Il battesimo del timone

Giovedì 10/08/2023 Mare delle Fiji (Oceano Pacifico)
È già l’una e mezza quando Raphaël mi lascia la ruota, così ritorno alla mia attività preferita, timonare. Stamattina il Pacifico è così amichevole che mi sento in colpa a escludere Ernests dal timone, tantopiù che il mio compare finora non si è ancora attentato a timonare. In effetti, prima di provare anch’io ero convinto che servisse un dottorato di ricerca in timonologia per condurre un’imbarcazione. In realtà timonare non è affatto difficile, specialmente con un timone a ruota, che funziona come il volante di una macchina. Basta trovare il punto di equilibrio e correggere leggermente la direzione quando la prua si sposta dalla rotta stabilita. È facile. Se però si alza il vento, aumentano le onde, si issano delle vele strane o insorgono altre complicazioni, allora serve più esperienza. Tre anni fa, in regata sull’Adriatico con Gabriele, detto Regolo, ho visto la differenza con i miei occhi. Regolo è appassionato di vela da una vita e quando mi dava il cambio al timone guardarlo era uno spettacolo. Si sedeva sul bordo del pozzetto con in mano la barra e tic, tic, tic, con microscopici colpetti di timone la velocità della barca arrivava a sette nodi e mezzo. Un momento prima io mi stavo impegnando al massimo e viaggiavamo a sei nodi. È per questo che ho passato quasi metà dei due giorni di regata a timonare, per sviluppare un po’ di quella sensibilità lì.
Ernests non è convinto della mia offerta di farmi da parte, perciò resto al timone io, fischiettando per l’immenso dispiacere. Dato che ho iniziato tardi e Charlotte è sempre indaffarata sottocoperta, mi lascia volentieri al timone un’oretta in più. Intanto il vento continua ad essere incostante, gira a Sudovest e ci costringe ad allontanarci ancora di più dalla rotta diretta per le Fiji. Quando abbandono il pozzetto abbiamo percorso quasi trecento miglia da quando siamo partiti. È il momento di assaggiare una cucchiaiata dell’insalata fredda preparata da Charlotte. Patate, pomodori freschi e prezzemolo neozelandese, cibo vero!
Alle nove mi sveglia Ernests, si torna in coperta. Finalmente Magali si è ripresa, è in pozzetto con Raph, di guardia. Questa sera cambiamo strategia, niente pilota automatico. Si timona manualmente per risparmiare le batterie. Inoltre questo venticello leggero non dovrebbe fare brutti scherzi, perciò Charlotte ha lasciato tre vele appese all’albero. Adesso sì che si ragiona, la traversata assomiglia di più a come l’avevo immaginata, probabilmente Charlotte inizia a fidarsi dell’equipaggio, poco a poco. Se per caso il vento dovesse aumentare all’improvviso, bisogna poter contare su qualcuno che sia in grado di ammainare il controfiocco, per evitare che si strappi. Se il vento aumentasse ancora di più, dovremmo riavvolgere il genoa o terzarolare la randa, operazioni che di notte possono non essere banali.
Inaspettatamente, questa sera Ernests decide di provare a timonare. Si tratta di seguire i gradi di bussola sul display elettronico, perché l’orizzonte è nuvoloso. Abbiamo anche una bussola vera al centro del pozzetto, ma il caro Warren non si è mai degnato di tararla dopo aver installato il computer di bordo, perciò indica una direzione completamente sbagliata. Ogni oggetto metallico accanto alla bussola influenza leggermente la direzione dell’ago, e un computer di due chili altera completamente l’equilibrio. Così Ernests ha a disposizione solo un numero a tre cifre, ma se la cava bene. Per noi principianti timonare è un lavoro fisico di tutto rispetto, perciò dopo tre quarti d’ora ritorno io al timone, aiutando Valiant a cavalcare le onde. All’inizio pensavo che fosse sufficiente muovere appena il timone e aspettare che succeda qualcosa, invece mi pare che serva dell’energia per governare la ruota. Anche il pilota automatico non lesina nel girare il timone, quindi prendo esempio. A proposito, bisogna che gli troviamo un nome.
A mezzanotte svegliamo Charlotte, con ottime notizie. Il vento sta aumentando e ormai la barca fila sette nodi, dritto verso Nord.
Faccio il pieno di buonissime patate e torno a dormire, ascoltando l’acqua che scroscia dolcemente intorno allo scafo. Ormai i prodromi del mal di mare sono solo un ricordo.
durante il resto della notte viaggiamo alla grande e l’oceano si liscia sempre più, finché alle sei non resta altro che delle ondine da mare Adriatico. Magali ora sta abbastanza bene, almeno così mi pare nella penombra delle sei, quando incrocio lei e Raphaël nel tambuccio.
Oggi il vento ha girato di nuovo a Sudovest, che per noi non è una buona notizia. Così per tenere una rotta decente facciamo così: per mezz’ora prendiamo velocità orzando verso Nord, per poi puntare dritto a Nordest nella mezz’ora successiva, dritto verso le Fiji.
Sarebbe bello fare così, se non fosse che il vento cala e non ci lascia altra scelta che seguirlo, sperando almeno di mantenere la velocità, al posto della direzione. Procediamo così per un’ora, canticchiando “Hoist the colours”, “Mr Tambourine man” e altre canzoni silenziose, mentre traghettiamo la ciurma addormentata verso le Fiji. Ovviamente il capitano non dorme mai, se avverte il più microscopico rumore insolito sale in pozzetto a controllare cosa c’è che non va.
Le stelle sono già pallide, ma il sole non si fa vedere prima delle otto, a causa delle nuvole sedute sull’orizzonte. Forse anche loro stanno guardando il sole che sorge. La prossima volta però tocca a noi eh!

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