Petra e Andraž

Lezione di ieri: Con uno zaino grosso 15 km iniziano a sentirsi sui piedi, conviene usare le ruote.

Domenica 24/10/2021 9:06 Socerb (SLO)

Avevo intuito che avrebbe fatto freschino a causa del vento e della quota, ma non pensavo che il vento continuasse a raffiche tra zero e 12 nodi fino alla mattina dopo. Alle 9 ci sono ancora 6°C. Comunque ho dormito, mi sono svegliato dopo quattordici ore abbondanti, uscendo finalmente dal bozzolo del sacco a pelo. Durante la notte, ogni tanto sognavo i parenti o la famiglia a casa e dicevo sì sì, domani ci penso io. Ma poi pensavo “No, sono in Slovenia, domani non posso passare da Reggio.”

Sotto il sole già alto mi sono incamminato verso Kastelec su un altopiano con un grande pascolo costellato da gruppetti di pini e querce e tantissimi cespugli color rosso vermiglio. Ecco da dove provenivano i mazzi di fiori che ho visto ieri in mano agli escursionisti.
Nel giro di un’ora arrivo sulla strada per Kastelec, che però è ancora lontano. Inoltre oggi aspiro ad arrivare a Ljubljana, distante quasi 100km. Visto che la Slovenia è il paese più sicuro tra quelli in lista, perché non provare con l’autostop, visto che il posto è adeguato?
Neanche mezz’ora e la seconda macchina che si ferma è quella giusta, sono due uomini sulla quarantina, di cui uno parla sloveno e italiano e l’altro sloveno e inglese: perfetto.
Dicono che mi possono portare fino a Divača, a 15km, ma che poi sarà lunga arrivare a Ljubljana. Fortuna vuole che sia domenica, ho qualche chance in più di trovare un passaggio lungo la statale 409 per Ljubljana.
Qui inizia il bello: lungo la strada vecchia passano in pochissimi, svoltano tutti per l’autostrada. Quei pochi che tirano dritto vanno forte e non si fermerebbero mai. Provo a spostarmi più avanti cercando una curva o un rallentamento qualsiasi, ma il prossimo paese dista parecchi chilometri. Dopo un’ora, verso le 13 decido che è il caso di mettere qualcosa sotto i denti, imbocco un sentiero e accendo il mio fornellino a legna, nuovo di zecca.
Un pezzetto di biglietto del Flixbus, due rametti, accendino e via che si scalda l’acqua. Oggi la cambusa offre un autentico porridge scozzese, comprato nel 2019 a Edimburgo. Lo conservavo apposta per il giro del mondo.
Il porridge liscio è solo per veri intenditori, quindi evito di offrirlo ai passanti, che non coglierebbero i tenui sapori delle Highlands.


14:00

Ho nuovo piano: provare con l’autostrada.
Torno sui miei passi e poi sbaglio strada, ma trovo un pezzo di cartone pulito, perfetto per il mio pennarello nero. Ne taglio un pezzo col coltellino e imbocco un sentiero che taglia per il bosco fino alla rotonda per imboccare l’autostrada. Non è un sentiero secondario, tutt’altro, incontro un sacco di passeggiatori lungo il tragitto.
Alla rotonda, mi piazzo appena prima di una piazzola di sosta col pollice in su, lo zaino in spalla e il cappello in testa. Per un’ora e non si ferma nessuno, ma sto ancora sperimentando, è divertente lo stesso vedere i cenni e le smorfie di scusa di autisti e passeggeri.
Non va, cambio lato della rotonda perché questo ormai è in ombra. Il posto dall’altra parte è un po’ meno favorevole, ma dopo mezz’ora faccio centro!
Un campervan con a bordo una coppia sulla trentina accosta e mi fa cenno di salire. Vanno proprio a Ljubljana, fantastico.
I miei autisti si chiamano Petra e Andraž (credo si scriva così, ma la ž si pronuncia come “je” in francese, diventa Andrej) e mi raccontano che quando avevano vent’anni hanno girato spesso in autostop, visitando la Slovenia in lungo e in largo. Adesso qui è raro vedere un autostoppista, un po’ come in Italia.
Nel frattempo la Slovenia scorre fuori dai finestrini, fatta di due cose: montagne boscose e boschi montuosi. Niente a che vedere con l’Italia.
Chiacchierando scopro che lavorano entrambi, ma lei può lavorare da casa perché non è vaccinata, lui ha avuto il covid qualche mese fa ed è proprietario di una carrozzeria, quindi lavorerebbe in ogni caso.
Da loro vengo a sapere che in Slovenia le restrizioni per i non vaccinati sono ancora più rigide che in Italia, qui senza green pass non si può nemmeno fare la spesa al supermercato, ma solo nei piccoli negozi. Per il resto ci sono le stesse norme, mi sembra, solo che meno del 50% degli sloveni è vaccinato, quindi qui le restrizioni hanno un peso sociale maggiore.
Erano entrambi alla manifestazione di mercoledì scorso nella capitale, respinti dalle forze dell’ordine con idranti e lacrimogeni.
Non sono vaccinati per una questione di principio, non per timore del vaccino o chissà cosa.
Basta, siamo arrivati a destinazione. Mi faccio portare con loro ad un fast food che vende un cibo tipico, il Burek. È una specie di serpente di sfoglia, che si è avvolto su se stesso per digerire il ripieno.
Non accettano la carta, solo contanti. A parte i cento euro che ho addosso, di difficile accesso, i miei spiccioli non bastano. Faccio per andare al bancomat, ma Andraž mi ferma e offre lui.
Lo ringrazio più volte e lui taglia corto con “Now you will say we were nice people.”
Tra alcune centinaia di macchine sono gli unici ad essersi fermati, mi hanno portato a destinazione prima del tramonto e mi hanno anche offerto il pasto. Se non hanno buon cuore loro, chi c’è l’ha?

Ora: si fa sera, non ho idea di come sia fatta Ljubljana, ma appiccicato alla città sembra esserci un varco spazio-temporale per il centro Italia, il parco di Tivoli.
È come avere i boschi delle colline di Reggio appena fuori dalla circonvallazione. Troppo facile così, con le ultime luci vado a imboscarmi.
Il parco inizia come un giardino con un piccolo castello, ma poi le strade di ghiaia diventano sentieri in mezzo a querce, castagni, faggi e noccioli: sono in collina a Reggio.
Con la torcia trovo un buon posto, appendo l’amaca, appoggio lo zaino su un ramo e buonanotte.

4 commenti su “Petra e Andraž”

  1. Matteo Lasalvia

    “Se non hanno buon cuore loro, chi c’è l’ha?”
    Frase stupenda! Speriamo tu possa incontrare molte altre persone come loro!

    P. S. W l’autostop!

  2. Interessante il fornellino a legna! mamma mia faccio fatica ad immaginare come tu sia riuscito a portare tutto in circa 15 kg, già lo zaino da solo pesa 1-2 kg!

    1. Ah già forse non l’ho scritto, lo zaino pesa 1,8 kg. Il problema è soprattutto il volume del contenuto, al peso via via ci si abitua. Al momento attuale, settanta giorni dopo, lo zaino è arrivato a 19,5 chili a causa delle confezioni di cibo lasciate a metà o mai aperte carne in scatola, lenticchie, riso e lo stesso porridge che ho aperto in Slovenia, ce n’è ancora metà.

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