Bahatin, Sabahtin e Tahasin

Lezione di ieri: Il Kurdistan turco non è un posto pericoloso come lo si dipinge.
Lunedì 17/01/2022 7:27 Batman (Turchia)
Presto, meglio fare lo zaino perché sicuramente ci vorrà un po’.
Mentre preparo l’ultima pastiglia di antibiotico, Nazgül va ai fornelli e inizia a preparare una frittata ai funghi per colazione. Da quant’è che non mangio dei funghi? Sono almeno tre settimane ma sembra una vita.
8:28
Abbiamo appena finito di mangiare e bisogna uscire in fretta, non avevo considerato che Nazgül tende a uscire di casa all’ultimo momento, proprio come faccio io. Zaino, scarpe, cartoni, via! Uh, anche la tanica, meno male che me la sono ricordata.
Usciamo, giù al piano terra, un bell’abbraccio e buona fortuna, ciao Nazgül!
9:00
Il bastone!
Non so dove sia andata Nazgül, Lazgin non risponde al telefono e ci sono due serrature tra noi due. Temo che sia arrivato il momento di dividerci amico mio. Il mondo è pieno di bastoni, ne troverò un altro.
Ora via verso Nord, se tutto va bene partendo così presto riuscirò ad arrivare a Van prima di sera, dove mi aspetta Fatih Şimşek, un altro contatto di Couchsurfing. Da oggi entro in una zona in cui le temperature mi impediscono il campeggio, quindi devo per forza dormire al coperto finché non arrivo al mar Nero.
In men che non si dica si ferma una macchina con a bordo quattro uomini di mezza età. Uno scende, mi aiuta a mettere lo zaino nel baule insieme alle loro valigie e ripartiamo. Che ne è stato di quello che abbiamo lasciato sul marciapiede? Non lo saprò mai, è una domanda troppo complessa.
Ora sono in macchina con gli scioglilingua Bahatin, Sabahtin e Tahasin. Il primo è l’autista, il terzo è seduto accanto a me e parla poco, ma Sabahtin è un vulcano di domande. Prima di essere sommerso riesco a sapere che sono colleghi e comprano e vendono oro a Batman, dove abitano. Stanno andando a Bitlis, non so per quale motivo, ma sicuramente hanno fretta perché Bahatin pesta sull’acceleratore come il mio amico Mors quando guida in montagna. Non posso guardare davanti a me perché devo tenere lo sguardo fisso su Sabahtin, che è perennemente voltato verso di me per parlare.
Lui ha quarantasette anni e due figli, ma da me vuole sapere che lavoro faccio, cosa ho studiato, con chi sono stato a Batman, cosa porto e dove andrò stasera; un fiorino. Gli spiego che ho un’amica a Batman che mi ha ospitato, ignaro del fatto che il turco è come l’inglese: kız arkadaş equivale a girlfriend e significa fidanzata, non vuol dire amica-femmina. In inglese e in turco si dice solo “amico” e il genere si deduce dal contesto. Subito dopo specifico che ho un fidanzato a Van e sto andando da lui. Con i complimenti di prima e lo stupore di adesso, Sabahtin mi fa intuire che forse non ho detto quello che intendevo.
Superato il fraintendimento, possiamo passare al prossimo, parlando di relazioni internazionali della Turchia. “La Turchia e l’Italia vanno d’accordo, la Turchia e il Gürgistan vanno d’accordo. Turchia e Fransa mica tanto. Turchia e Sürye non vanno d’accordo e neanche la Turchia e lo Yunanistan.” Non posso più trattenere le risate. Va bene che il Gürgistan è la Georgia, ormai ci sono abituato, ma che diavolo è lo Yunanistan?
Ebbene, per esclusione sembra che lo Yunanistan sia nientemeno che la Grecia. Le sorprese non finiscono, perché a quanto pare Donald Trump era presidente dell’A.Be.De., che non è un’agenzia segreta ma la traduzione di USA in turco. Quando in Italia dicevamo SUA almeno ci si poteva arrivare, ma ABD è decisamente criptico.
“Riccardo, sei cristiano o musulmano?” Me l’hanno già chiesto in tanti e nessuno si scandalizza nello scoprire che un italiano è cristiano, anzi se l’aspettano. In Turchia messuno se la prenderà con voi se dite di essere induisti o calvinisti o cattolici, così come nessuna persona normale lo farebbe in Italia. Forse in altri paesi sarà diverso, ma ho dei seri dubbi a riguardo. Il fatto che i giornali riportino solo le notizie delle auto bomba davanti alle chiese non ha niente a che vedere con il resto della popolazione di questa parte di mondo, che non ha alcun interesse nelle cosiddette guerre sante. Non è questo il punto, il punto è che i musulmani spesso hanno letto sia il Corano sia la Bibbia, quindi Sabahtin e Bahatin mi incoraggiano a leggere il Corano. Non si sa mai che lo trovi interessante e decida di convertirmi come ha fatto Yusuf Islam. “Scusa, chi sarebbe questo Yusuf Islam?” “Ma come non lo conosci? È famosissimo!” No, non lo conosco, non ascolto molta musica turca. Per farmi capire, cerca questo cantante su internet. “Si chiama… Giat Steve”. Non sto capendo, lui gira il telefono e mi mostra la pagina Wikipedia di Cat Stevens, alias Yusuf Islam. Dopo questa siamo a posto.
10:05
Siamo a Bitlis, un passo di montagna con l’ennesimo posto di blocco dell’esercito. Li ringrazio molto e Sabahtin mi lascia il proprio numero, così se ho qualche problema lo posso chiamare per ricevere aiuto.
Mentre riordino le mie cose, uno dei militari di guardia mi chiede di dove sono, ma per una volta non devo tirare fuori il passaporto da sotto la maglia, si fida della mia parola.
Quassù c’è un freddo gelido, nonostante sia in pieno sole. Per fortuna dopo pochi minuti si ferma una coppia in pensione che sta andando verso il lago. Dopo le prime parole in turco Bayram taglia corto e chiama sua figlia, che sa l’inglese e mi aiuta a spiegare che mi dovrebbero scaricare a Tatvan. So solo il nome di lui perché le mie scarse conoscenze di turco si limitano alla prima e seconda persona singolare, è sempre problematico essere in macchina con più di una persona. In più non sono molto loquaci, quindi mi limito a bere un bicchier d’acqua e godermi il caldino.
11:45
Ecco il lago! È bellissimo il contrasto tra le montagne imbiancate di neve fino alla riva e il blu della distesa d’acqua. Sono abituato ai laghi italiani che mitigano il clima circostante, ma qui il lago Van non produce l’effetto sperato. Cioè, probabilmente mitiga il clima, ma nel senso che mantiene le temperature notturne intorno a -10°C invece di farle inabissare verso i -20 gradi che ci sono a Muş. Siamo a 1700 metri di quota dopotutto, non è il lago di Garda.
Bayram e sua moglie mi lasciano davanti ad una scuola superiore, proprio mentre suona la campanella. Pochi istanti dopo escono gli studenti a prendere l’autobus accanto a dove sono io. Mi giro e si leva un coro di “çok güzel” (bellissimo), perché evidentemente i lineamenti italiani sono molto apprezzati dalle ragazze turche. Sono in tre, una mi chiede di dove sono, la seconda il mio nome. Divento marito seduta stante dando il mio cognome alla terza. Finiti i çok güzel è il momento dei çok soğuk (ciok souk), che vuol dire molto freddo. Mi rincuora sapere che non sono l’unico ad avere freddo, ma questi turchi stanno decisamente esagerando, è da quando sono a Göreme che ogni volta che aprono bocca inizia con çok soğuk. Piantatela, tre settimane fa c’era meno ventisei e ci si poteva lamentare, ora fa caldo.
Non sono interessate a me solo le ragazze, arrivano dei çok güzel anche dai ragazzi che mi chiedono da dove arrivo. Sono confuso, ma una cosa è certa: se c’è qualche italiano che non riesce a trovare una fidanzata, compri un biglietto per Ankara e venga quaggiù a Sudest. Troverà una fila di belle ragazze ad attenderlo.
Con tutti questi studenti intorno non riesco neanche a guardare chi arriva, ma per fortuna il freddo pungente li dirada in fretta e permette ad Aihan di vedermi e accostare.
Aihan ha quarant’anni e sta andando proprio a Van a incontrare la propria compagna. Deve passare da casa un attimo e poi partiamo. Ci sono 140 chilometri tra Tatvan e Van, con tre paesini in mezzo. Vorrei tanto sapere con che frequenza fanno il pieno i turchi, perché le loro macchine alimentate a lire consumano quanto le nostre macchine che vanno ad euro. Qui il carburante costa quasi la metà rispetto all’Italia, ma le distanze da percorrere sono enormi. Forse non è un caso che Aihan sia proprietario di un ristorante e che la maggior parte delle persone usi i pullmini bianchi per spostarsi.
Dato che Aihan è ha un ristorante, ci passiamo davanti per ordinare un kebab. Il kebab è solo per me, Aihan si ferma in doppia fila, abbassa il finestrino e urla “dürüm” al cuoco. Un minuto dopo mi arriva una borsina con ayran e kebab da asporto. Il pagamento è una sigaretta, in fondo Aihan è il capo.
Partiamo verso Van, mentre mi gusto il miglior kebab della Turchia sul lungolago di Tatvan. La strada non costeggia tutto il lago, ma si allontana nell’entroterra innevato, in un paesaggio che deve essere perfetto per fare escursioni durante l’estate. Aihan si ferma un paio di volte per farmi fare qualche foto nei punti migliori, specialmente davanti all’isola Akdamar. Quest’isola venne scelta dal sovrano del regno armeno di Vaspurakan come residenza. Nel X secolo d.C. furono eretti qui un palazzo reale, una cattedrale e un monastero. Mille anni dopo, nel corso del genocidio degli armeni, i monaci furono massacrati, il palazzo distrutto e venne saccheggiata la chiesa. Da allora i bassorilievi esterni della cattedrale sono stati utilizzati come bersaglio di tiro e gravemente danneggiati, finché nel 1951 arrivò l’ordine di abbattere anche ciò che restava degli edifici rimasti. Si è salvata solo la chiesa, grazie ad un contrordine arrivato durante i lavori di demolizione.
14:10
Nel pomeriggio arriviamo a Van, una città distante alcuni chilometri dal lago e ricoperta di neve. Pattinando sulla neve pressata mi dirigo verso l’unico ostello di Van, perché Fatih mi ha già anticipato che non riuscirà ad ospitarmi stanotte, ma ci incontreremo comunque oggi pomeriggio. Mentre attraverso la città faccio anche qualche telefonata a casa, approfittando del tepore del sole.
15:40
Tre metri prima di raggiungere la porta dell’ostello mi chiama Fatih, c’è è proprio qui dietro l’angolo. Andiamo a sederci in un bar per fare due chiacchiere al caldo. Il bar teoricamente sarebbe ancora chiuso a quest’ora, perciò ci possono servire solo un bicchiere di tè, senza neanche farci pagare.
Fatih è paramedico e lavora su turni di 24 ore all’ospedale di Erciş (Ergish), situato a Nord del lago, a soli cento chilometri da qui. È rientrato stamattina ed è oggettivamente devastato, mi sento un po’ a disagio perché praticamente dorme in piedi. La conversazione langue, ma che cosa si può pretendere, poveretto? Tra l’altro deve seguire un corso di tedesco tra poche ore.
Fatih sta imparando il tedesco perché intende trasferirsi in Germania, dove lo stipendio è nettamente migliore, essendo proporzionato al costo della vita. Quello che mi ha interessato del suo profilo è il suo approccio a Couchsurfing. Mi racconta che, fino a qualche anno fa, i ragazzi turchi usavano Couchsurfing come se fosse Tinder, cioè una piattaforma online per incontrare le ragazze. Non è vero che l’uso di Tinder è così a senso unico, ma di fatto c’è una forte sproporzione tra maschi e femmine, un po’ come su Couchsurfing. Ora la situazione è migliorata, dice, e c’è un po’ più profondità nelle richieste che riceve. Mi rendo conto che sto facendo domande solo io, è meglio andare e rivederci domani. Non serve, perché per lui è già ora di andare a lezione, forse ci rivedremo stasera.
19:10
L’ostello di Van non è più un ostello. Costa poco, d’accordo, ma hanno trasformato i dormitori in stanze private. Inoltre la famiglia che lo gestisce non sa mezza parola di inglese, ma in compenso sono gentili e offrono tè grissini e datteri come aperitivo.
Dopo un paio di bicchieri di tè vado in camera al calduccio, spiaggiato nel letto aspettando che finisca la lezione di Fatih, tanto non dovrebbe durare molto. Mentre aspetto apro Instagram e trovo un “Ciao” inviato da una delle tre ragazze di Tatvan. Nessuno è in grado di scrivere Riccardo con due c, tantomeno Palladini, inoltre non ho nemmeno una foto profilo. Come diavolo hanno fatto a trovarmi, lavorano nella CIA?
22:00
Fatih si è appena fatto vivo, le lezioni sono finite poi fa e lui è già a casa a riposare. L’ho aspettato per niente e tra poco mi sa che andrò a letto anch’io perché sono un po’ stanchino.

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