Il Natale è salvo

Lezione di ieri: ci sono paesi così disastrati da avere dei prezzi più bassi di quanto si possa immaginare.
Sabato 25/12/2021 11:08 Istanbul (Turchia)
Buongiorno Salsiña, quindi tu saresti un gatto di strada eh? Complimenti.
Oggi è giunta l’ora di dare un contributo a questa casa e dare una pulita, a partire dal bagno. Pian piano si fa tutto, stasera arriveranno alcuni amici di Sam per cenare insieme. Qui in Turchia non esiste il Natale, ma solo luminarie natalizie e alberi di Natale. Non c’è neanche Babbo Natale, ma solo un tizio vestito di rosso che porta i regali durante la notte di capodanno. Natale è un’occasione troppo ghiotta di far girare l’economia per non adottarlo anche qui.
Prima di iniziare le pulizie do una mano a Sam ad appendere le mensole che occupano la cucina da prima del mio arrivo. Non abbiamo una bolla e facciamo del nostro meglio per appenderle in orizzontale, ottenendo un buon risultato. Il buon risultato dura circa dieci minuti dopodiché appare in maniera evidente che il nostro lavoro è decisamente storto, ma ormai è fatto e va bene così. Il prossimo passo è preparare i dolci per stasera. Il primo e il più richiesto si chiama “chocolate pasta”. Aspetta un attimo Sam, che stai dicendo? Lui sogghigna e mi spiega l’equivoco: in turco torta si dice “pasta”, e lui vuole fare un salame di cioccolato.
Per fare il secondo dolce riempie una pirofila con mele verdi a fettine cosparse di zucchero di canna, ricoprendole di fiocchi d’avena e altri ingredienti aggiunti da Sam.
14:54
I primi ospiti sono già qui, mi sembra un concetto di “sera” abbastanza singolare, ma va benissimo! Finisco la doccia e saluto Lezgin e le sue due amiche Ainur e Julide, curde. Appena arrivano con la spesa, le ragazze iniziano a preparare la cena, mentre io raccolgo tutti i miei oggetti in un angolo della sala. Il mio materasso viene messo in piedi accanto all’armadio e entro venti secondi Salsiña lo sta già scalando per osservare la rivoluzione dall’alto.
Vado a dare una mano in cucina, dove fervono i preparativi di una cena sontuosa. Nel frattempo sono arrivati anche Ali, iraniano curdo, Meqdaq, iraniano, Tahir, il fratello minore di Lezgin e Gina, che come già si sa è bolognese. Alì a suo tempo è stato ospite qui per un mese e inizia subito a giocare con Salsiña. Io vado in cucina a dare un mano, ma mia utilità finisce molto presto perché non ho la più pallida idea di che cosa stiano preparando.
Quando la cena è pronta, il tavolo della sala si copre interamente di cibo e noi dieci mangiamo con il piatto in mano, senza sapere da dove iniziare ad assaggiare tutto quello che è stato preparato, perché in un piatto non ci sta un assaggio di tutto.
Ci sono delle carote a julienne con yogurt e foglie di menta, un’insalata convenzionale e un’insalata fredda di fagioli, cipolla e altre verdure. Peperoni, melanzane e funghi al forno in salsa tahini e anche pollo e patate al forno. Il riso è stato preparato in una maniera che non ho mai visto. Mentre cuoceva Ainur ha aggiunto all’acqua un filo d’olio, mandorle e bacche di pepe. Poi ci sono altre pietanze ancora, ma queste sono senza dubbio le più apprezzate. Non preoccuparti Mors, c’era anche un piattino pieno di olive nere sott’olio.
È rimasto del cibo anche per il giorno dopo, nonostante i bis, i tris e i nuovi arrivi di qualche amica che è arrivata più tardi. Arriva anche Nihal, la protagonista dei libri fantasy di Licia Troisi. Si chiama proprio Nihal, è originaria del Kurdistan turco ed è insegnante di curdo. Ormai sto facendo parecchia confusione tra le nazionalità e probabilmente me ne ricordo male, perché per la maggior parte dei presenti una parola sola non basta e si sono mescolati iraniani iraniani, curdi iraniani, curdi turchi e Sam che è americano-brasiliano. Solo la Gina di Bologna si salva, anche se sotto sotto lo sappiamo tutti che è ucraino-americana. Infine ci sono io, che per non essere da meno potrei definirmi italiano-ebasta.
La serata langue già alle dieci, ma poi ci sono dei nuovi arrivi e tutto riparte, io intanto sto imparando un pochino di curdo ancora prima di sapere il turco. Sarebbe facile, se non fosse per il terribile suono “q”. È come una kappa, ma è la base della lingua a toccare il palato, laggiù in fondo alla bocca. Il mio animale domestico si chiama qomqomok, bello tosto da pronunciare. Tuttavia mi fa molto piacere notare Alì e Nihal si capiscono, perché questo significa che i curdi turchi e iraniani condividono il vocabolario di base. Questo mi semplificherà la vita tra un mese e mezzo.
Dopo le prime lezioni di lingua arriva il momento dei giochi da tavolo e ci dividiamo tra Code Name e Ticket to Ride. La nostra partita a Ticket to Ride, giocata in due lingue diverse, va per le lunghe. Dopo un’ora e mezza decidiamo di fare una breve pausa sigaretta e ci alziamo dal tappeto. Non l’avessimo mai fatto! Cinque minuti dopo noto Tahin che sta raccogliendo i pezzi dal tabellone e ha già fatto sparire le carte. Parla solo curdo e sicuramente non ha capito nulla di quello che ci siamo detti, si è alzato dal divano e ha decretato la fine della partita.
Ma dov’è Salsiña? È lassù che dorme nella cesta del bucato, sopra l’armadio.
Facciamo un altro po’ di chiacchiere ed è il momento dei dolci, accompagnati da un bicchiere di vino o di raki. Io pensavo ingenuamente che raki fosse la parola locale per indicare la rakia balcanica, invece non c’entra niente. È sempre un distillato, d’accordo, ma è aromatizzato all’anice ed è più affine all’ouzo greco. Sembra una bevanda del Fantabosco, quelle che per magia si colorano solo al momento di versarle nel bicchiere. Si versa un po’ di raki trasparente sul fondo e la si allunga a piacimento con acqua trasparente. Il risultato è bianco lattiginoso come il Pioggialatte.
Che serata, e pensare che ci siamo ritrovati per Natale quando gli unici ai quali importi qualcosa del Natale siamo io e Sam. O meglio, io, Sam non tanto. Grazie ragazzi, şev baş! (Scev bash, notte-buona)

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