Lezione di ieri: non bisogna lasciarsi sedurre dalle rotondità della bicicletta, ma pensare con lucidità.
Martedì 28/02/2023 Auckland (Nuova Zelanda)
La vista è notevole da quassù, con la baia di Manukau seminascosta dalle fronde degli alberi. Devo raggiungere il wifi della biblioteca, lavare me stesso e un paio di vestiti, fare la spesa e infine spostarmi verso il centro dell’isola, in modo da essere più comodo a raggiungere il lavoro, appena lo trovo. È una giornata niente male.
Mentre raccolgo le suppellettili, un paio di piccoli uccellini saltellano tra i rami dei pini, poi con noncuranza si posano sulla corda dell’amaca e tornano sui pini. Non stanno mai fermi, che è normale per gli uccellini, ma il fatto strano è che hanno paura di me come si può essere spaventati da un ciuffo d’erba. Si vede bene che nessuno li sfiora dal 1890, accidenti.
Lascio lo zaino in cima per un’urgenza, torno dal bagno lavato e pulito, parto verso il wifi. Passo lungo la strada di ieri, incontrando lo stesso tizio di ieri sulla soglia di casa. Ieri sera era ubriaco. Mi viene incontro per scambiare due parole, dice di chiamarsi Bryan, mi mostra con orgoglio la propria casa. Noto per caso la sua cavigliera grigia, che sembra un antitaccheggio da negozio di scarpe. È agli arresti domiciliari, ecco perché si è fermato sulla riga del cancello.
Risolvo tutte le mie commissioni due ore prima del tramonto, così mi dirigo a lunghe falcate verso l’autostrada numero uno. È ora di mettere alla prova la proverbiale propensione dei kiwi per l’autostop. A quanto pare è semplicissimo.
Scrivo il cartello, aspetto un minuto, due, fatto! Salgo su un furgone diretto a Pukekohe, insieme a un certo Polao. Polao ha trentotto anni ed è originario di Tuvalu, nazione micronesiana di dodicimila abitanti. Per ogni venti famiglie che emigrano, il paese perde l’1% della popolazione. I genitori di Polao sono venuti a vivere in Nuova Zelanda dodici anni fa, perciò Polao parla fluentemente la lingua dei propri antenati. Ha tre figli e lavora ad Auckland, impermeabilizza fondamenta. Ha cercato una casa in città, ma non si trova niente per meno di un milione di dollari. La casa a Pukekohe costa la metà, che comunque non è poco. Chiacchierando scopro che l’università di suo figlio costa più o meno come in Italia, circa duemila euro all’anno, ma qui gli studenti ricevono ottanta dollari mensili per coprire le spese dei trasporti. Un altro aspetto molto interessante che emerge, mi aiuta a capire come fanno a sopravvivere i senzatetto di Auckland. Ricevono una paga settimanale, che ritirano al martedì. “Ecco perché al martedì sera sono tutti sbronzi”, aggiunge Polao. Non si tratta di un vero e proprio Reddito di Base Universale (UBI, Universal Basic Income), ma direi che ci va abbastanza vicino. Ne ha diritto chi ha perso il lavoro, chi non ce l’ha ma lo cerca, chi non può lavorare, chi ha figli a carico e molte altre categorie. Dopo i paesi in cui sono stato finora, Australia e Nuova Zelanda sembrano il paradiso terrestre. Io in paradiso non mi aspetto di trovare i ranger che mi fanno la multa, perciò si salva solo la Nuova Zelanda. Tiè!
Polao mi accompagna fino al distributore di Bombay hill, ci scambiamo i contatti e mi allunga trenta dollari. Insiste più volte e io non sono Hakan, li accetto e li segno nella mia lista dei debiti immaginaria. È così lunga che Paperino farebbe volentieri a cambio. Mentre sto ancora ringraziando Polao, dalle mie spalle giunge un “Ti posso portare da qualche parte?”
Trevor sta andando verso Hamilton, perciò accetto al volo e salgo a bordo con lui e la compagna Alena. Io sono seduto davanti, Alena invece è sdraiata sul materasso nel retro della macchina. Hanno circa l’età di Polao, Trevor ha i capelli cortissimi e una leggera barba, Alena ha lunghi capelli biondi e ondulati, intonati alla felpa gialla. La parte migliore dei due è sicuramente il forte accento neozelandese. Ahh, che bello, questo sì che è un accento, l’inglese di Auckland era così insipido!
Anche Trevor mi offre dieci dollari, ma questa volta riesco a declinare l’offerta. Altrimenti divento ricco. Pesta sull’acceleratore e partiamo a tutta birra, con Alena che protesta perché viaggiamo a trenta chilometri orari sopra il limite dei cento. Trevor fa battute a raffica e si sta divertendo così tanto che manca lo svincolo per Tauranga, così proseguiamo fino a Hamilton e oltre. Fumano una sigaretta a combustione, proveniente da un pacchetto da venti che costa 33 dollari. Li lascio allibiti raccontando che dall’altra parte del mondo un pacchetto da venti si svende a soli nove dollari. “Ma veramente?” Eh sì.
Pensavo di fermarmi vicino al campeggio di Kaipiro, ma mi convincono che è meglio stare vicino a Cambridge, per trovare un’altro passaggio verso Taupo. Mi fido, ci scambiamo il numero di telefono e Alena si siede davanti, con grande sollievo.
Incerto sul da farsi, faccio una camminata esplorativa lungo il fiume, cercando un altro wifi. Io sicuramente ho dei pregiudizi nei confronti dei neozelandesi, che per natura fanno cose pazze, ma è normale che sui ponti ci sia scritto “Vietato saltare dal ponte”?
Camminando al buio, imbocco il sentiero dei poeti, in una zona verde jn riva al fiume. È un po’ troppo umido per i miei gusti, non campeggerò qui, però la zona è affascinante. Il sentiero si inoltra in una boscaglia di felci arboree, che creano un’atmosfera a mezza via tra Jurassic Park e Avatar. Mentre seguo il sentiero nel buio pesto, mi faccio guidare dallo scricchiolio della ghiaia sotto i piedi. È così che noto quelle piccole lucine azzurrognole ai bordi. Inconsciamente immagino che siano lucciole, ma all’improvviso mi ricordo di un’altra bestia endemica di queste terre: i vermi luminescenti delle grotte. Forse non vivono solo nelle grotte. Accendo la torcia e non vedo un accidente, solo terra. Bisogna fissare la lucina blu, accendere la torcia all’improvviso e taac, eccolo lì il filino di seta con le gocce appiccicose.
Inizio della rubrica dell’ecologo:
I vermi luminescenti sono stadi larvali di vari gruppi di insetti, tra i quali anche le lucciole. Nel caso della Nuova Zelanda è stata descritta una sola specie, Arachnocampa luminosa, che fa parte di un gruppo di insetti volgarmente detti moscerini dei funghi. Filano seta e gocce di liquido appiccicoso, per intrappolare altri piccoli insetti. Per attirarli usano la luce blu, con un funzionamento analogo alle lampade antizanzare. Da adulti vivono solo tre o quattro giorni, perciò hanno trovato un modo per divertirsi quando sono ancora piccoli. Normalmente producono molti fili, a decine, perciò hanno bisogno di un riparo dal vento, altrimenti gli si ingarbuglia tutta la trappola ad ogni folata. Qui all’aperto due centimetri sono già un successo. Quando un moscerino si impiglia nei fili vischiosi, la larva aspira il filo come uno spaghetto, con la polpetta appesa in fondo.
Dopo sei-nove mesi di spaghetti alla chitarra, in inverno le larve si impupano e in due settimane escono dal bozzolo. Al momento di sfarfallare si sposano subito, non devono pensare al rinfresco di nozze perché tanto non mangiano. Vanno direttamente in luna di miele e poi è già tutto finito, resta giusto il tempo per deporre le uova.
Di solito sono del tutto innocui, ma possono causare forti crampi addominali negli italiani in astinenza da pasta.
Fine della rubrica dell’ecologo.
Meravigliato da questa scoperta sconvolgente, torno sui miei passi. Vado a pernottare sul fiume, ai bordi di un campo da golf. Anche questa sera sono in alto sopra l’acqua e molto vicino al bordo. Mi aspetta una bella vista domattina.
Intanto monto il telo blu, perché piovvigina.