I cani randagi di Pejë

Lezione di ieri: Non è necessario farsi fare una lezione di grammatica per imparare le basi di una nuova lingua, per imparare il serbo-croato sarebbe bastato chiedere a Branko la traduzione di qualche parola qua e là, quando ero in Croazia.

Sabato 27/11/2021 7:17 – Pejë (Kosovo)

Oggi è un ottimo giorno per scrivere, anche perché fuori piove. Sto in sala perché mi dispiace non fare compagnia a Martin, anche se lui in realtà è abituato ad abitare con il televisore o spesso, con il cellulare. Però è terribilmente difficile concentrarsi con la televisione accesa.

10:40

Inaspettatamente, Martin decide di uscire e andiamo in centro a Pejë. Ci andiamo in macchina, senza la patente consegnata ieri alla polizia. Se non vogliono che guidi bisogna che ti ritirino il mezzo, non una tessera.
Lasciamo la macchina e anche le chiavi in uno dei soliti parcheggi custoditi e poi ognuno va per la sua strada. Prima di salutarci Martin mi consiglia di andare a farmi tagliare i capelli e io declino cordialmente la proposta.
Vago sotto la pioggia per le vie del centro, perlustrando i negozi di borse in cerca di un marsupio migliore di quello che ho già, che dopo solo un anno inizia ad avere qualche acciacco. Ci sono solo marsupi Nike, Adidas o Sport, che è la marca che ho già.
Quando ho i capelli sufficientemente fradici mi fermo a sedere sotto un portico ad aspettare che la pioggia diminuisca un po’. Nel frattempo lungo la strada allagata passa qualche magro cane randagio e tantissime macchine. Uno di questi cani si ferma, annusa scrupolosamente il marciapiede e marca la panca su cui sono seduto, poi passa in rassegna una lunga rientranza sotto il muro sporgente alla mia sinistra. Bisogna marcare anche quella, quindi inarca la schiena e si struscia lungo tutto il muro, prima da un lato e poi dall’altro. Essendo bagnato, ha fatto senz’altro un ottimo lavoro. Soddisfatto, si siede sul marciapiede a guardare la strada.
Passato il peggio, vado verso il bar Dio per avere il wifi necessario a pubblicare l’articolo di oggi. Mi siedo al coperto su una delle panche del bar di fronte, che è chiuso e ospita tre cani randagi che dormono raggomitolati nel freddo umido di oggi. Due di questi sono gli stessi che ho visto la prima sera che sono venuto qui, quando erano accoccolati uno contro l’altro per scaldarsi a vicenda. Tutti e tre i cani hanno un’etichetta all’orecchio, quindi probabilmente sono stati catturati e sterilizzati, così come molti altri di quelli che vedo.

14:05

Scrivo ancora un po’ fino al momento di rientrare e torno a casa di Martin. Mi aspettavo di trovare qualcuno dei nipoti o delle figlie, ma non sono venuti. Ieri ci siamo salutati in albanese con “ci vediamo domani”, ma forse hanno pensato che intendessi dire un generico “arrivederci”.
Che altro posso fare se non scrivere fino a sera?
A un certo punto Martin mi chiede che cosa farò domani e in qualche modo riesco a mettere insieme qualche frase per spiegare che domani andrò sul monte Pashtrik, che si trova vicino a Prizren, al confine con l’Albania.
Dopodiché vado in camera a cenare e a scrivere in un posto dove riesco a concentrarmi meglio. Domani mattina alle sei passerà a prendermi Henri Deda per andare in montagna, quindi metto la sveglia alle cinque e vado a letto.

1 commento su “I cani randagi di Pejë”

  1. Ciao Palla, devo dire che ci sai proprio fare con la penna, è sempre un piacere leggerti, anche quando racconti di un cane randagio che incontri per strada. Bravo. Un caro saluto. Fai a modo. Claudia

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