Lezione di ieri: In Pakistan ai turisti è vietato maneggiare il denaro.
Questa va spiegata, perché forse tra le righe non si è capito che io non ho ancora speso un centesimo di rupia e sicuramente non lo farò tanto presto. A suo tempo, Ahmad mi aveva mostrato un video girato da un viaggiatore americano che si aggirava per un bazar del Pakistan cercando inutilmente di prendere della merce in cambio di denaro. Era impossibile, tutto gli veniva regalato.
Mercoledì 31/05/2022 8:30 Lahore (Pakistan)
Oggi ci svegliamo prestissimo perché Ahmad deve finire la presentazione per la lezione di oggi, negli ultimi due giorni ci ha già lavorato per venti minuti, di cui la metà sono stati spesi su Instagram. Con un’altra mezz’ora venti slides si preparano, l’unica attività degna dei suoi sforzi è la preparazione degli esami di stato pakistani. Per quelli ha studiato un’intera biblioteca e si è sfracellato il metacarpo a furia di scrivere per due settimane di fila.
Mentre esce di casa, arriva la mia dama di compagnia, che sfortunatamente non è una dama, ma un paggio di nome Maajit. Facciamo due chiacchiere poi Maajit esce e ricompare con il suo shisha, un narghilè. Non abbiamo parlato moltissimo, ma mi ha consigliato di andare a vedere il Nord, ci potete scommettere. Io avevo pensato di scrivere e quando lui inizia a consultare il cellulare torno alle mie attività.
Mi lascia solo soletto mezz’ora prima che torni mamma Ahmad, che è molto soddisfatta perché gli studenti della scuola governativa ai quali ha fatto lezione erano più preparati del previsto in materia di riscaldamento globale. Pranziamo con frittata, pane tostato e tè, seduti sul letto perché qui si mangia sul letto. Sebbene qui si usino i letti, il materasso di Ahmad è compatto come il pavimento. In questa settimana il mio ospite sta stendendo per terra una trapunta pesante e dorme su un doppio strato di tappeti. Ogni tanto mi viene da ridere perché il condizionatore e i ventilatori restano accesi tutta notte per contrastare il caldo, ma Ahmad dorme con una coperta di pile. Tutto questo per spiegare che la durezza del cosiddetto materasso permette di appoggiarci sopra una tazza di tè senza che prenda il trapicco.
15:30
Oggi è il gran giorno, si va a visitare il forte di Lahore! Attraversiamo il traffico caotico del centro, talmente piano che avremmo fatto prima in triciclo. D’altra parte ci sono undici milioni di abitanti che hanno il vizio di spostarsi, è difficile mantenere fluido il traffico. Parcheggiamo in Food street, tra il forte e i palazzi storici trasformati in alberghi. Ci chiniamo per attraversare la porticina situata alla base di un portale di legno e ferro costruito a misura di elefante con baldacchino. All’interno, il forte è abbastanza enorme, pieno di giardini e con la facciata della terza conta di mura ricoperta di piastrelle decorate con elefanti, cavalieri e arabeschi gialli e blu. Ci sbellicchiamo dalle risate quando Ahmad ci racconta di non essere mai stato qui. Dopo un attimo si corregge, il posto gli è vagamente familiare perché tanti anni fa qualcuno lo ha portato qui. Fa ridere lo stesso.
Le mura non difendono la città vecchia, ma i palazzi del bacha, il sovrano. I palazzi sono costruiti su un terrapieno e circondati di guardini. Questi ultimi ricevono decisamente più fondi degli edifici, che avrebbero bisogno di essere restaurati. Tuttavia, chi sono io per insegnare agli altri come prendersi cura del patrimonio culturale, dato che vengo dall’Italia?
Non ci sono solo i giardini, ma anche fontane di marmo bianco e l’immancabile hammam all’aperto, sostanzialmente la piscina per fare il bagno usata dalla famiglia reale. È stata costruita in prossimità di un muro di cinta, così da svettare sulla città sottostante dall’alto dei dodici metri del bastione. Il parapetto è fatto di lastre di pietra sottile e traforata, che permette di osservare il popolo senza essere visti dal basso.
Con il sole prossimo al tramonto, scendiamo nel cortile quadrato della moschea, una enorme spianata circondata da un muro di mattoni rossi, con quattro massicci minareti angolari. Il sole al tramonto è offuscato dalla polvere e dallo smog, che permette di osservare le macchie solari a occhio nudo. Ci sono anche delle controindicazioni per la salute, ma io me ne infischio perché tra pochi giorni sarò ben lontano da qui, nella saluberrima New Delhi. Facciamo che mi godo quest’area di montagna, finché posso. La moschea è decisamente diversa dalle altre che ho visto, se non fosse per la qibla l’avrei scambiata per un portico di lusso. (La qibla sarebbe quella cavità nel muro che è rivolta verso La Mecca) Da lontano è ovvio che si tratti di una moschea, ma l’edificio non ha porte e non ha un ambiente centrale, ci sono solo tre serie di colonne sormontate da volte, in uno stile che ovviamente non ho mai visto. Dopo venti secondi netti, Ahmad è già pronto per andare via, ha visto tutto. È fatto così, bisogna trattenerlo per indurlo a notare quanto sono belle e dettagliate queste piastrelle e quanto sono fotogeniche queste forme architettoniche.
Abbiamo visto tutto, nel senso che in quattro ore abbiamo visitato praticamente tutto quello che c’è da vedere a Lahore.
Possiamo andare a mangiare insieme a Umair, sempre presente. Torniamo nella solita piazza circondata di ristoranti, a mangiare molto pollo, molto riso e molto chapati. Dopo cena Umair insiste e mi compra un gelato. Non è una ciofeca come quei cosi industriali che si trovavano in Iran, ma è un raro esemplare di gelato artigianale al fiordilatte. È tutto un altro gelato, basta a spezzare la malinconia per il gelato italiano.
Ora che la pancia è piena, raggiungiamo il resto della brigata al bar, che non vede l’ora di sapere dove sono stato e cosa ne penso e se vado in qualche altra zona oltre a Lahore. No che non ci vado, è inutile chiederlo di nuovo.
Finito, la conversazione torna in punjabi è io mi dedico a imparare i numeri, che almeno parlano una lingua che capisco.
2:30
Stasera Ahmad deve completare e inviare la richiesta di visto per il Regno Unito. Gli serve un visto di due anni, che costa solo 800 euro. Sono 800 più 110 per depositare le impronte digitali, più i biglietti del treno per andare e tornare da Roma.
Il problema dei visti è che non sono rimborsabili. Se la richiesta non è approvata lo stato inospitale si intasca i soldi senza neanche mandarti una cartolina. Io mi ero già impressionato vedendo il costo del visto cinese, che richiede circa 125 euro e una quantità di informazioni che non conosco nemmeno io. Vogliono sapere precisamente il tuo itinerario e gli alberghi in cui pernotterai. In Europa è ancora peggio, serve una quantità di informazioni smisurata e spesso serve anche una lettera di invito, come quella che ho richiesto per entrare in Iran. Nel visto per Ahmad, il Regno Unito gli chiede se “ha mai espresso, attraverso qualsivoglia modalità o mezzo, opinioni che possano incoraggiare o giustificare atti criminali o terroristici.” Chiedono anche “Sei mai stato coinvolto in altre attività che possano indicare che non sei una persona di buon carattere?”
Vogliono sapere le date esatte di ingresso e di uscita da qualsiasi paese tu abbia visitato negli ultimi dieci anni. Fuori dall’ Europa è facile perché ci sono i timbri sul passaporto, ma è impossibile ricostruire la cronologia all’interno dell’area Schengen. Non ci si può fare niente, bisogna accettare il rischio che il visto sia rifiutato e indicare i nomi dei paesi visitati nelle note. Ahmad è così nervoso che decidiamo di dormirci sopra, nel caso ci venisse in mente qualcosa da aggiungere, durante la notte.
Alle 3:40 andiamo a letto.