Mario

Lunedì 14/08/2023 Mare delle Fiji (Fiji)
Stranamente, il capitano ha un’aria un po’ stanca, così alle due va a fare un pisolino prima dell’inizio del proprio turno. Strano davvero, praticamente non dorme mai!
Alle tre e mezza, Charlotte riemerge dal tambuccio, distrutta. Ha una faccia come se non dormisse da mesi, infatti sono mesi che non dorme un accidente. Ora che siamo lontani da Warren e la bonaccia aiuta a distendere i nervi, la stanchezza le si sta abbattendo addosso. La guardo da dietro la ruota del timone, con già un’idea in mente. “Capitano”, mi piace da matti chiamarla capitano, sembra proprio di essere su una nave, “Capitano, io vedo una possibilità. Le condizioni del mare e del vento sono tranquille come non mai, e io potrei stare qui altre tre ore, così ci sono sette ore per riposare come si deve da qui al tuo prossimo turno. Che ne dici, può funzionare?” Il piano è approvato, così Charlotte torna a sdraiarsi sul materasso e finalmente dorme.
Questi alisei sono sonnacchiosi come il capitano e portano un leggero moto ondoso. la tela pesante del genoa sbatte spesso e bisogna tenere il controfiocco aperto a forza con un tangone. I venti leggeri sono la specialità di noi marinai di lago, lo sanno bene Giulio e Davo, i miei soci di vela sul lago di Garda. Negli anni abbiamo sperimentato mille trucchi per ritornare in porto senza dover pagaiare per un’ora. Così non mi annoio di certo in questo pomeriggio ozioso. Ogni pochi minuti si sgonfiano le vele, così mi arrampico sullo specchio di poppa a indovinare ad occhi chiusi la direzione del prossimo refolo, come un rabdomante del vento. Deve essere buffo da vedere, perché il vento si sente al meglio sulla punta del naso e sulle guance, quindi ci si sente un po’ come un cane da fiuto.
Durante il pomeriggio, finalmente vedo i primi pesci volanti. Raph ne ha visti alcuni qualche giorno fa, e non mi ha detto niente perché stavo dormendo. Charlotte invece ha visto dei delfini il secondo giorno, ma non ha detto niente perché dormivamo tutti. Mi sono lamentato con entrambi, dannazione. I pesci volanti sono incredibili, sbucano fuori dall’acqua per paura della barca, poi planano sopra al cavo delle onde. Se perdono quota, si danno una spinta con la punta della pinna caudale e scavalcano la cresta dell’onda in arrivo.
Trentasei miglia più tardi passo il timone a Raph. Adesso abbiamo undici nodi di vento, stabili, e finalmente la barca viaggia come prima. Il vento stabile ci permette di ridurre i giri del motore, che può finalmente tirare fiato. Un’ora più tardi il frastuono incessante di questi giorni diventa un leggero brontolio, poi finalmente tace. Abbiamo navigato a motore per cinquantadue ore consecutive, ma finalmente abbiamo ritrovato il vento.
La notte è tranquilla, il vento cala ma poi si riprende e all’indomani soffia a più di quindici nodi. Per noi queste condizioni sono l’ideale. All’alba di martedì Magali mi aiuta a fare un altro punto nave. Non ho ancora finito il primo, ma non vedo l’ora di esercitarmi anche con le stelle. La difficoltà sta nel tempismo, perché bisogna effettuare le osservazioni quando l’orizzonte è già nitido, ma si vedono ancora le stelle. Nel poco tempo a disposizione riesco a rilevare quattro stelle, ben distanziate tra loro. Adesso ritorno ai calcoli dell’osservazione del sole di ieri, che non sono ancora finiti.
Anche oggi non possiamo timonare, perciò teniamo d’occhio l’orizzonte e ci godiamo la pace surreale della navigazione a vela. Secondo me il pilota automatico manovra il timone molto più di Charlotte, ma forse anche lei si astiene dal timonare per correttezza nei miei confronti. Mi piace interpretarla così, mentre guardo il pilota automatico che si diverte.
Le onde sono in aumento e spesso si infrangono sopra la prua. Sfortunatamente, il verricello dell’ancora non può essere a tenuta stagna, perciò adesso l’acqua entra anche da prua e dobbiamo pomparla fuori più spesso. Charlotte decide di adottare una soluzione temporanea, così andiamo tutti a prua a costruire un cappuccio per il verricello. La protezione di fortuna è un autentico Art Attack di pluriball, nastro isolante, tela impermeabile, elastici e corde. È proprio lì a prua, parlando del coso, cioè il pilota automatico, che emerge di nuovo la necessità di un nome. Propongo Mario, come Super Mario, come mio zio Mario e come il soprannome che mi ha dato Kale quando lavoravo a Gisborne. Viene approvato seduta stante e già che ci siamo decidiamo che il computer di bordo si chiamerà Luigi. Fatto, almeno uno dei nostri problemi principali è risolto.
Durante il turno ho finito i calcoli del punto nave di due giorni fa, ho disegnato la mappa ingrandita della zona geografica dove ci trovavamo e intersecato la nostra rotta con l’osservazione del sole. Inaspettatamente, la posizione calcolata si trova ad appena un miglio di distanza dalla nostra posizione reale in quel momento. Successo! I calcoli dell’osservazione delle stelle invece non tornano, devo rileggere un pezzo del libro per capire che cosa sto sbagliando. È buffo da pensare, ma probabilmente sono già il massimo esperto di navigazione celeste nel raggio di centinaia di miglia, niente male. Charlotte e Raphaël mi hanno detto che gli piacerebbe imparare, ma a. tempo debito. Ovviamente per Charlotte non è certo il momento.
A mezzogiorno, a causa del lavoro del timone automatico le batterie sono già vicine al 70%, perciò è già ora di accendere il motore e ricaricarle. È stato bello, finché è durato.

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