Lezione di ieri: è legittimo chiedere alla gente se mangia il riso.Il piano di stamattina era di partire presto, ma la telefonata con Matte è durata un’ora e più, così mi incammino tardi, quando ormai il sole è alto. Lungo la strada incontro alcuni operai e alcuni motociclisti che si fermano a offrirmi un passaggio e a scattare qualche foto insieme. Di tanto in tanto trovo degli amichevoli muretti su cui riposare, scrutando le chiome degli alberi in cerca di pennuti. I più semplici sono i buceri di Blyth, che volando ansimano costantemente, come dei carlini alati. Come se non fossero già abbastanza riconoscibili, quando si posano non fanno che ripetere un grido gutturale, che si sente anche da molto lontano. È bello evolversi su un’isola quasi priva di predatori. C’è anche un piccolo airone che attraversa la valle, come quello che ho visto prima. No, aspetta, che cos’è quella cresta? Santi numi, un cacatua! Non ero preparato ad un incontro del genere prima della Papua, è stupendo. Questo muretto è una finestra spalancata sulla foresta, quel mucchio di roba verde senza valore economico. Saluto i lorichetti rossi e un colombo verde come le foglie verdi, ma con la testa grigia e la pancia gialla e nera. Diffcile distinguerne i contorni senza binocolo.Presto arrivo al passo e con circospezione mi lancio su per un sentiero, sparendo nel verde. I primi cinquanta metri prima della foresta sono già stati disboscati per piantare ancuni alberi da frutto. Tra l’erba alta crescono le orchidee, alte e sgargianti. Bisogna che mi fermi ad aspettare che la maglietta si asciughi un minimo. Mentre mi guardo intorno, noto un ragno sospeso sopra al sentiero dove sono passato un attimo fa. Se non fosse lungo 15 centimetri potrebbe quasi sembrare normale. Come quindici centimetri, ma stiamo scherzando?Deve essere un ragno tessitore, a regola non è neanche troppo grosso. Tutto sommato il corpo è lungo poco più di cinque centimetri, se ben ricordo la specie più grossa è grande il doppio. (Parlo dei ragni che costruiscono la tela in aria, quelli che cacciano a terra possono diventare ben più grossi) La ragnatela è larga un metro abbondante e il cavo portante sembra un filo da pesca, tanto è grosso. Poco più avanti, un altro ragno, appeso tra l’erba alta. Documento tutto e mi inoltro nel bosco, seguendo la cresta. C’è una sorta di sentiero, ma deve essere in disuso da molto tempo. Con lo zaino è complesso inoltrarsi nel folto, ma confido che il sottobosco si diradi, all’ombra degli alberi più vecchi. Intanto sono tornate quelle dannate palme che c’erano a Mompracem, quelle schifose. Lo stelo delle foglie è dotato di quattro file di spine, sopra e sotto, ma non è un grosso problema. Il problema è che lo stelo prosegue per quasi un metro ancora, con una corona di uncini ogni pochi centimetri. Sono uncini durissimi ed è impossibile romperli, lacerano la carne, i vestiti, il legno verde e le speranze con la stessa facilità. L’unico modo per farsi largo è non toccarli, oppure spezzare quelli secchi. Mai e poi mai tirare sperando che gli steli si spezzino, per quanto sembrino fragili. Non ho ancora capito se gli uncini servano come ancoraggio alle piante circostanti o come espressione di odio nei confronti del regno animale. Perchè queste palme scompaiano mi basta inoltrarmi dove le chiome sono più fitte e il sottobosco è più rado. Non è facile indovinare il sentiero, probabilmente ci sono molti sentieri abbandonati. Arrivo in un vicolo cieco e torno indietro, prendendo la sinistra al bivio. Mi inoltro di nuovo, ma è pieno di queste dannate palme che sbarrano la strada, inoltre c’è un albero caduto che ha spalancato una voragine nella volta della foresta, sbarrando il passaggio. Tento di passare oltre, ma è tutto inutile. Forse si riuscirebbe senza zaino, oppure con un machete, non certo a mani nude. Mi si è anche spezzato il bastone di noce moscata che ho tagliato stamattina. Il GPS dice che ho fatto solo duecento metri e l’orologio ricorda che sono già passate almeno due ore. Siamo tutti d’accordo sul fatto che la foresta sia impenetrabile e il viaggio proseguirà sull’asfalto. Ora è il caso di iniziare a bere un goccio d’acqua, prima di ripartire. Tra i ragni enormi, le cavallette enormi, i funghi, le felci e gli alberi enormi, direi che ho già raccolto un buon bottino per oggi. L’albero caduto è uno di quelli con le radici a contrafforte, pareti verticali così alte che ci si potrebbe accampare tra di esse. Sono ancora alla ricerca di un esemplare grosso come quelli dei libri di Salgari. Il ceppo che ho davanti è la metà, ma per adesso è il più grosso che abbia mai visto.Torno indietro, ritrovo il cartone che ho perso per strada e infine anche la strada, a malincuore. Dato che la via dell’altopiano è sbarrata, cerco più avanti un sentiero alternativo per inoltrarmi tra gli alberi. Magari posso addirittura accamparmi con vista mare, presto dovrei arrivare in vista della costa orientale. La cresta che ho individuato è già stata disboscata e trasformata in tenuta agricola, ma non ci sono reti o diavolerie simili a impedire l’accesso. Mi allontano a grandi passi dalla casa costruita vicino alla strada, seguendo un piccolo sentiero sprofondato nell’erba alta. Cinquecento metri più avanti trovo un capanno di legno, costruito ai margini della foresta. È una semplice palafitta con una panca di legno al piano di sotto e una stanza vuota al piano di sopra. È decisamente nuovo e non vedo alcuna speranza di penetrare attraverso le piante rampicanti che ricoprono i margini della foresta. Molto meglio dormire qui, si intravede anche il mare. Inoltre non sarò solo, c’è un gigantesco ragno giallo che ha appeso la ragnatela a una trave sopra al focolare. È di una specie diversa dal ragno tessitore di stamattina, ma è altrettanto grosso. Forse dovrei dire grossa, perché tra i ragni tessitori le femmine sono parecchio più grandi dei maschi. Parecchio vuol dire cinque o dieci volte più grosse. Per dar da mangiare ad un ragno così grosso serve una ragnatela di quasi un metro quadro, sulla quale alloggiano anche parecchi altri ragni più piccoli.Dovrei scrivere, sono giorni che vorrei scrivere, forse settimane ormai, ma non ci riesco. Forse un giorno capirò anche che cosa si sia inceppato. Bevo un’altra noce di cocco, mando qualche messaggio e penso, tenendo d’occhio le mosse del ragno. Per chi non ha letto Tolkien, Ungoliath è solo il ragno più grosso mai esistito qui sulla terra di mezzo. Con il passare delle generazioni i suoi discendenti sono diventati sempre meno grandi, ma comunque di dimensioni smisurate. Il più grosso scoperto finora è il ragno tessitore dorato, un bestione grande come una mano.Nonostante la panca e il tetto, alla fine dormo in amaca, che è decisamente più morbida del legno e offre riparo dalle zanzare, se ce ne saranno.