Lezione di ieri: Non lasciarti abbattere dall’Himalaya, pensa ai portatori sherpa e al loro fardello.
Lunedì 04/07/2022 Kharikola (Solukhumbu, Nepal)
Ieri mi sono lasciato alle spalle 14 chilometri, che non sono male considerando le mie condizioni non ottimali. Si può fare molta strada lo stesso, non importa, l’avevo già imparato con Forack in Scozia. La scalata al Ben Nevis con la febbre rimarrà tra pagine dei giorni memorabili, anche se non siamo arrivati esattamente in cima. Al ritorno abbiamo preso un’acqua che ci sarebbero voluti gli stivali, ho passato tutta la sera ad asciugare gli scarponi con il phon del campeggio.
Oggi invece delle scarpe bagnate ho una gamba che perde sangue. Infilando i calzettoni ieri sera mi era sembrato di sentire una strana incrostazione sulla caviglia, e infatti mi ha morso una sanguisuga. La disgraziata giace rinsecchita nell’amaca, niente più che un grumo marroncino. C’è solo qualche macchia sui pantaloni, perché Elegretel il marsupio ha raccolto il resto, salvando eroicamente l’amaca. Dorme sempre con me perché contiene il portafoglio e se ne sta sotto le gambe al calduccio.
Scosto il bordo del telo e c’è un cane, quieto quieto, che prende il sole sull’erba aspettando che spunti fuori l’uomo che porta il mio odore. Si sposta un po’ più in là mentre rifaccio lo zaino nell’angolo del campo in cui ho dormito e poi trotterella via soddisfatto. Lo saluto e parto di buona lema sui primi due chilometri, che sono in piano. Non me la sento ancora di mangiare, fino a ieri sera non stavo bene e preferisco dare un giorno di ferie al povero intestino.
La mattina oggi è soleggiata, che tiene il morale alto ma la strada in salita fa sudare. Con tutto questo peso addosso mi devo fermare spesso per raffreddarmi e riposare le gambe. Guardando indietro, le case sono ricoperte con un rettangolino ritagliato dal cielo blu sovrastante. Il cielo in realtà sembra integro, forse qui importano i tetti dall’estero.
Anche più tardi verso l’una, quando il cielo si copre di nuvole, è necessario potersi fermare ogni pochi minuti, ma per fortuna questa strada è disseminata di case e ostelli, ciascuna con un muretto coperto dalla falda del tetto di lamiera.
Immaginavo di dover salire fino al Khari La, il passo, ma la strada principale disseminata di ostelli passa duecento metri sotto. Era bello superare il passo vero e proprio, ma non ce la faccio, sarebbe troppa salita. Poco alla volta raggiungo Bupsa, incontrando una coppia di escursionisti coreani che parlano pochissimo inglese ma mi sconsigliano di scendere fino a Surke perché “non buona”. Forse si riferiscono alla strada, ma cosa devo fare aspettare che si asciughi?
Come avevo immaginato, la mulattiera sconnessa che scende a Surke oltre a essere piena di cacche di mulo è anche un po’ infangata nelle conche tra i sassi. Non è una novità, sono è tutto il giorno che la strada ha quell’odore lì. Basta camminare sui sassi, che sono puliti perché i muli non sono equilibristi come le capre. Ci sono tantissimi muli qui, per trasportare su e giù vettovagliamenti vari, soprattutto le bombole di gas usate per cucinare. È da ieri che incontro delle carovane in continuazione.
Passata Surke, il cielo è grigio ed è quasi sera, continuo il più possibile ma appena inizia a piovere batto in ritirata a monte di un tornante, allestendo al volo il mio tetto blu, mentre la pioggia aumenta rapidamente di intensità. Ci sono altri due desperados lungo il sentiero che si fermano per estrarre dallo zaino qualcosa per coprirsi. Li invito a salire qui ma mi rendo conto che non ha senso, loro una casa ce l’hanno, e anche dei vestiti di ricambio.
Mentre preparo l’amaca faccio la spiacevole conoscenza di una sorta di ortica gigante che cresce qui, con delle veree proprie spine verdi. È una goduria scivolare e appoggiarci la mano sopra, pur avendole abbatute.
Mi infilo all’asciutto in amaca, a valutare il cammino di oggi e a pianificare le mie ambizioni di domani. Non è mai facile perché l’umidità che produco si condensa sullo schermo del telefono e il touch screen non funziona più. Io sono tutto umido, dove lo asciugo? Lo scaldo e un po’ migliora, anche se scrivere un messaggio resta un’impresa.