Il banchetto di addio

Lezione di ieri: Se non riesci proprio a conversare, mangia e lascia perdere.
Lunedì 05/06/2022 8:40 Lahore (Pakistan)
Perché avrei preferito dormire di più di cinque ore? Semplicemente perché l’India e il Pakistan sono scemi e in quanto nemici impediscono ai propri cittadini di visitare i propri vicini di casa, quindi per tornare di là dal confine ci vorrà un giorno intero di voli e scali. Questa rivalità non causa solo voli inutili, ma ci sono aree visitabili solo con permessi speciali. I due paesi si contendono l’immensa regione del Kashmir, che è un mucchio di sassi e di capre fondamentale per il rispettivo orgoglio nazionale. Senza dubbio sono dei sassi molto belli, ma sono solo strumentalizzati per giocare a un braccio di ferro internazionale. Non si può visitare liberamente la regione, che ha alle spalle una lunga storia di repressione della popolazione locale da parte degli eserciti di entrambi paesi. Tuttavia in questo momento quello che mi disturba più di ogni altra limitazione è la totale assenza di voli tra India e Pakistan. Stasera prenderò un volo per Karachi, domattina sarò a Dubai e domani sera dovrei atterrare a Delhi. Seimila chilometri per spostarmi di 400km, cioè trecento euro di beneficenza alle povere compagnie aeree. D’altra parte, se non producessimo emissioni senza criterio, io sarei senza lavoro.
11:00
Finisco di rilavare gli ultimi vestiti e poi usciamo con Ferzaad, per salutarci con un pranzo di addio. Lungo le strade assolate di Lahore, ascoltando le solite tre canzoni di Ahmad, decidiamo di andare in un ristorante che organizza pranzi a buffet.
È un posto particolare e costoso, ma tanto lo sanno che posso mangiare a volontà e che passerò le prossime quarantotto ore mangiando poco e niente.
Il buffet è enorme, c’è un intero salone ricolmo di cibo, due rettangoli concentrici di pietanze pakistane continuamente rimpinguate dai sei cuochi ai fornelli. Prendo il primo piatto e faccio una bella montagna di carne in umido, di carne alla griglia, di pesce fritto, di sugo sugoso e per finire una bella badilata di riso a chicco lungo. Iniziamo a banchettare in allegria. Appena finito il primo piatto, passa un cameriere a prenderlo. “Non c’è problema posso usarlo di nuovo.” No, ci vuole un piatto pulito, qui siamo in un ristorante di un certo calibro. Altro piatto di dimensioni notevoli e poi un altro. I miei compari sono già bloccati a metà del dolce e mi chiedono quanto sono pieno. Ferzaad aggiunge “Non puoi lasciare il ristorante se non riempi altri due piatti.” Affare fatto, nessun problema, la Georgia mi ha preparato a tutto. Tre piatti in più raggiungerebbero il “livello Georgia”, ma eviterei di arrivare a tanto. Torno a prendere altro riso e altra carne in umido bella unta, perfetta per prepararsi ai tempi di magra. Ci sono tre tipi di carne qui: bovino, montone e capra, ognuna abbinabile con un riso diverso. Chiudo questo memorabile pranzo luculliano con un piatto di dolci e frutta.
Possiamo andare, i finanziatori sono soddisfatti e io potrò iniziare a preoccuparmi di mangiare tra un bel po’.
Sulla via di casa Ahmad si ricorda che avevo espresso il desiderio di prelevare dei soldi per comprare dei manghi, quindi si ferma e ne prende cinque, pagandoli 75 centesimi di euro al chilo. Questi sono lunghi e gialli, un po’ raggrinziti dal sole cocente.
14:40
A casa devo preparare lo zaino e ci metto una vita, ci sono troppi oggetti sparsi nella stanza. Ogni volta che la domestica è passata ha riposto gli oggetti in giro, così mi sono sparite le forbicine e il pettine e gli auricolari. Spero di aver preso tutto, adesso dobbiamo andare perché si sta facendo molto tardi. Magari stavolta divento furbo ed evito di perdere l’aereo come in Oman.
Zaino in spalla, usciamo di casa, varchiamo il cancello bianco e la mia permanenza a Lahore è finita. È finita e non ho catturato neanche un geco, mi è sfuggito pure il toporagno, accidenti.
La strada per l’aeroporto è lunghissima come temevo, ma abbiamo comunque un buon anticipo e possiamo salutarci con calma. Ahmad partirà più tardi per l’Italia, quindi la saluterà da parte mia. È stato un soggiorno più corto del previsto, ma è stato bello denso, nonostante non ci siamo mossi da Lahore. Ci auguriamo buon viaggio e imbocco la strada per l’India, o meglio il volo verso la costa del Pakistan, a Karachi. In dodici giorni non ho speso un soldo.
All’ingresso dell’aeroporto ci sono un paio di poliziotti, mentre passo uno di questi mi chiede da dove vengo. “Vengo dall’Italia.”
“Ah, bene! Hai visitato il Nord del Pakistan?”
Ma vaff… No, non capirebbe la mia ironia, invece di fare brutti gesti gli racconto la solita filastrocca, mentre cerco di trattenere le risa perché questo è decisamente il colmo.
Insalamo lo zaino, voce del verbo insalamare. Qui il rivestimento in cellophane costa veramente una miseria, ma ho scoperto che i miei dieci metri di fune funzionano benone e posso evitare di buttare via della plastica per risparmiare quindici minuti.
Lo zaino è spedito, vado in sala d’attesa e dopo poco si parte per il Sud. Purtroppo non vedrò granché del Pakistan perché il sole alle sette sta già tramontando.
Ben presto mi addormento, ma durante il volo vengo interrotto perché è ora di cena. Non lo sapevo che fosse inclusa, ottimo!
21:55
Atterriamo a Karachi in orario e mi aspettano dieci ore di attesa prima del prossimo volo. Ci contavo, così posso scrivere un bel po’ seduto davanti ai banconi del check-in. Sarebbe anche fattibile se non fossi in debito di sonno per via di un certo condizionatore. Mi inclino sempre di più, finché lascio perdere e mi sdraio con la testa sullo zaino morbido. Sonnecchio tutta la notte, trovando appena il tempo per contattare un potenziale ospite su Couchsurfing, dopo un’attenta ricerca nella lista infinita di Delhi.

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