Mai tradurre parole senza contesto

Lezione di ieri: per una carta d’identità, nome, cognome e data di nascita possono bastare.
Domenica 11/12/2022 Samarinda (Indonesia)
Come al solito, è già tardi e Acmad è già uscito. Sì, è domenica, ma l’università non chiude mai. Qui a casa abbiamo ancora del risotto, che diventa la mia colazione. Come spiagavo ieri alla Gualtier, l’abitudine dei biscotti a colazione è scomparsa quando ho varcato il bosco al confine tra Italia e Slovenia. Qui sono talmente distante che i biscotti a colazione potrebbero essere altrettanto credibili come dieta dei marziani. Qui un pasto senza riso non è un pasto vero, i panini al latte non riempiono. Io per fortuna mi posso adattare a tutto e diventare più indonesiano degli indonesiani stessi. Non è tutto adattamento, devo ammettere di avere anche una predispodizione genetica,da parte del nonno Beppe. In famiglia è noto per la sua passione per il riso, in particolare grazie ad un famoso aneddoto, dei tempi di quando mia mamma era piccola. La nonna Teresa venne a sapere che il nonno si lamentava con gli amici che la moglie non preparava quasi mai il riso. Colta nel vivo da queste calunnie, la nonna e le sue due figlie decisero di costringerlo a ritrattare, cucinando solo riso per una settimana, a pranzo e a cena. Il nonno forse non si accorse nemmeno di tutto questo, mangiava talmente di gusto che la nonna cedette prima che la settimana fosse finita, non se ne poteva più di mangiare solo riso.
Il pomeriggio è fatto di scherzi e di scrittura, mentre Efendy e Budhi lavorano ad un progetto a computer. Conosco anche le loro rispettive fidanzate, che restano fino a sera. Già che ci siamo Budhi mi insegna che da ora in poi devo rivolgermi a Efendy con “jancok” (gianciòk), che vuol dire bello. Certo vuol dire bello, sicuramente non è un’oscenità, come è già capitato parecchie volte a Gənjə e a Tehran. Meglio chiedere a google traduttore che cosa significa. Viene tradotto con “cute” (carino), il ché suscita risa sguaiate tra i presenti. Provando con l’italiano, la traduzione è “fidanzato”. Ancora più risate. Jancok è sinonimo di keparat ed è meglio non usarlo per esprimere il proprio amore. Bisogna stare attenti con tutte queste lingue in giro, è un attimo sbagliarsi e chissà quante parolacce ho detto mentre cercavo di ricordarmi delle parole difficili.
Tiro dritto a scrivere, arriva Jimmy con la spesa per tutti e poi ritorna anche Acmad, tardissimo. Ha avuto una marea di incontri con amici e colleghi, è già tanto che lo abbiano rilasciato.
Mi offre di fare un giro in moto notturno, in lungo e in largo nella città. Però mangiamo, per prima cosa. Ho accettato a condizione di pagare io questa volta, ma alla fine non c’è verso e paga tutto lui. Io non insisto neanche più di tanto ormai, ma accetto stupefatto, ogni volta di più. Ho accumulato un carico di riconoscenza enorme e questo mi fa riflettere molto, sin da quando ero a Iğdır, nel Kurdistan turco. È da laggiù infatti, che vedo raramente degli scambi di denaro tra amici o ciascuno pagare il proprio conto. Anzi, in questo momento non mi viene in mente nessuna situazione simile. Nella mia esperienza accade quasi sempre che sia uno solo a pagare per tutti.
Con tutta questa meraviglia davanti agli occhi, non faccio che chiedermi se questo sarebbe applicabile anche da noi.
Andiamo fino davanti alla casa dei genitori di Acmad, poi a casa di Ami, di uno zio, di un cugino, davanti al centro commerciale principale di Samarinda, nei quartieri popolati dalle prostitute e in quelli del mercato ortofrutticolo. Non è proprio come in Italia, le prostitute hanno addirittura il rossetto, non portano l’hijab e hanno le gambe scoperte. È sufficiente a dare nell’occhio, da queste parti, mentre aspettano davanti a casa o in sella alla moto. Anche il mercato è singolare, visto che sono le due di notte. A bordo strada, disposte in ordine su teli e banchetti, ci sono tutte le verdure immaginabili, parecchia frutta, pesce secco e spezie. Ovunque c’è un fitto viavai di clienti, alle due di notte. Ma sono matti? No, forse la notte è il momento migliore per vendere le verdure, in modo che non appassiscano dopo dieci minuti a causa del sole implacabile di mezzogiorno. Inoltre a quest’ora c’è meno traffico e la il cibo si impolvera meno. Anche se ha assolutamente senso, resta una scena surreale. In realtà anche i piccoli negozi di alimentari, tabacco e benzina sono sempre aperti, nella speranza di servire un cliente in più. Forse le famiglie che li gestiscono fanno dei turni, altrimenti non me lo spiego.
Ci spingiamo persino di là dal fiume, dove i rimorchiatori trasportano senza sosta le chiatte piene del carbone delle miniere. Montagne nere nella notte nera.
A casa restiamo svegli ancora, finché il letto mi chiama e io ci rotolo dentro. Cioè, il letto, il sottile materasso steso sul pavimento della mia piccola camera pressoché spoglia.

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