Clandestino, by Manu Chao

Lezione di ieri: occhio a come allacci il marsupio.
Martedì 14/12/2021 8:34 Sofia (Bulgaria)
Oggi è il gran giorno, addio Sofia. Nei miei sogni avevo immaginato di svegliarmi due ore fa e scrivere un altro post, ma erano i miei sogni, appunto. Doccia, colazione, zaino e saranno già le undici.
11:01
Finito, quasi, ma lo zaino è fatto e posso andare a consegnare la chiave dell’ostello. In questi giorni ho fatto più volte i conti dei soldi spesi e avrei perso le tracce di dieci leva, ma ce li ho sempre avuti in tasca in realtà, sono la cauzione della chiave. Tutto liscio, per sessanta secondi non devo pagare niente, anche perché alla reception c’è Priscilla, la ragazza brasiliana, che sicuramente è più flessibile della Tina. A quanto pare ieri c’è stato un malinteso, Yuri e Luiz hanno aspettato tre ore fuori dalla porta perché la proprietaria pensava che se ne stessero andando o qualcosa del genere. Non so se hanno rivisto i 6 leva di multa, però. Quando me ne vado la proprietaria sembra dispiaciuta, forse l’ho giudicata male e dal suo punto di vista siamo in buoni rapporti. Non lo so, mi pare che qui l’unica cosa importante sia pagare e fumare sul terrazzo, il resto è irrilevante e si può accomodare con “sory sory sory”. Da quello che ho visto, a quei monelli bulgari che fumano meth in sala ha rifilato una sgridata e una patacca.
Comunque sia, è ora di salutare tutti e andare a visitare un po’ di chiese, perché per il momento ho visto soprattutto degli ospedali. In un attimo si riuniscono Carlos, Julian, Lena e Luiz, ci scambiamo i contatti e Luiz mi racconta che ogni volta che si mette in spalla lo zaino sente in testa la stessa canzone. Al “clac” della fibbia della fascia lombare, si risveglia Manu Chao cantando “Solo voy con mi pena, sola va mi condena…”
Imbocco l’uscita, per poi trovare Yuri davanti al portone. Facciamo due chiacchiere su come fare l’autostop da Sofia a Tirana e gli offro un biglietto per l’Albania, cioè il pezzo di cartone bianco che conservo in camera da quand sono arrivato. Secondo me è fattibile trovare un passaggio diretto fino a Skopje. Probabilmente non bastano venti minuti, magari serve un giorno intero, ma prima o poi qualcuno che vada fino là lo si trova.
Come ho già detto a Lena e Luiz, loro tre sono stati la parte migliore di Sofia, di gran lunga. Ci incontreremo di nuovo, da qualche parte.
È ora di andare, forse non è il giorno migliore di tutti perché nevica, ma la neve è meglio della pioggia, buona parte ti rimbalza addosso.
Visito qualche chiesa qua e là, quelle più belle che in questi giorni ho visto solo da lontano, durante i miei spostamenti. Tra queste c’è la chiesa di San Giorgio, costruita nel quarto secolo quando questa città si chiamava Serdica ed era la capitale della Dacia Mediterranea, parte dell’impero romano. È sopravvissuta al periodo comunista, nascosta nel cortile interno di un edificio a quadrilatero.
Per ultima c’è la cattedrale di Alexander Nevsky, con le cupole dorate. Come mi ha anticipato Lena, all’interno i soffitti sono affumicati dalle candele e senza illuminazione diretta, dando l’idea che il soffitto sia altissimo, perché si perde nella penombra. Comunque sia, il soffitto è effettivamente molto in alto, sarà ad almeno trenta metri di altezza solo nella navata, per non parlare della cupola centrale. Davanti all’iconostasi, a sinistra, c’è anche un cofanetto con un pezzetto di una costola di Alexander Nevsky, con davanti quattro viaggiatori italiani. Li saluto all’uscita dalla cattedrale e mi spiegano che si sono appena conosciuti poche ore fa, solo le due ragazze viaggiano insieme. Io pensavo che ci fossero solo spagnoli a Sofia, invece loro hanno incontrato diversi italiani in questi giorni. Uno in particolare è appassionato di fotografia e di viaggi e dice che presto inizierà a girare per il mondo a sua volta, per il momento si sta ancora documentando perché vorrebbe far diventare i viaggi il proprio lavoro.
Mentre parliamo di sta preparando una parata militare per portare una corona di fiori alla tomba del milite ignoto sepolto nel parco qui davanti. Mentre i corpi militari provano la marcia e la coreografia, decido che è proprio ora di avviarmi, altrimenti non riuscirò mai a uscire dalla città prima di sera.
16:10
La città è ancora troppo vicina e nessuno si ferma. Non ho intenzione di restare fermo per ore aspettando un colpo di fortuna, quindi quando vedo che non funziona mi sposto. La contrattura non si è sciolta del tutto e inizia a farsi sentire, specialmente quando faccio le scale. Temevo peggio, ma la calzamaglia che mi ha regalato Davo fa miracoli sotto a questi pantaloni leggeri. Solitamente la indosso soltanto di notte, ma adesso sarà meglio non toglierla per qualche giorno.
“Facciamo un ultimo tentativo all’uscita di quel negozio di arredamento, se non funziona neanche così vuol dire che se ne riparla domani mattina.” Niente da fare, non si ferma nessuno, oggi si resta a Sofia.
A stare fermo mi è venuto freddo e devo anche andare in bagno, che fare? Potrei andare a cercare un marsupio di qualità in quel negozio a quattro piani che ho visto prima, dove vendono vestiti di marca e attrezzatura per attività all’aperto. Se trovo tutto risolvo tre problemi in un colpo solo.
Il calore c’è. Il bagno per i clienti è nascosto in un angolo, dietro le giacche, ma c’è anche quello. I marsupi non mancano, ma non sono fatti come dico io. O si tengono in cintura, ma hanno poche tasche, oppure sono a tracolla, larghissimi e con tutti gli scomparti che mi servono. Niente vie di mezzo, peccato. C’è un elemento molto interessante, le torce frontali della Petzl. Trovo anche la mia, modello Actik Core, che a Reggio Emilia costa 54 euro, considerando il 10% di sconto sul prezzo base di 60 euro. Qui è in vendita a 112 leva, cioè 57 euro. Ha senso, lo stesso prodotto ha lo stesso prezzo, non è che costa meno produrlo se lo si vende in un paese o in un altro. Lo stesso vale per gli altri prodotti che ci sono qui, sono gli stessi prezzi che vedevo in Italia. Un marsupio di Jack Wolfskin costa parecchio, mentre fuori di qui si trovano solo marsupi Nike e Adidas a 10 o 15 euro. La vita qui non costa meno, la si fa costare meno, c’è una bella differenza.
Qui ho finito di assorbire calore, il morale è alto e si tratta solo di portarlo giu al piano terra. Piano piano posso fare tutti i gradini, nessun problema. Varco la soglia con i guanti da neve già addosso e porto in giro la mia bolla di calore lungo la strada che porta a Plovdiv. Adesso ho una meta, il bosco di una piccola riserva chiamata parco-museo Vrana, situata fuori dalla città. Non è male essere ancora bloccato qui, così ho l’opportunità di visitare un’altra parte di Sofia.
Le ultime case che vedo sulla sinistra, prima delle ultime industrie, sono delle abitazioni malconce con il tetto di lamiera. Il cortile è ingombro di vecchi oggetti accatastati, ma dalla finestra aperta si vede la luce di un televisore da almeno cinquanta pollici.
19:07
La riserva è qui a sinistra, ma c’è un cancello chiuso. Guardando meglio oltre il cancello c’è una garitta con dentro la guardia che sta guardando il cellulare. Di qui senza dubbio non si entra, ma almeno l’interno è protetto dagli estranei, buono a sapersi. Il perimetro è recintato con una rete molto bassa e sicuramente c’è almeno un passaggio.
In effetti, dopo alcune centinaia di metri c’è un pezzo di recinto scostato e una bottiglia di plastica dal lato opposto. Era prevedibile che il primo varco fosse utilizzato come bivacco dai migranti. È troppo lontano dal centro per i senzatetto, ci vuole mezza giornata per arrivare qui e qui c’è più freddo che in centro.
Un chilometro dopo imbocco una sentiero che costeggia la riserva e finalmente trovo il secondo passaggio. Non mi è tanto chiaro il motivo di questo recinto, ma probabilmente se potesse entrare chiunque il bosco si ridurrebbe a un porcile in appena una settimana.
All’interno c’è qualche sentiero, infatti ho letto che gli abitanti di Sofia vengono da queste parti a correre o per fare una passeggiata nel verde. Attraverso la prima striscia di bosco, supero una macchia di prato con un pupazzo di neve e torno tra gli alberi, addentrandomi abbastanza da essere invisibile. È proprio un bel bosco misto, che sembra abbastanza ricco di specie arboree. I sempreverdi non sono solo abeti bianchi e pini, ma ci sono anche parecchi tassi. Il tasso non è solo un animale o un rapporto tra due valori, ma è anche un albero. Tra le essenze europee, fornisce il legno migliore per costruire archi, rosso e duro all’intero e giallo ed elastico all’esterno.
Quando si è smesso di combattere con archi e frecce si è continuato ad abbattere i tassi per il loro legno colorato e per questo motivo è quasi scomparso dai boschi. Adesso è una specie protetta e nel Sud Europa non è facile vederlo in natura.
Il bosco è ancora relativamente giovane e ci sono molti giovani alberi sul terreno, perciò non è immediato trovare un posto in cui appendere l’amaca. Qui il rumore delle macchine quasi non si sente e non c’è pericolo di avere visite notturne perché il cancello è sorvegliato, direi che sarà una notte tranquilla. Metto a dormire Manu Chao che ha cantato ininterrottamente da quando ho salutato Luiz e poi vado a letto anch’io.

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