Lo sbarco in Normandia degli Ent

Lezione di ieri: per apprendere certe lingue serve un logopedista.
Sabato 06/02/2022 10:40 Ureki (Georgia)
Coff coff. In Georgia alla mattina ci si alza, ci si schiarisce la gola, si fa un po’ di ginnastica alla lingua e a quel punto si può andare in cucina a dire “dila mshvidobisa”, cioè “buon mattino”.
Non è il caso di restare in piedi perché c’è il rischio di stancarsi, meglio sedersi subito per non ricevere inviti a sedersi fino allo stremo.
Prima di colazione, c’è il caffè da bere insieme a qualche stuzzichino. Il caffè lo prepara sempre la Lali, con una spessa schiuma di caffè e zucchero. La colazione è fatta per il 50% di saccarosio e per l’altro 50% di uova fritte, ma mi sa che mi devo abituare al dolce. Oggi pioviggina ancora, ma possiamo andare a visitare il parco dendrologico di Shekvetili, che si trova qui vicino, praticamente in riva al mare.
13:20
All’ingresso del parco non bisogna pagare alcun biglietto, basta percorrere un breve viale alberato per raggiungere il laghetto artificiale al centro del parco. Il lago è recintato perché questo parco non è solo un giardino botanico, ma anche zoologico. All’interno dei primi recinti ci sono parecchie specie di gru e vari pavoni domestici. Deviando sulla destra in mezzo ad un bambuseto, passiamo tra le voliere degli uccelli esotici. Non mi aspettavo certo di passeggiare tra ara macao, lorichetti arcobaleno e cacatua rosa, di certo non in Georgia con l’aria a due gradi. C’è anche un ara giacinto, che è di dimensioni impressionanti, ma se ricordo bene è a rischio di estinzione proprio perché è molto richiesto dai collezionisti di uccelli, oltre che per la deforestazione. È bello sapere che ce n’è uno a Shekvetili mentre in Brasile la specie rischia di estinguersi. Con quella coda smisurata è lungo un braccio e ci guarda incuriosito, appeso a testa in giù sulla rete della voliera. Gli farei qualche foto, ma mi sembra di mancare di rispetto ad un uccello fatto per sorvolare la foresta amazzonica che sta passando i propri giorni in una voliera di quattro metri per otto. Lo stesso vale per i lemuri dalla coda ad anelli, che se ne stanno il più possibile al riparo dentro la casetta in fondo alla gabbia. A volte mi chiedo se tra cent’anni sarà ancora accettabile tenere i grandi mammiferi o i grandi uccelli negli zoo, così come cent’anni fa qualcuno ebbe l’idea di esporre allo zoo del Bronx degli esseri umani.
Tutta colpa di quell’autobiografia che ho letto cinque anni fa, che si chiama “Il totem del lupo”. Se per caso qualcuno lo ha letto me lo faccia sapere, sono cinque anni che cerco qualcuno con cui confrontarmi e parlarne.
Ad ogni modo, vedere questi pappagalli meravigliosi dal vivo è spettacolare, ma li fotograferò poi in Brasile, tanto è di strada.
Dopo i pappagalli si gira intorno al laghetto delle oche e delle anatre, provenienti da ogni parte del mondo e protette da un recinto elettrificato. È una fortuna per loro perché Temuri vede nel lago tanti arrosti con le gambe.
Il sentiero devia dal lago e attraversa una sorta di bosco composto solo da alberi pluricentenari. Magnolie, tuje e querce, di proporzioni gigantesche. Ci sono alberi del genere anche nell’orto botanico di Bologna, ma oltre agli alberi monumentali ci sono anche delle piante di età intermedia. Qui invece i tronchi sono molto piccoli oppure enormi, il che fa suonare un campanellino nella testa del biologo perplesso.
Per quanto possa sembrare assurdo, questo giardino botanico è stato realizzato solo undici anni fa, dal nulla.
Cercando qualche informazione su internet, trovo delle immagini tratte da un film di fantascienza. Il protagonista è il primo ministro della Georgia, chiamato dai cittadini “Ivanishvili l’oligarca” che un bel giorno ha deciso di darsi al collezionismo dendrologico. Viaggiando per la Georgia, il protagonista va in cerca di alberi ultracentenari da acquistare e trasportare in un appezzamento di terreno sulla riva del mar Nero. Naturalmente un tale progetto è irto di difficoltà, ma di certo il nostro eroe non manca di ambizione e tantomeno di finanze, perciò alla fine riesce nel proprio intento. Non si possono trasportare gli alberi centenari nel baule della macchina, perciò sono state allestite enormi piattaforme per trasportare ogni albero insieme a una piccola zolla di terra di qualche centinaio di metri cubi. Dato che il parco si trova a cento metri dal mare, parecchi alberi sono stati trasportati via mare su delle chiatte di dimensioni adeguate a sostenere questi giganti arborei traslocati nel nuovo parco. A quanto ho capito gliene è caduto solo uno. Una volta arrivati a destinazione sono stati ancorati al terreno per dargli il tempo di radicare. Inoltre è stato eretto un muro vegetale per proteggere gli alberi dalle tempeste marine. Il parco infatti è circondato da boschi di grosse canne di bambù sostenute da un reticolo di filo metallico, senza il quale probabilmente collasserebbero.
(Chi non ha capito il titolo dell’articolo, sappia che gli Ent provengono dalle pagine del Signore degli Anelli. Vengono anche chiamati “pastori degli alberi” e sono in genere alberi molto vecchi, senzienti e in grado di camminare. Chi invece non sa che cosa sia lo sbarco in Normandia bisogna che torni a scuola difilato.)
Usciamo dal parco passando accanto al recinto dei pellicani e a quello delle gru del paradiso, che hanno una testa enorme a causa della forma delle piume.
14:50
Oggi piove e il parco della Georgia in miniatura è chiuso, anche se non mi è chiaro perché dovremmo andare lì invece di visitare la Georgia a grandezza naturale. Ripieghiamo sul parco musicale, un’area verde arredata con quaranta statue di grandi musicisti, compositori, ballerini e sculture di legno ricavate a colpi di motosega. Essendo un parco musicale, accanto a ogni statua c’è un altoparlante che riproduce una musica famosa del personaggio rappresetato. Piove e c’è freddo, ma è bello lo stesso.
Dopo una visita approfondita, è già ora di tornare a casa. “Riccardo, gshia?” Vogliono sapere se ho fame, come anche ieri. Invece di rispondere, domando se la mia risposta influenzerebbe un qualche modo il pranzo. La risposta è una risata, proprio come immaginavo, quindi posso risparmiarmi la fatica di rispondere.
Dopo un pranzettino lungo lungo finalmente andiamo nella stanza accanto, al calduccio della stufa a legna. Appena arriva anche la Lali riprendiamo con le lezioni di georgiano. Stamattina al parco dendrologico sono riuscito a ottenere qualche consonante eiettiva udibile, perlomeno la più semplice, che permette di dire “acqua”. Ieri ho sentito dire che la grammatica dei verbi è molto complicata da apprendere, quindi penso che imparerò le frasi più utili a memoria.
Poi chiama Mariami, per chiedermi come sto e per scusarsi di questo alloggiamento. I suoi genitori stanno ristrutturando la casa a Lanchkhuti e sono ospiti nella casa al mare di una sua zia. Si scusa perché in questa casa “non ci sono molte comodità”. Voi che avete letto delle mie comodità nel mese di dicembre comprenderete la mia difficoltà a spiegare che di solito non vivo esattamente nel lusso e fatico a capire di che cosa stia parlando. D’accordo, non c’è il riscaldamento centralizzato e le uniche fonti di calore sono questa piccola stufa e la cucina, ma tanto sotto le spesse coperte del mio letto a due piazze si cuoce. Non mi viene in mente altro, anche se è vero che non c’è la vasca idromassaggio e neanche la palestra. Che cosa si può offrire di più di vitto, alloggio, compagnia e visite guidate a tempo indeterminato?
Prima di cena vengo a sapere di una certa guerra in Ucraina, che nella tranquillità del paese di Magnetiti sembra una storia proveniente da un altro pianeta.
Ora che “non ho fame” non funziona più e lo stomaco è continuamente al lavoro posso prepararmi a dire “non avevo fame”. Tornerà utile alla fine della cena. La cena è buonissima perché la Lali in cucina non sbaglia un colpo, ma produce cibo in quantità industriali. Non serve cercare di vuotare il piatto di portata, nella pentola ce n’è ancora il doppio. Quindi via, un bicchiere di vino e si brinda, alla Georgia, all’Italia e alla cuoca. “Gagvimarjos!” (Gaumargios!)
00:50
Oggi pomeriggio in un momento è venuto buio, perché a causa del fuso orario abbiamo gli orologi un’ora e mezza avanti rispetto all’ora del meridiano locale. Adesso che è l’una nessuno accenna ad andare a letto e io inizio a sentirmi meno responsabile per averli tenuti svegli fino alle due ieri notte. Probabilmente è normale qui, hanno degli orari da spagnoli.
Quasi in sincronia con gli italiani, andiamo a letto.

5 commenti su “Lo sbarco in Normandia degli Ent”

  1. Tina Maria Bertani

    Ciao Riccardo (posso usare anch’io il tuo “nom de plume” Palla ?) Mi aggiungo al gruppo dei tuoi affezionati estimatori. Ti seguo con assiduità e imparo dalle tue esperienze, è come se viaggiassi con te. Complimenti per la prosa scorrevole, piacevole ,simpaticamente ironica. Infatti mi piacciono molto “Le lezioni di ieri” che metti all’ inizio di ogni capitolo. Ciao Palla !

    1. Fa un effetto strano sentirsi chiamare Palla da quella nicchia ristretta di persone che ancora mi chiamano per nome.
      Grazie mille, in questi giorni in Iran la connessione a internet non è sempre presente, ma ho ripreso a scrivere con costanza.
      Mi fa molto piacere che queste righe possano portare lontano chi non è mai stato qui, per conoscere un po’ da vicino un pezzetto distante di umanità e di mondo.

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