Il giro in Vardzia (Goreme II la vendetta)

Lezione di ieri: un carro armato non è un posto sicuro.
Venerdì 12/02/2022 5:10 Ureki (Georgia)
Sveglia sveglia sveglia, si parte per andare in Vardzia! Oggi niente colazione, meno male perché non sono neanche a metà della digestione della voluminosa cena di ieri.
Mi vesto, prendo anche un po’ di oggetti inutili e nel frattempo Lali prepara il pranzo al pacco, perché qui in Georgia nel pranzo al sacco ci starebbero solo gli antipasti. Per portare il pranzo serve uno scatolone di cartone da 60×30×30 cm. Dentro ci va: una pila di khaCHaPuri, una gallina bollita, formaggio a fette, una specie di tortellini fritti alla crema, ciambelle fritte, würstel, un sacchetto di qualcos’altro che non capisco e tanto paaane. La frutta no perché si sa che fa male, con quel suo succo acido.
6:05
Partiamo, in perfetto orario, cercando di scavalcare al buio i fossati scavati dai lavori in corso sulle tubature dell’acqua. Ieri il ruspista ha strappato un piccolo tubo dell’acqua e non si sapeva come otturarlo. Hanno tamponato la perdita infilandoci un rametto.
Per prima cosa andiamo a Lanchkhuti, perché per fortuna oggi non saremo soli a mangiare, abbiamo ospiti. Salgono a bordo Tamuna e Luka, due nipoti di quattordici e dodici anni, rispettivamente. Ho parlato al telefono con Tamuna qualche giorno fa, ma ci siamo scambiati poche parole. Sa l’inglese meglio del fratello, ma come me alla sua età non si attenta a parlare e preferisce fare da suggeritore.
Prendiamo l’autostrada fino a Khashuri, ma da Zestaponi in poi la strada si riduce a due corsie ed è tutta curve e buche, con un po’ di ghiaccio e neve. Questa è l’arteria principale di collegamento tra le due città più importanti del paese. Andiamo piano, ma a un certo punto – “Oh sheni!” – il tir davanti a noi sbanda sul ghiaccio e fa una lunga suonata con il clacson per avere libera la corsia opposta. Non si fa male nessuno e continuiamo imperterriti, in mezzo ai cantieri dell’autostrada in costruzione. Questo tratto di Georgia è pessimo per costruire una strada dritta, perciò il collegamento tra Kutaisi e Gori è un susseguirsi di viadotti e gallerie, la cui costruzione è affidata ad una compagnia cinese. Brutta idea far costruire le autostrade ai cinesi, chiedete il perché ai montenegrini.
Svoltiamo per Borjomi, raggiungiamo Akhaltsikhe e siamo a soli sessanta chilometri dall’arrivo. Qui inizia il bello, perché la strada asfaltata piena di buche diventa a tratti un rodeo sterrato, perciò bisogna andare a passo d’uomo e fare lo slalom. Duecento metri di asfalto e cento sterrati, mentre il paesaggio ritorna ad essere quello che ho lasciato cinque giorni fa. Gli alberi sono scomparsi, incapaci di crescere su queste montagne di roccia rossiccia. In compenso, se c’è molta roccia ci devono essere anche molto avvoltoi. Allerto tutti quanti, ma riusciamo a vedere solo un’aquila. È così, a Madzharovo mi hanno abituato agli pteranodonti e adesso le aquile non sono altro che pterodattili di second’ordine.
12:11
La strada ritorna asfaltata e guadagnamo velocità, mancano solo venti chilometri, ci siamo quasi…. Accostiamo accanto ad un chiosco, è ora di pranzo. È così, in Georgia non ci sono orari per i pasti, ma il momento di mangiare è adesso. Scarichiamo le scorte alimentari, già intaccate dalla colazione in macchina, e le disponiamo in modo da coprire tutto il tavolo accanto al chiosco. Niente paura, se qualcosa finisce nella scatola c’è ancora altro cibo. Faccio un giro giù per la scarpata che porta al torrente, per lavarmi le mani, poi si riparte verso la meta. Abbiamo scelto il giorno giusto, oggi c’è un sole splendido.
13:05
Quasi in fondo alla valle, sul fianco di una montagna di roccia friabile, è stata scavata un’intera città, come a Nevşehir. Qui però la collocazione della città è decisamente più scenografica, a metà parete.
L’antica città è quasi tutta visitabile e ci divertiamo un bel po’ a esplorare ogni stanza e ogni cunicolo. C’è un monastero ancora attivo, dal quale si accede ad un cunicolo che porta ad una sorgente d’acqua interna alla montagna. Salendo ancora tra magazzini e stanze per fermentare il mosto, si arriva infine alle stanze reali. Ebbene sì, questo villaggio così piccolo e sperduto nelle montagne aveva un re. Peraltro si trattava di un re poco pretenzioso, dato che gli ambienti in cui viveva non sono fastosi come ci si aspetterebbe. Come tutta la città, parte delle stanze è crollata, sgretolandosi progressivamente nel corso dei secoli.
Dopo tre ore di visita c’è l’atto finale: un cunicolo in discesa che porta fino alla base della montagna. L’ultimo tratto di questo passaggio segreto non è percorribile e sbuca chissà dove tra le rocce, al riparo dagli sguardi indiscreti.
Ai piedi della città ancora oggi si coltiva la vite, perché ai georgiani deve essere passata la voglia di scavare, ma non certo la sete. Mentre torniamo alla macchina mi incarico di lanciare qualche palla di neve agli altri, perché è vergognoso lasciare che gli ultimi fiocchi si sciolgano senza assolvere alla propria funzione principale.
16:20
Facciamo qualche ultima foto di addio e ripartiamo verso casa, ma non certo senza fare un’altra sosta al chiosco di prima, perché quel tavolo era davvero comodo e Luka ha già fame. Non per niente ricopre l’incarico di vice-Chamis ministri.
Anche questa volta non siamo soli, vengono a chiedere l’elemosina tre cani e due gatti, che vincono qualche pezzetto di gallina. Io mangio con calma perché è da stamattina che non si fa altro, ma la cuoca mi tiene d’occhio e fa in modo che io abbia entrambe le mani impegnate e le mascelle in funzione. Prima di tornare scendo di nuovo a lavarmi le mani e lascio gli ultimi morsi di khaCHaPuri ad uno dei cani, che ne ha decisamente più bisogno di me.
Pochi chilometri dopo ripassiamo davanti al castello di Khertvisi e mi chiedono se è il caso di fermarci a vederlo. Va bene, sembra interessante e se è gratis potremmo anche entrare. Lancio un’occhiata e vedo che ci vuole il biglietto. Possiamo anche guardarlo da fuori, tanto non credo che ci sia un granché dentro.
Ormai è tardi, ho detto che mi interessa e quindi bisogna visitarlo tutto. “Possiamo guardarlo da qui, non mi sembra il caso di pagare anche questo biglietto, io non lo pagherei.” “Ma guarda che è gratis.” “Ah sì? Allora entriamo!”
Non è vero, volevano solo vedere la mia reazione, perciò adesso si entra. Da oltre la montagna davanti a noi, proprio nello stesso momento, compaiono tre, cinque, sette grifoni. Il castello passa istantaneamente in secondo piano e mi pianto a guardarli con il binocolo. Non funziona neanche questo, vengo trascinato a forza nel castello.
Seguo i grifoni finché non spariscono, così posso dare un’occhiata a questo castello Dale mura esageratamente alte. Si dice che ci abbia combattuto Alessandro Magno in persona, come se questo castello costruito in una valle di sassi fosse assolutamente fondamentale per presidiare la zona. Evidentemente è così, altrimenti non avrebbero costruito un castello tanto grosso.
Il sole sta calando ed è davvero ora di ripartire, altrimenti non arriviamo più a casa. Sulla via del ritorno Tamuna, Luka e io continuiamo a chiacchierare, anche se spesso ci vuole il traduttore per capirsi.
L’ultimo momento di ilarità è in un punto imprecisato sulla via del ritorno, quando ci fermiamo per una sosta bagno. Si tratta di un bagno a pagamento e io non ne ho bisogno, ma tanto insistere non serve a niente e quindi pagano anche per me. Apro la porta e trovo un bagno fetido, ne apro un’altra e anche questo è uguale al primo. “Fa schifo!” Visto che è già buio, vado a farla alla mia solita maniera, en plein air. Non ci sono molte alternative, quindi scendo qualche metro dalla riva del fosso, con la neve che arriva alla cintura. Ci facciamo altre risate per i miei buffi tentativi di fare pratica con il georgiano e si riparte. Temuri inizia a protestare perché gli è sembrato che mi riferissi a lui e la mia reazione gli sembra un po’ esagerata.
“È vero che ho mancato il buco, ma di pochissimo!” Giù risate.
00:25
Ritorniamo a Ureki dopo quattordici ore di viaggio e quattro di visita al posto in cui stavamo andando. Viaggi di questo tipo sono praticamente inconcepibili per un italiano, abituato a viaggi più brevi e soggiorni più lunghi. Da Reggio in sette ore si arriva in Gargano o in Alto Adige. Possiamo fare tutta quella strada, ma restando a destinazione almeno una notte. Qui è diverso, nonostante la Georgia sia un paese decisamente più piccolo dell’Italia, i suoi abitanti la attraversano con la facilità con cui noi attraversiamo il giardino. Noi diremmo che facciamo un viaggio, invece Mariami lo ha definito “un giro in Vardzia”.
Ora che anche l’ultimo giorno è passato, annuncio la mia partenza, che già ho rimandato di un paio o giorni grazie alla proposta del giro in Vardzia. Dopo appena otto giorni che sono qui, le mie parole sono un fulmine a ciel sereno, nessuno si aspettava che ripartissi così presto. Si prospetta una lunga trattativa, quindi suggerisco di rimandare le chiacchiere a domani mattina. Dopo quattordici ore di guida, Temuri inizia ad accusare un po’ la stanchezza ed è crollato sul letto.

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