Posso dare una mano?

Lezione di ieri: se vuoi dare l’impressione di tentare il suicidio, prima informa tutti quanti così almeno non ti interrompono.
Giovedì 18/02/2022 9:05 Korbouli (Georgia)
Oggi non c’è niente di speciale in programma, mi devo riposare perché ieri sono stato molto a sedere in macchina. Neanche fosse una macchina a pedali.
Domando se c’è qualcosa che posso fare, ma in quanto “stumari”, cioè ospite, non c’è niente che possa fare. Torno a sedere, ma non me la sento di stare al cellulare a scrivere, perché da queste parti quello schermo è una vera e propria dipendenza. Mi disturba dare il cattivo esempio.
Per non stare troppo fermo passeggio, così mandano alla chiesa accanto insieme a Teodore e Avto. La casa di Nikolozi e Sopo infatti si trova accanto al cimitero della chiesa di Korbouli, risalente al dodicesimo secolo e recentemente restaurata. All’interno è molto semplice, costruita in pietra bianca. In piedi davanti all’umbone, Teodore e Avto intonano un canto. In realtà sono venuti qui per prendere qualcosa, torniamo indietro quasi subito. Mi offro di tagliare un po’ di legna dalla quercia ultracentenaria caduta nel cimitero, ma non c’è modo di convincere nessuno. Alla fine Nikolozi mi chiama perché deve andare a fare un lavoro fuori, nell’officina sotto la tettoia. Speravo di avere un ruolo, ma a quanto sembra la mia parte sarà guardare. Cerco di osservare intensamente, ma non mi viene fame, però è l’attrazione migliore e resto comunque.
16:30
Per fortuna arriva Teodore, che propone di fare due tiri con l’arco, che naturalmente è ancora da costruire. Volo con lui nel cimitero per andare a tagliare qualche arbusto adatto. Lo tagliamo di misura, prepariamo le frecce e corro a prendere la corda per arco che ho nello zaino. È una di quelle cose che ho preso “perché tanto non pesa niente.” Mi pare che abbiano finito, ma giustamente Teodore sa che manca ancora qualcosa, perciò andiamo a staccare un pezzo di fil di ferro da una staccionata per appesantire la punta della freccia, che altrimenti volerebbe via senza controllo. Andiamo a fare qualche tiro e il risultato non è niente male, tira abbastanza lontano per essere stato costruito in venti minuti. La precisione dipende da molti altri fattori, è difficile incoccare la freccia sempre nello stesso punto. Purtroppo è già quasi buio, rientriamo in casa.
Prima di cena assisto nuovamente ai numeri preferiti di Elene, di tre anni, che sa correre velocissima dal tavolo alla porta e sa anche scalare lo schienale della poltrona. “Guarda” si direbbe “nakhe”, ma lei non sa ancora pronunciare kh e dice solo “naké, Naké!” La guardo solo io perché tutti gli altri hanno già visto lo spettacolo centinaia di volte.
Stasera dopo cena mi propongo di uscire insieme a Teodore, Luka e Avto, che vanno a fare un giro fuori.
Una volta usciti andiamo verso la strada principale per chiamare Ghio, che per intero si chiama Giorgi e ha l’età di Luka. Sono in buona compagnia, andiamo sotto il tetto della fermata dell’autobus in muratura a fare quattro o cinque chiacchiere. Visto che mi sembrano un po’ più giovani di me, ma non riesco a capire di quanto, perché Luka vive già fuori casa e questo mi confonde. Capisco bene perché ero perplesso, Luka, Teodore e Avto hanno rispettivamente 16,15 e 14 anni, sono nati poco dopo che ho finito le elementari. Anche loro non si aspettavano che io avessi venticinque anni, quindi andiamo benissimo.
Mi vedono annoiato, anche se sto solo scrivendo sul cellulare, così propongono di andare a comprare da mangiare al piccolo market di alimentari lì vicino. Non mi sembra proprio il caso di mangiare, ma visto che ci vanno comunque per sé, il proprietario decide di offrirmi un bicchiere di grappa artigianale, conservata in una bottiglietta dell’acqua. È distillato georgiano, perciò ha una gradazione impegnativa e va bevuto insieme a qualcos’altro. Le caramelle sono per i bambini, quindi per me c’è un pezzetto di prosciutto stagionato, che si può masticare all’infinito. Una specie di chewing gum con il colesterolo al posto dell’aspartame, decisamente più salutare.
Non riesco ancora a capire molto dei loro discorsi fitti, perciò passeggio lungo la strada e faccio qualche telefonata che rimandavo da lungo tempo.
Non ho fatto molto bene i conti con il freddo di Korbouli, perciò vado a fare una corsa, subito seguito da Luka. Mi propongono una gara di velocità, ma va a finire che perdo miseramente. Sui cinquanta chilometri non vado male, ma i cento metri non fanno per me.
Dopo un altro po’ di chiacchiere e telefonate torniamo a casa, prendendo a calci un blocco di ghiaccio finché non si grattugia sull’asfalto. Passando davanti alla chiesa ci si fa il segno della croce, perché è così che si usa in Georgia.
“Che cosa vuoi fare domani?”, mi chiedono. “Io pensavo di ripartire per Gori.” “Noo, non partire, domani andiamo a pesca!” Suona bene, e in effetti Gori si può anche saltare, non è altrettanto importante. Resto anche domani, ho anche il kit da pesca!
1:50
A casa stanno già andando a letto, ma io ho ancora domanda per Sopo. Va bene la convivenza armoniosa, ma “C’è davvero un solo bagno per tutti quanti in questa casa?” È proprio così, sono un po’ sconvolto, a casa mia spesso due bagni non bastano e siamo solo in quattro. Sopo ammatte che effettivamente un bagno solo è poco e stanno pensando di costruirne un altro. Intanto però se ne fanno bastare uno, il ché è decisamente ammirevole. Io in tre giorni non ho ancora trovato il bagno occupato. Annoto questo dettaglio per coloro che a casa hanno la tendenza ad occupare militarmente entrambi i bagni contemporaneamente, ma non faccio nomi.

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