Khachapuri!

Lezione di ieri: se devi fare cose strane, ricordati di tenere il traduttore di pensieri a portata di mano.
Mercoledì 10/02/2022 10:10 Ureki (Georgia)
Pronti per andare a visitare la grotta, che non mi ricordo neanche più come si dice. Google mi suggerisce “mghvime”, che rimbalza due volte dalle labbra al fondo della bocca ed è ai limiti della pronunciabilità. In realtà non siamo pronti pronti, prima bisogna mangiare due pezzi di torta e fare colazione fino all’esaurimento di ogni speranza di poter mangiare un altro boccone.
Ora ci siamo, mentre Lali finisce di sistemare la cucina Temuri si avvia insieme a me verso la riva del mare. Scendiamo dalla macchina e nell’attesa raccogliamo un sacchetto di pigne. Finito il primo ne ho un secondo e anche un terzo, che diventano tutti strapieni. Mi dà molta soddisfazione aver studiato tanto georgiano in cinque giorni quanto il turco che ho appreso in tre settimane. Ne so così tanto che ho potuto concedermi il lusso di imparare come si dice pigna, che qui è una parola semplice e di uso quotidiano. È semplice perché ai ghiri piacciono le pigne e in georgiano la parola si pronuncia “ghirci”. Arriva anche Lali e partiamo.
Schiviamo le buche, superiamo piccoli gruppi di vacche e vitelli a passeggio a bordo strada e raggiungiamo di nuovo Kutaisi. Lungo la strada attraversiamo di nuovo Lanchkhuti, il paese dove abitano Lali e Temuri, che si trova sulle coordinate 42°N 42°E. Non ci avevo fatto caso prima, così come non avevo notato che anche la fortezza di Gonio si trova in un punto interessante, 41° 34’N 41°34’E.
Dopo tante buche e troppi chilometri, oggi bisogna cambiare le gomme, perciò ci fermiamo a metà strada da un gommista. Lali e io non scendiamo dalla macchina e nel frattempo il gommista ci solleva da terra con il martinetto idraulico. Appena ci rimette giù scendo a dare un’occhiata alle gomme vecchie. Ho visto degli pneumatici così consumati solo sulle bici, non mi è mai capitato di osservare la tela che spunta dalla gomma di un’auto. Se non fosse per quel cerchio di tela all’esterno sarebbero delle ottime slick da Formula Uno.
Sulla via della grotta diamo un passaggio ad un autostoppista del posto, che però non parla. Saluta, dice dove va e ringrazia. Non molto interessante. Nel frattempo passiamo accanto a decine di edifici di cemento sovietico, che una volta erano utilizzati come sanatori. L’aria di Kutaisi è famosa per la propria salubrità e decenni fa si veniva qui per pagare anche l’aria che si respira.
La grotta di oggi è diversa, si chiama grotta di Prometeo e ha un museo annesso, pieno di reperti che raccontano dell’utilizzo della grotta dal paleolitico fino all’età del bronzo. Mentre aspettiamo che inizi la visita guidata leggiamo tutti i pannelli, gentilmente tradotti anche in inglese.
15:30
Inizia la visita, che si svolgerà in georgiano, russo e inglese. In realtà il georgiano si può tralasciare perché quasi tutti i georgiani conoscono il russo. Siamo circa una quindicina, ci incamminiamo nel bosco fino all’ingresso della grotta, sovrastato da un macigno enorme che fa da architrave, a due metri da terra. Lali fa marcia indietro e non c’è modo di convincerla ad entrare, naturalmente. In passato è entrata in un’altra grotta, ma era molto più breve ed evidentemente più spaziosa.
L’interno della grotta effettivamente ha diversi passaggi un po’ stretti, ma al massimo bisogna chinare un po’ la testa. Dopo un primo tratto secco e povero di concrezioni arriva il bello, con diverse grandi sale piene di stalattiti, cascate di calcare arabescate e un ruscello sotterraneo incaricato della ristrutturazione di questa porzione di sottosuolo. In alcune sale è presente anche un’installazione inusuale, un impianto stereo e faretti colorati per creare uno spettacolo sotterraneo. Io le grotte le preferisco silenziose e bianche, questo spettacolo mi ricorda un po’ i racconti di una guida speleologica, credo fosse a Frasassi, che raccontava delle serate da ballo che si tenevano nell’ottocento in una delle prime sale.
Provo ad esprimere a Temuri il mio apprezzamento per la grotta, ma mi sento un po’ monotono a usare sempre gli stessi tre aggettivi per esprimere la mia meraviglia. Tra l’altro è la prima volta che imparo tre aggettivi diversi per dire bello, di solito me ne bastava uno solo. Non posso spiegargli neanche questo perché è un pensiero troppo complesso per tradurlo sottoterra, senza internet.
Siamo solo in due ad avere bisogno della spiegazione in inglese, il mio socio è un po’ più giovane di me e per tutto il tempo è rimasto un po’ indietro, per apprezzare la grotta nel silenzio, mentre tutti erano intenti a scattarsi foto. All’uscita iniziamo a fare due chiacchiere, lui si chiama Cèzar e viene da Parigi, ha ventun’anni ed è in Georgia da una settimana. Torna a Kutaisi anche lui, quindi chiedo ai miei autisti se possiamo accompagnarlo in centro. Siamo in Georgia, qui chiedere una gentilezza è solo una formalità, se non lo chiedi tu te lo propongono loro.
In macchina scopro molto altro, Cèzar è arrivato qui direttamente dalla Francia e sta andando in Turchia, per poi proseguire in Thailandia e rientrare a casa tra un paio di mesi. In questi sette giorni ha già incontrato diversi georgiani, che gli hanno lasciato il proprio numero di telefono, in caso di bisogno. Ha ricevuto anche due offerte di ospitalità, una qui a Kutaisi e l’altra a Batumi. Per il momento dorme qui in ostello, ma a breve inizierà a spostarsi verso la Turchia, per prendere l’aereo verso il Sudest asiatico. Gli racconto della Turchia, delle persone e dei posti che ho visitato, cercando di contenermi.
Arrivati in centro ci salutiamo, si fa tardi e noi ritorniamo a casa. Non ho fame, ma bisogna pur che mangi qualcosa dopo così tanti minuti che non mastico niente. Per fortuna c’è ancora quel grosso pacchetto di microscopici cracker che ogni volta cerco di tenere in mano per non ricevere offerte di cracker ogni due minuti.
Torniamo a casa con una marea di cibo comprato a Lanchkhuti e chili di pigne.
19:50
Non posso aiutare in cucina, quindi è il caso di fare una doccia, mentre la cena viene pronta. La doccia non ha un box e in un attimo il bagno si riempie di vapore. La prima volta che mi sono lavato la nebbia è diventata così fitta che ho perso di vista la porta. Seriamente, la porta nera distante da me poco più di tre metri non si vedeva più.
Lali intanto sta preparando la specialità più speciale della Georgia, il khaCHaPuri. È pasta lievitata, schiacciata a forma di disco largo una spanna e farcita con un pugno di formaggio salato sbriciolato finemente. Si raccoglie il bordo esterno formando un sacchetto, si strappa un pezzetto di pasta dal punto di chiusura e poi si spiana la pasta finché diventa un disco largo due spanne e spesso un centimetro e mezzo. Si scalda una padella e si cuoce il pane farcito da un lato e dall’altro, facendo un buco al centro per far uscire l’aria. Una volta cotto da entrambi i lati si toglie dal fuoco e si cosparge di burro finché la pasta è ancora calda. Ecco fatto il khaCHaPuri, il cibo leggendario tanto decantato da Magnus, che diceva che costa pochissimo e se ne mangerebbe un quintale. Beh, devo ammettere che avevi ragione Magnus, è spettacolare.
Questo però è solo una parte della cena, perciò bisogna finire il khaCHaPuri e bere poco perché altrimenti è la fine. Sto seduto qui, seduto in macchina, sdraiato a letto, come fa a venirmi fame?
“Mangerei volentieri tutto quanto, così da non dover più mangiare fino in Pakistan, ma non ci sta più un bel niente.” Ci facciamo grasse risate, come al solito, ma il piatto me lo riempiono di nuovo, perché continuo a essere magro.
Dopo cena Temuri mi mostra qualche video sui matrimoni georgiani e sui balli tradizionali. Sono incredibili, in Georgia c’è ancora una cultura viva e fiera, nonostante sia stata oscurata durante la dominazione dell’URSS. Qui le cerimonie sono fatte di salti, balli e finte schermaglie con la spada e lo scudo, che servono anche come percussioni per battere il ritmo. A seguire subito dopo, un video sul vino. Al telefono, mezz’ora fa, Matte mi ha chiesto se i georgiani mi hanno già fatto sapere che il vino l’hanno inventato loro. Neanche a farlo apposta, Temuri colma subito la lacuna mostrandomi il processo di vinificazione tradizionale, a partire dalla produzione degli otri di terracotta chiamati Qvevri. Nel video c’è anche un genetista americano che spiega che in Georgia sono stati ritrovati dei vinaccioli risalenti a 8000 anni fa. Mi pare che sia super-partes, almeno non è georgiano, e comunque se i semi più antichi sono stati trovati qui il vino è a buon diritto georgiano. Non mi sembra che ci sia bisogno di difendere l’origine italica del vino, un po’ come il gelato. Si legge qua e là che il gelato l’abbiano inventato i cinesi, ma se il gelato italiano è più buono, a chi importa chi l’ha inventato? Scherzi a parte, il vino georgiano è estremamente vario e non ha nulla da invidiare al vino italiano, lo testimonia il fatto che anche nei più grandi supermercati il vino italiano non c’è.
Avevo in mente di partire domani perché sono già qui da un po’, ma a quanto pare non si può perché c’è in programma il Grand Tour della Georgia, fino a Vardzia. Domani ci riposiamo e dopodomani partiamo alle sei per arrivare fino al confine con la Turchia. Andata e ritorno sono poi solo settecento chilometri, roba da niente.
Dopo il caffè della sera per mangiare qualche altro pezzo di torta, si va a letto.

1 commento su “Khachapuri!”

  1. Ah ah ah!!! Cibo cibo e ancora cibo!!!! Chiederò a Maria di farmi un khachapuri, mi hai fatto venire voglia di assaggiarlo!!!!!😛😛😛

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