Le pulizie annuali

Lezione di ieri: lo spirito natalizio non ha molto a che fare con la religione.
Domenica 26/12/2021 12:10 Istanbul (Turchia)
Eh niente, questa città mi fa svegliare tardi, e se mi sveglio presto mi riaddormento, invariabilmente. Oggi comunque è Santo Stefano e da che mondo è mondo si sta a casa per finire di assimilare l’atmosfera natalizia e il pranzo del giorno prima. Oggi è giunto il momento di riordinare la cucina, lavare i pavimenti e svuotare il frigo, che non funziona da una settimana. Ieri per raffreddare il salame di cioccolato siamo ricorsi all’aiuto di una vicina di casa, ma adesso si può contare solo sulla temperatura esterna, che di notte non è male, ma di giorno sale a 10-15°C.
Con pazienza, il Natale fa il suo effetto e la casa ritorna pulita. Troppo pulita, meglio ributtare a terra un pezzetto di legno per lasciare un po’ di sporco simbolico. Da adesso in poi il pomeriggio è buono per scrivere, mentre Sam è a computer e Asal in camera, come al solito. Salsiña intanto dà la caccia ai fantasmi. Ma davvero tu sei un gatto di strada? No non è possibile, guarda un po’ quella coda vaporosa!
Il pomeriggio rimanente è un’altra buona occasione per stare sul divano e scrivere. A meno che Sam interrompa il suo gioco al computer per fare due chiacchiere. Stavolta parliamo soprattutto di autostop. Dice che in Turchia spostarsi in questo modo è decisamente semplice e spesso la gente ti offre da mangiare e anche ospitalità. Mi mostra una foto di un’autostoppista che ha ospitato tempo fa. (sì Matte, ci va l’apostrofo, scusami per quel suggerimento sbagliato in terza media) Anche lei ha girato per i Balcani e nella foto ha in mano un gigantesco cartello azzurro di un metro quadrato con scritto “Sofia”. È sempre difficile parlare della facilità di viaggiare in autostop con una donna, perché chiaramente è più rischioso. Per ragioni simili, tuttavia, le autostoppiste hanno tempi di attesa inferiori, come ho potuto osservare empiricamente a Kotor. Non è facile incontrare autostoppiste solitarie, ma esistono. Per esempio Espe, la viaggiatrice incontrata a Mostar insieme a Diego, ha girato il mondo in lungo e in largo, prevalentemente in autostop.
Il bello di incontrare un collega è confrontare le tecniche adottate da ciascuno, che con il tempo si personalizzano. Data la quantità di rifiuti ampi e sottili che l’umanità produce e abbandona ogni giorno, io sono un estimatore dell’usa e getta, o meglio ri-usa e ri-getta. Sam invece preferisce una tecnica diversa, forse dovuta alla sua deformazione professionale da insegnante. Prende un cartone tutto bianco e bello solido ricoprendolo di nastro da pacchi trasparente. Ecco una pratica lavagna riutilizzabile su cui si può scrivere con un pennarello ad alcol. Ha il pregio di essere riutilizzabile, virtualmente impermeabile e non assorbe inchiostro, quindi allunga la vita del pennarello. È ottima anche per disegnare e spiegare concetti complessi quando ci si trova a dover comunicare in macchina, poi basta un colpo di straccio e via verso la prossima destinazione.
Poi c’è l’eterno dilemma della scelta della destinazione da scrivere, perché molto spesso gli automobilisti tirano dritto facendo segno che si fermano o svoltano prima. A volte è vero stanno andando proprio venti metri più avanti, ma sulle strade lunghe e dritte cinque minuti di passaggio in macchina equivalgono a un’ora e mezza a piedi, che è un peccato buttare via. Per superare l’inconveniente ho imparato a scrivere la vera destinazione nella metà inferiore del cartello. Se dopo qualche decina di macchine non funziona aggiungo sopra il nome del paesino più piccolo e più vicino che c’è. Così riduco le variabili e se sono nel posto sbagliato me ne accorgo in fretta. Sam ha un metodo diverso, quando proprio non si ferma nessuno scrive il nome di un posto lontanissimo, tipo “Cina”. Di solito viene apprezzato.
“Ah, Sam, dove posso trovare una cartoleria qui nelle vicinanze?” “Non ti serve, i professori avranno sempre dei pennarelli da darti, di che colore lo preferisci?”
22:15
Stasera è il giorno giusto per giocare a Pandemic, che ho visto in giro un sacco di volte ma non l’ho mai provato. Dicono tutti che sia molto bello, in sostanza è un gioco in cui i giocatori cooperano per salvare l’umanità da una pandemia. Non è un gioco uscito l’anno scorso, ma nel lontano 2008.
Convinciamo Asal a partecipare e finiamo per giocare due partite. Sono incredibilmente facili, perché Sam mi fa mescolare il mazzo delle carte e io per due volte faccio finire le cinque carte Pandemia in fondo al mazzo. Noi curiamo l’umanità con calma e quando arrivano queste carte terribili ormai disponiamo già di tutte le cure necessarie. Dovremo rigiocarci e mescolare le carte come dice il manuale, perché se lo faccio io manca il brivido dell’incertezza.
Ognuno ritorna alle proprie attività, che ben presto si concentrano sul materasso.

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