanno studiato insieme a lui per preparare l’esame statale dei giorni scorsi, oppure ai suoi amici giudici o avvocati. Io ero sicuro di aver visto un libro sui talebani nello scaffale in camera di Ahmad, che contiene la letteratura che lui ha studiato per prepararsi. Ci ho riguardato ma non c’è, deve averlo rimosso ieri notte mentre dormivo.
A differenza loro, io non sto cercando di dimostrare niente e annoto qui ciò che sento dire attorno a me in questi giorni. Non andrò di persona a visitare questo paese, questa volta resto con Ahmad, ma sto torturando chiunque incontri tempestandolo di domande. Ogni volta che Ahmad mi presenta a un nuovo amico, aggiunge che ho molte domande per lui e che dovrebbe rispondervi, ma io faccio così tante domande che non mi ricordo più che cosa dovevo chiedere.
Dopo cena si torna al solito bar, dove mi aspetta il buon Saajit con il suo inglese e il suo entusiasmo alla Luca Franceschi, il mio amico noto al secolo come Franco. In realtà solo io lo chiamo ancora così da dieci anni, adesso tutti lo chiamano banalmente Luca. Ha dato prova del proprio inglese spigliato molte volte, specialmente quando dovette tranquillizzare due turisti olandesi su una spiaggia della Sardegna. Quella notte avevamo alimentato il falò gettandoci un albero intero, suscitando qualche perplessità in una coppia in vacanza. “You mustn’t preoccupate, it’s all under control!”, così disse. “To preoccupate” di fatto non è inglese, perciò questa invenzione linguistica estemporanea è rimasta emblematica e ancora oggi ci facciamo grasse risate al menzionarla. Allo stesso modo, Saajit tende a completare le frasi con una parola o due in punjabi. Dopodiché qualcuno si deve incaricare di tradurre perché altrimenti io non capisco.
Mi chiedono di parlare dell’Iran, e lascio tutti di stucco raccontando che ben pochi iraniani sono musulmani. Non se l’aspettava nessuno, non è questa l’immagine pubblicizzata dalla Repubblica Islamica dell’Iran. Mi hanno già chiesto se preferisco l’India o il Pakistan, ma non alimenterei il loro nazionalismo neanche sotto tortura. In ogni caso non ho visitato il Pakistan e non ho strumenti per valutare la differenza. Sicuramente l’India mi manca già tanto, con i suoi clacson sinfonici e i suoi negozi microscopici, il traffico che si sposta pianissimo e la gente che ti ferma ogni dieci metri per chiederti qualepaese-iltuonome-dovevai-seidasolo. No, non è vero, i seccatori premurosi mi mancano poco. Lahore è la ventiduesima città più popolosa al mondo e la globalizzazione l’ha portata ad assomigliare alle città dei paesi occidentali. Come ammettono anche i presenti, non è certo qui che potrò scoprire che cos’è il Pakistan, ma per stavolta è andata così.
2:30
Qui si fanno gli stessi orari della Georgia, anche se siamo ancora più a Est. A un certo punto decidiamo che è ora di andare perché l’orario dell’alba si sta avvicinando un po’ troppo.

5 commenti su “Ma perché non vai a visitare il Nord?”

  1. Ribadisco che questi racconti sono spettacolari. Me lo dovrai raccontare quando passerai da León (non azzardarti a skipparla).

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