Giorno 2: una lucertola bellissima

Lezione di ieri: Vacci piano con le dosi.
Domenica 03/07/2022 Ringmu (Solukhumbu, Nepal)
Come previsto, ecco gli uccellini a darmi il buongiorno, insieme alla pentola del riso freddo. Mi ricorda tanto quel riso della foresta a Ooty, nel Tamil Nadu, ma questa volta non c’è il pesce secco di dubbia igiene e dubbia cottura. Lo mangio poco a poco, mentre raduno le mie cose e travaso l’olio di soia nel suo nuovo contenitore. L’olio qui si vende nei sacchetti come in India, perciò ho dovuto comprare due bottiglie d’acqua per il trasporto. La marca dell’olio di soia si chiama Swastik, infatti c’è una grande svastica bianca sulla confezione gialla.
Stipando bene, nello zaino ci sta quasi tutto, tengo fuori solo la pentola con il riso, il binocolo e la giacca.
7:30
Si parte verso Taksindu La, ruminando riso. Mi serve un nuovo bastone prima di iniziare a scendere i 1500 metri di dislivello oltre il passo. Trovo uno stecco lungo e sottile che sarà ottimo per scendere, problema risolto. Non è solido come l’altro ed è molto sottile rispetto al solito, ma è bello solido ed elastico. Un’ora dopo sono al passo, che non sarebbe stato un buon posto per campeggiare perché è piuttosto abitato. In cima c’è un portale colorato, con i famosi rulli buddisti allineati nelle nicchie laterali. Non so come si chiamano, sono quei cilindri girevoli con le preghiere scritte in rilievo. Passando si spingono con la destra per far scorrere la preghiera.
Ho finito il riso, che con il burro forse sarebbe stato decente, ma con quest’olio insapore non ne potevo più.
Mi lancio a capofitto nella discesa a gradini, sbaglio strada e così ammorbidisco un po’ la pendenza aggiungendo un paio di chilometri. È solo così che trovo una lucertola verde smeraldo, lunga una spanna. Ricorda moltissimo una lucertola di plastica che ho da quando ero piccolo.
Arrivo a Nunthala, dove c’è una grande scuola con il tetto rosso che spicca da lontano. Mi fermo a riposare all’ingresso del paese perché piovvigina leggermente ed è bene tenere le scarpe asciutte. Proprio di fronte a me c’è l’impianto di smaltimento dei rifiuti, cioè tre pareti di sassi con una pila di cenere e rifiuto secco che brucia poco a poco. Mi torna in mente che ci sono delle borsine nella tasca esterna dello zaino. È da un po’ che devo esaminarle perché non so più che cosa contengano. Briciole unte, un seme di mango, un seme di mango e un altro seme di mango, con relative bucce. Non ci sono affezionato e forse è ora di disfarmene, insieme fanno almeno un etto.
Riparto verso valle sotto il cielo coperto, che rispecchia le mie aspettative rispetto al mese del monsone. Ho il presentimento che il riso stia percorrendo l’intestino a lunghe falcate, infatti verso l’una se ne va, lasciandosi dietro solo una leggera nausea. Poco dopo inizia a piovere e mi affretto a recuperare lo zaino e raggiungere la casa che c’è a fondovalle. Sotto la falda del tetto c’è un muretto all’asciutto, così mi sdraio lì aspettando che smetta. Non fa tanto freddo, quaggiù ci sono dieci gradi in più rispetto a Taksindu La. Approfitto della pioggia e riposo, considerando tra me e me che avere l’apparato digerente in panne il secondo giorno potrebbe creare qualche disguido al mio piano per ridurre il peso da trasportare. Pazienza, è andata così, chissà se è stato il riso crudo, l’olio o le troppe spezie.
Dopo un’ora e mezza la pioggia è finita, fisso il ponte davanti a me e mi decido a ripartire, ancora con la pancia sottosopra. Piano piano salgo a Jubing, con una lena ben diversa da quella di ieri. Guardo i gradini e salgo un po’, li riguardo e ne faccio un’altra decina. Non so se arrivo a Kharikola entro sera, sicuramente non arriverò al passo perché i polpacci sono andati.
Mezz’ora prima che faccia buio la salita si interrompe bruscamente in corrispondenza della scalinata che porta al tempio buddista di Kharikola. L’intera costruzione è coloratissima e merita una visita. Se non riesco ad arrivare lassù senza zaino allora posso lasciar perdere i tre passi già da subito. Leggero come una piuma salgo, giro attorno alla stupa e torno giù, facendo girare l’altra fila dei cilindri delle preghiere.
Il paese di Kharikola è ricco di alberi, così installo l’amaca nella penombra e mi addormento al bordo di un campo.

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