Hakan e il castello d’ovatta

Lezione di ieri: ogni dritto richiede una lunga notte di collasso in amaca, per compensare. (Dicesi “dritto” una notte in bianco)
Lunedì 03/01/2022 8:22 Pamukkale (Turchia)
Alla fine si è trattato di una normalissima notte con -2°C, ormai non è nulla dopo l’esperienza dei Balcani. Il sole sorge puntualmente, ma tarda a riscaldare questo lato del piccolo avvallamento in cui sono accampato in pochi passi raggiungo il versante opposto, che invece è già in pieno sole. Mi volto a guardare l’amaca e capisco che il sole non ci arriverà mai, a causa della forma della collina, che copre il sole durante tutto l’inverno. Lo si legge sul terreno, al centro della valle c’è una linea nettissima oltre la quale il muschio non cresce perché il terreno è troppo secco. Il muschio cresce preferenzialmente nelle zone che non sono mai esposte alla luce solare diretta. Nel nostro emisfero perciò il muschio indica il Nord sui tronchi degli alberi, sulle rocce o sui rilievi.
Ho più di due settimane di arretrato con il diario di viaggio, forse sarebbe bene restare qui per tutto il giorno e scrivere, domani andrò a visitare Pamukkale. La temperatura però è già buona e il cielo è sereno, che cosa conviene fare? Invece che starmene qui tutto il giorno, sarebbe molto meglio entrare a Pamukkale e sedersi da qualche parte a scrivere, con davanti una bella vista. È un rischio però, un nuovo Alexander Pavlović come lo scrittore di Skopje potrebbe essere qui dietro l’angolo. Mi farebbe piacere incontrarlo, ma forse oggi non è il caso. Vado, si tratta solo di raggiungere la cima della collina e trovare un posticino tranquillo, non ci sono molti turisti in questi giorni. Smonto tutto e lascio il mio nascondiglio, a poche centinaia di metri dall’ingresso di Pamukkale, il cui nome significa “castello di cotone”. Mentre preparo lo zaino iniziano a decollare nell’aria le bolle colorate delle mongolfiere, galleggiano nell’aria e spariscono di nuovo oltre le chiome dei pini.
11:35
Per visitare Pamukkale c’è un sentiero che passa direttamente sopra la zona bianca, perciò bisogna togliersi le scarpe prima di entrare, come in moschea. Meglio togliere anche le calze, per non ritrovarsi con i piedi fradici all’uscita. La guardia che controlla i turisti dice che c’è freddo senza calze, ma secondo me ha scarsa esperienza del freddo, infatti la roccia non è niente di che.
La roccia, già, questa merita una descrizione accurata perché vista da vicino appare ancora più assurda. A destra del percorso pedonale ci sono parecchie piscine di acqua turchese, piene di sedimento finissimo e bianco, quelle che si vedono nelle foto pubblicitarie. Sono profonde qualche decina di centimetri e circondate da un bordo leggermente rialzato. L’acqua in arrivo dalla sorgente non tracima su tutto il perimetro delle piscine, ma solo in una piccola parte, perciò le pareti esterne sono per la maggior parte asciutte e ben visibili. Sono perfettamente verticali, ma non lisce, come ci si aspetterebbe. Sono ricamate di fittissime ondulazioni in rilievo, distanti pochi millimetri. La roccia su cui cammino invece è attraversata da creste più distanziate e pronunciate, ma non è affatto liscia come mi immaginavo ieri guardando da lontano. Guardando ancora più da vicino si vede qualche filo d’erba che ha tentato di crescere in un anfratto sulla parete delle piscine, ma è stato rapidamente mineralizzato. C’è persino un capello, che ha formato un delicatissimo filo di roccia bianca. Che stregoneria è questa? Mi fermo un momento a studiare.
A Pamukkale ci sono parecchie sorgenti calde di acqua satura di bicarbonato di calcio, che emergendo rilascia anidride carbonica e deposita carbonato di calcio, o calcare, che assume il nome di travertino. È il processo inverso a quello dell’erosione delle statue di marmo dovuta alle piogge acide. Ora posso proseguire.
Dopo meno di cento metri, vedo arrivare un turista carico di borse, che gli scivolano dalle braccia e non gli danno pace, continua a palleggiarne una in varie posizioni, ma ogni volta gli scivola. “Ti serve una mano?” “No grazie, non c’è problema. Come ti chiami?”
Avrei dovuto immaginarlo, ho trovato l’unico turco che sa l’inglese.
Si chiama Hakan, ha un anno più di me, una barba notevole e una faccia simpatica. Ho già capito che le mie speranze di scrivere alcunché sono già sfumate. È la decima volta che viene qui perché questo posto gli piace da matti, soprattutto la piscina termale che c’è in cima, con l’acqua a 36,5°C. Negli anni ’60 sono stati costruiti degli alberghi abusivi nei pressi delle sorgenti, che ora sono stati demoliti e sostituiti da questa piscina costruita letteralmente sulle rovine di un antico palazzo.
Il primo essere umano che si è imbattuto in una sorgente a 36 gradi in gennaio difficilmente avrà avuto la forza di andarsene, perciò già ventisette secoli fa nell’insediamento sopra Pamukkale è sorto il primo tempio della città di Hierapolis. Siamo quasi in cima, dove è stato scavato un piccolo canale di deflusso dell’acqua. L’acqua delle piscine superate finora era fredda, ma l’acqua che esce da qui è calda e Hakan fila subito ad immergere i piedi al caldo. Appoggio lo zaino e lo seguo, ma c’è un problema, l’acqua è ustionante. O forse sono i miei piedi che non sanno più a che temperatura è la sorgente del sangue che li dovrebbe scaldare? Piano piano si abituano e tornano ad una temperatura normale.
Hakan non abita qui vicino, come avevo creduto inizialmente, infatti la sua famiglia vive ad Antalya. Lavora a Istanbul valutando e vendendo oro e pietre preziose, ne è appassionato e la sua conoscenza è diventata un lavoro. Sulla strada per Istanbul ha pensato di fare una visita a Pamukkale, dove viene sempre volentieri. È anche lui un viaggiatore, non solo tra Antalya e Istanbul, ma anche in Georgia e in Iran. Cava di tasca un anello che ha comprato in Iran e me lo regala. Io con me non ho un bel niente a parte cibo e attrezzatura. Gli offro i panini presi al forno, ma non li vuole e quindi niente, ci rimettiamo le scarpe per andare a visitare il museo di Hierapolis, dove c’è anche una collezione di monete rinvenute qui. Hakan è appassionato di monete antiche e ne ha alcune originali a casa, altre invece le ha coniate lui stesso, come questa in argento con l’effige di Alessandro Magno. “Wow, molto bella!” “Tienila, è un regalo.” Ma no, ho detto che è bella ma non intendevo questo… niente, almeno mettiamola al sicuro.
Hakan conosce il sito archeologico molto bene, ma mi accompagna volentieri nella visita prima di tuffarci in piscina. Gli fa male un ginocchio, quindi entriamo per lasciare le sue borse negli armadietti della piscina, che sono esattamente della misura giusta per le sue borse e la metà del mio zaino. Mentre lo raggiungo all’uscita della piscina, lui ha già pagato due biglietti per entrare in vasca, che costano quanto l’ingresso al sito archeologico. Non ne vuole sapere di accettare cento lire, quindi andiamo direttamente a vedere le monete.
Il museo è piccolo ma ricco di reperti molto ben conservati e variegati. C’è addirittura una moneta d’oro del settimo secolo a.C., dei microscopici lacrimatoi di vetro azzurro e alcuni specchi di metallo lucidato. Hakan è particolarmente ammirato dei gioielli esposti qui, sicuramente lui vede anche degli aspetti che io non colgo e lo pregò di erudirmi. Finita la visita, facciamo una passeggiata nella necropoli, che è immensa e piena di tombe monumentali. Hakan lavora come gioielliere, ma ha frequentato un corso sull’islam per interesse personale, il che mi incuriosisce parecchio. Lui stesso mi conferma che si tratta di una scelta inusuale, tra i suoi amici i credenti sono circa uno su dieci. Questo ridimensiona quello che mi ha detto ieri Kaam e mi sembra più in linea con il vino e la birra che ho visto bere finora. Hakan precisa un paio di volte che l’Islam non appoggia il terrorismo. In effetti in Europa sentiamo parlare dei musulmani solo quando fanno saltare in aria qualcosa, la sua puntualizzazione è legittima. Ma non è il primo che me lo dice, lo tranquillizzo subito. Il fatto interessante è che nel parlare di Dio usa la parola God, non Allah, infatti poco dopo ci sediamo su una panca di marmo ed esprime alcune considerazioni che non mi aspettavo. Vede il cristianesimo e la Bibbia come espressione di un’altra religione legittima che prega in modo diverso lo stesso Dio. È una visione straordinariamente simile alla mia opinione eretica sulle religioni pagane. Ammettendo l’esistenza di una divinità soprannaturale, mi sembra perlomeno presuntuoso sostenere di essere gli unici ad avere parlato con il vero Dio e che tutti gli altri abbiamo avuto le allucinazioni mentre scrivevano migliaia di pagine di testi sacri.
Hakan ha viaggiato anche fuori dalla Turchia, in Iran per esempio, ma gli piacerebbe vedere anche un po’ Europa. Il problema è che, con i risparmi dei trecento euro al mese del suo stipendio, i paesi come l’Italia gli sono praticamente preclusi. Inoltre per entrare in Unione Europea è necessario ottenere il visto.
Gli serve qualcuno che lo ospiti pagando con la valuta locale, come sta facendo lui con me, altrimenti è quasi impossibile.
La visita alla necropoli è finita, ci dirigiamo verso la piscina termale per soddisfare il desiderio di Hakan, che è venuto qui per questo. “Uh guarda, le pietre del selciato sono scisti, le rocce in cui si trovano i granati.” Non parlo spesso di pietre preziose in inglese e la parola mi è nuova. Per farmi capire estrae dal portafoglio una bustina di pietruzze rosse, un po’ come nei film quando i personaggi se ne vanno in giro con un sacchetto di diamanti. Questi non sono diamanti, sono rubini e granati, quindi è del tutto normale, sono sicuro che anche tu ne porti sempre un sacchettino quando esci di casa. Non sono rubini qualsiasi, sono rubini stellati, che sotto la luce del sole di oggi si illuminano mostrando una stella a sei raggi. “Wow, sono bellissimi.” Mi è scappato. “Tieni, questo è per te.” “Ma no, ma va là, è troppo” “No no prendilo, anzi tieni anche questo granato, mettili in un posto sicuro. Li infilo sottopelle, nella busta in cui tengo il passaporto che ormai fa parte della mia pelle. Niente, prima di partire non avevo immaginato di tornare a casa con argento e pietre preziose, ma si dà il caso che ho già avuto più fortuna di Colombo quando ha scoperto l’America.
È giunta l’ora del bagno, ma c’è lo stesso problema di prima, lo zaino non so dove metterlo. Lascio le cose importanti nell’armadietto, ma gli altri quattordici chili di cose importanti devono stare fuori, li lasciamo in custodia alla ragazza che distribuisce le chiavi degli armadi, appoggiati accanto alla sua sedia. Prego Hakan di farle capire che siamo fratelli e se per caso il mio zaino sparisce, il mio viaggio è finito.
Entriamo in acqua, al caldo. L’acqua è satura di bicarbonato ed è imbevibile, ma un assaggio è d’obbligo. Non si tratta di una piscina convenzionale, ma di una grande vasca dalla quale emergono le rovine del palazzo che sorgeva qui, semisommerse dall’acqua. Il fondo è irregolare e bisogna stare attenti a non urtare i pezzi di colonne scanalate mentre ci cammina. Poco dopo il nostro ingresso entra una trentina di asiatici, venuti fin qui dalla Mongolia per visitare Pamukkale. È strano vedere le nuvole di vapore sollevarsi dall’acqua, non sono mai stato in una piscina termale prima d’ora.
18:54
Dopo ore di ammollo trascino a forza Hakan fuori dall’acqua, per andare a rivestirci e a vedere come sta il mio zaino. Non c’è più la stessa ragazza di prima, perciò nel prendere lo zaino faccio sapere che sono il proprietario. Nessuna reazione. Domando ad Hakan di chiedere se la sua collega ha detto qualcosa a proposito di questo zaino, ma a quanto pare nessuno ci stava badando, era solo uno zaino abbandonato. Aveva ragione Hakan quando diceva che nessuno lo avrebbe rubato? Non lo so, diciamo che è andata bene e basta.
Per ultimo, resta da visitare il teatro di Hierapolis, che ha subito numerosi ampliamenti e ha le dimensioni di quello di Efeso. Arriviamo al tramonto, giusto in tempo per avere ancora un po’ di luce. Hakan fa due chiacchiere con il guardiano e cerca di offrirgli da mangiare, ma quello rifiuta e quindi ci penso io a contribuire a finire i biscotti.
Prima di uscire Hakan si ferma un attimo a pregare, mentre io ricarico un po’ il telefono e le batterie attaccato ad una presa nel bagno. Sto per riempire la borraccia, ma Hakan mi ferma e insiste per darmi la sua acqua, che non è clorata. Ora usciamo perché il sito sta chiudendo e siamo rimasti solo noi.
C’è una strada lunga che aggira Pamukkale, ma io ovviamente propongo di scendere scalzi dalla strada di stamattina, per rivedere le piscine naturali un’ultima volta. Hakan mi segue e ben presto ci ritroviamo a camminare alla luce delle torce sulla roccia bagnata, fredda e rugosa. La situazione è comica, siamo soli e ci chiediamo quanti altri turisti lo abbiano fatto in questa stagione.
19:40
Andiamo a cenare qui vicino, prima il mio amico si è informato su quali piatti tipici ho assaggiato finora e ordina una frittata con wurstel di bovino a fettine, da dividere, e un piatto di köfte e verdure a testa. La frittata è una di quelle pietanze che si mangiano afferrandole con un pezzo di pane, invece delle posate. È strana l’assenza di maiale, devo ancora abituarmi. Per concludere Hakan vorrebbe farmi assaggiare un dolce che qui non hanno, quindi andiamo a cercare un altro posto tra i ristoranti vicini. In realtà si sta facendo tardi e tra poco lui deve andare. Non è venuto in macchina come immaginavo, ma rientra a Istanbul in autobus, lo aspettano quattro o cinque ore di viaggio e arriverà verso l’una o le due.
Ci sediamo a bere un tè in un locale da dove si può tenere d’occhio la fermata dell’autobus. La proprietaria ci ha appena consegnato i bicchierini quando arriva il piccolo bus e Hakan si precipita fuori per fermarlo. Esco a salutarlo mentre la signora dà una mescolata la suo tè e lo trasferisce al volo in un bicchiere da asporto.
Resto solo nel bar, perciò inizio a scrivere e nel frattempo ricarico le batterie. Dicono che mi possono ospitare fino a oltre mezzanotte, non c’è problema.
Dopo un paio d’ore arriva Mohamed insieme a suo cugino, che bevono un po’ di vodka allungata e mi chiedono da dove vengo. Dopo un po’ Mohamed resta da solo e facciamo due chiacchiere al suo tavolo. Ha circa cinquant’anni ed è il proprietario di un paio di ristoranti asiatici qui in paese. Ieri ha vinto 200.000 euro giocando d’azzardo e domani dovrebbe andare a ritirarli insieme al cugino. Se tutto va bene si trasferiranno a vivere in Georgia. Tutto questo me lo può raccontare perché sa l’inglese, è figlio di genitori turchi ma è nato in Canada e parla inglese e francese. Non è marito di Neşelık, la proprietaria, né il padre di Kian, il figlio di lei, come avevo pensato all’inizio, e non sono neanche parenti. Si informa su dove dormirò stasera e mi sconsiglia il bosco, meglio andare a campeggiare in riva al lago qui accanto, che è anche sorvegliato. Non mi convince molto la proposta, quindi mi propone di stare qui nel giardino sul retro del caffè, che è recintato. Scambia qualche parola con Neşelık e dice che mi possono affittare una camera per solo 50 lire. Io non ho bisogno di una camera, quindi lui mi mostra il giardino sul retro. C’è un solo albero e dormire per terra in questo giardino spoglio non mi entusiasma per niente, ma è brutto rifiutare l’ospitalità così.
Tra i vari discorsi della serata, Mohamed mi fa notare che il biglietto di ingresso di Pamukkale è lo stesso per tutti, turchi e stranieri. Dato il leggero aumento da 78 a 110 lire a testa, una famiglia turca si può scordare di pagare un tale salasso. Non sarebbe difficile stabilire una tariffa inferiore in modo che gli abitanti locali possano accedere alle meraviglie di casa propria, che al momento sono riservate ai turisti. In Costa Rica o in Bosnia ad esempio funziona così in modo da consentire a tutti l’accesso, facendo pagare di meno ai padroni di casa.
Dopo un’ora e mezza Mohamed se ne va e ben presto il caffè chiude. Neşelık mi spiega gentilmente come raggiungere il lago dicendo: “A domani, buonanotte.” Ha risolto garbatamente l’equivoco di uno che ha venduto il suo giardino senza permesso.
Felice dell’equivoco, me ne vado in cerca di un posto come dico io. Non ci penso neanche ad andare al lago, visto come funziona bene la sorveglianza da queste parti l’ultima cosa che mi serve è un luogo in vista e qualcuno che sappia dove sono. Torno nella zona di bosco di ieri, ma cambio anche valle per sicurezza.
2:30
Monto l’amaca e vado a letto, la giornata è stata già abbastanza piena.

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