La bicicletta ammaliatrice

Lezione di ieri: Tenere un giornale di viaggio pubblico limita ma responsabilizza il viaggiatore.
Lunedì 27/03/2023 Auckland (Nuova Zelanda)
Sono già le otto e mezza, ieri sera non ho scritto niente, ma bisogna che raggiunga Dove. Preparo lo zaino e mi prendo un momento per realizzare un altro dei buoni propositi per la Nuova Zelanda: ricominciare a praticare il karate. Mentre mi sto ancora rassettando, passa un giardiniere pubblico che approfitta per fare due chiacchiere. Si chiama Trevor, non è sposato e sta spruzzando il diserbante sul bordo dei sentieri. La manutenzione qui è meticolosa come in Australia. Ne approfitto per domandargli come sia possibile che ci siano così tanti senzatetto in un paese dove la manodopera scarseggia e le offerte di lavoro piovono da ogni parte. È pigrizia, dice lui, combinata con il prezzo proibitivo degli immobili. Lui torna al proprio camion e io ripasso qualche kata, prima di tornare in piazza.
Trovo Dove da un biciclettaio, che sta comprando una vecchia bici da corsa un po’ rugginosa per dodici euro. Mi viene da pensare che sia rubata, ma una riflessione più attenta, insieme al proprietario, mi fa pensare che sia semplicemente troppo logora per essere rimessa a nuovo e troppo antiquata per competere con le altre bici usate che formano la catasta che c’è nel cortile. Con un salario neozelandese comprare una bicicletta nuova è poca cosa, chi mai comprerebbe questi ruderi, altrimenti?
Ci sarebbe una bici anche per me, ma sono molto molto dubbioso. È un affare incredibile, avrei una bici per risparmiare ore e ore negli spostamenti, potrei essere munito di un mezzo di trasporto autonomo come richiedono molti datori di lavoro. Potrei iniziare un ciclotour dell’isola del Nord e spostarmi facilmente tra le riserve naturali. In qualche modo posso ridistribuire questi ventiquattro chili di zaino in modo da averne solo dieci sulla schiena. Però una bici è anche una responsabilità, mi preclude quasi del tutto l’autostop e devo tenere d’occhio anche la bici insieme allo zaino. Però sarebbe meraviglioso avere una bici, praticamente gratis. “Tu pensi troppo.” commenta intanto Dove, che sta cercando un catenaccio in un mucchio di cianfrusaglie.
Pensa pensa, alla fine la risposta si fa strada nella mia mente di ciclista obnubilata dalle ruote a raggi. Sono mesi e mesi che stringo amicizie grazie all’autostop, e proprio ora che sono nella destinazione più importante, lascio perdere e viaggio da solo? Ma siamo pazzi? Niente bici, è deciso, a meno che sia strettamente necessaria per lavorare.
Dove ha già completato l’acquisto, bici e catenaccio per ventidue dollari, così andiamo a fare la revisione, chiacchierando. Mi racconta più dettagliatamente del proprio viaggio, di un suo amico inventore e delle proteste nello Yukon. Alla fine la foresta è stata tagliata, ma un anno di proteste hanno ritardato i lavori e causato ingenti perdite alla compagnia coinvolta. Che cos’ha imparato navigando per otto mesi? A parte i nodi e l’arte della vela in generale, ha imparato soprattutto che i capitani tendono a considerarsi autocrati della propria isola galleggiante. A me sembra assolutamente normale, forse perché sono a mia volta capitano, ma Dove si riferisce ai metodi dispotici ai quali è stato sottoposto lungo il viaggio. Non tutti i capitani hanno metodi umani e lui si è dovuto accontentare.
Dopo la revisione del vecchio van, che soffre di diversi acciacchi, torniamo nella solita piazza, finché Dove decide di andare. Forse ci rivedremo, forse no, io mi dirigo verso Sud, in cerca di nuovi lidi. Due ore dopo, attraversando la superficie ondulata di Auckland, raggiungo la baia di Manukau.
C’è bassa marea e qualche trampoliere sta sondando la sabbia in cerca di molluschi. C’è un airone appostato su uno scoglio e due martin pescatori che scrutano l’acqua bassa in cerca di prede. Non so perché i martin pescatori sono così colorati, questa specie è coperta di penne dai riflessi metallici, di un verde petrolio invidiabile.
Mi riprendo dalla scarpinata e poi seguo il sentiero lungo la costa, che riporta vicino al supermercato, dove c’è il wifi. Il sentiero passa attraverso un parco che fu inaugurato nel 1890 dai proprietari terrieri locali. Già allora qualcuno si interessava al verde pubblico, e gli effetti sono evidenti ancora oggi.
Resto a lungo nei pressi del wifi della biblioteca, per poi tornare al sentiero della costa, in cerca di un angolo fuori dalla vista. Questa notte non voglio avere a che fare con le zanzare, perciò questa scogliera di arenaria sarà eccellente. Mi appendo a due grandi pini, che trattengono il terreno in cima al pendio. Più che un pendio forse è uno strapiombo, a qualche metro dall’amaca. Fa molto meno freddo di ieri, probabilmente perché il cielo si è annuvolato.

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