Samuel e il benessere in Turchia

Lezione di ieri: Attenzione ai commessi volenterosi, anche quando dicono “Lascia che ti aiuti.”
Mercoledì 22/12/2021 11:17 Istanbul (Turchia)
Ho dormito eh, mama se ho dormito. Mi sono svegliato alle sei per salutare Sam, ma di fatto ho tirato dritto a dormire. È vero che qui c’è un’ora in più, ma questo da solo non giustifica la letargìa. Mi ricordo perfettamente di un sogno buffissimo di stanotte, in cui arrivava qui anche mia mamma come ospite. La casa, bisogna dirlo, è piena di peli di gatto e ci sono oggetti sparsi ovunque, trascinati verso il basso dalla gravità e rimasti per inerzia sul pavimento. La cucina invece ha il piano di lavoro tappezzato di stoviglie, alcune ricoperte di polvere di intonaco perché Sam ha iniziato ad installare delle mensole, che giacciono sul pavimento nello stretto passaggio verso il balcone. La scena del sogno era molto breve, mia mamma è arrivata e ha iniziato a girare per la casa dicendo, allarmata, di essere molto preoccupata per la situazione e che dobbiamo fare qualcosa. Non mi ricordo il contesto, ma le parole mi sono rimaste stampate in mente.
Poco dopo compare anche Asal, che mi spiega il significato del melograno in frigo. In Iran l’anno nuovo inizia oggi, dopo la notte più lunga. Si resta svegli fino all’alba come per assicurarsi che il sole sorga di nuovo. Il melograno rappresenta il colore rosso dell’alba. Le chiedo di nuovo il suo nome perché da ieri me lo sono già dimenticato e lei mi spiega che in farsi, la lingua della Persia, asal significa miele. Porta i capelli corti e fa la giornalista freelance. Scrive in particolare dei diritti delle donne in Iran, ma non può farlo dal proprio paese, che è uno dei motivi per cui scrive. Ha trent’anni, ma credevo che avesse un paio d’anni in meno. Colpa degli iraniani di Sarajevo che avevano 37 anni invece di 30, adesso sovrastimo tutte le età.
Molto bene, Asal torna in camera e io mi piazzo sul divano a scrivere, perché in questo momento il blog deve ancora lasciare Sofia. Tra l’altro io so già che la pronuncia corretta è Sòfia, ma ho lasciato credere il contrario.
Mentre scrivo, Salsiña esplora gli odori balcanici del mio zaino e del suo contenuto. Uno degli obiettivi di vita di Sam è crescere una gatta in salute e direi che per ora sta andando alla grande, nonostante questa metropoli impedisca di lasciarla uscire di casa. Nel suo piccolo mondo c’è comunque un notevole viavai di oggetti e di persone, inoltre questa casa potrebbe quasi ospitare una famiglia per le dimensioni che ha.
Con il passare delle ore capisco la scelta della password del wifi. Salsiña si aggira per casa con calma e si accoccola sul divano per guardare fuori, come fanno i gatti normali. Poi sente un rumore, vede qualcosa che si muove in un’altra stanza e schizza via correndo da un secondo all’altro. Solo che non si muove niente e non c’è nessun rumore.
Passa qualche altra ora e mi chiedo di che razza sia un gatto così, con una coda soffice e piumata che sembra quella di uno scoiattolo e il mantello a macchie e righe di un ocelot. Inoltre ha due enormi orecchie e il pelo sotto i metacarpo e i metatarsi è nero, in una macchia precisa delimitata dal pelo beige circostante.
14:48
“Bentornato Sam, non è un po’ presto?” È uscito in anticipo per andare dal dottore a farsi visitare e prescrivere la terapia per la presunta cistite che aveva ieri sera quando sono arrivato.
Ci sono due problemi però, il primo è che il dottore gli ha dato appuntamento, ma non c’era. Il secondo è che lui non ha più dolore. Questo può significare due cose, o era un piccolo calcolo, ma di solito non ce n’è solo uno, oppure è qualcosa di più grave. Deve tornare dal dottore più tardi e probabilmente dovrà fare degli esami, ma a saperlo prima non sarebbe uscito di scuola in anticipo.
Ci sediamo sul divano a fare quattro chiacchiere di presentazione, così mi racconta un po’ di come un brasiliano è finito a insegnare inglese a Istanbul.
Ha vissuto per i primi anni negli Stati Uniti, poi si è trasferito in Brasile a Florianópolis, dove è cresciuto. Suo padre nel frattempo tornava di tanto in tanto negli Stati Uniti, per lavoro. Ha studiato inglese in modo da poter insegnare e dieci anni fa ha deciso di venire a girare l’Europa. Proprio durante questo primo viaggio stava girando l’Italia ed è andato a Venezia, in un ostello. La serata è partita carica e quando sono arrivati due nuovi turisti, alcune ore più tardi, l’alcol aveva sopraffatto quasi tutti, inclusi i gestori dell’ostello. Qui è entrato in scena Sam. Visto che non c’era nessuno ad accogliere i nuovi arrivati, è andato al bancone per dare agli ospiti una chiave e accompagnarli alla camera. Uno dei gestori dell’ostello lo ha notato e ha fatto una faccia perplessa, ma è stato prontamente rassicurato dal nostro uomo. La mattina dopo, quando tutti si sono ripresi, Sam si è visto offrire un posto fisso lì all’ostello, dove è rimasto per otto mesi. Finita questa lunga sosta ha lavorato in un altro ostello ad Istanbul per diversi mesi.
Dopo due anni di viaggio è ritornato in Brasile ed è ripartito due anni dopo insieme alla propria fidanzata, di nuovo in Europa. Hanno viaggiato parecchio, ma è successo che a Sam è stata rubata la macchina fotografica. Si trattava di una macchina fotografica professionale costata migliaia di euro, perciò per poterla riacquistare hanno stretto la cinghia, vivendo con due euro e mezzo al giorno in Europa centrale. Per dare un’idea, la mia spesa giornaliera nei Balcani è stata esattamente il triplo e ho passato in ostello solo un terzo delle notti. Loro hanno dovuto farsi ospitare e trovare mille stratagemmi per sopravvivere. Una relazione lla fine di un periodo del genere o dura per sempre o si rompe, e loro si sono separati. Lui ha continuato a spostarsi, fino a ritornare ad Istanbul, dove non ha trovato altra sistemazione che dormire in un parco. Un giorno ha incontrato di nuovo il proprietario dell’ostello in ci aveva lavorato anni prima e questo personaggio ha deciso di ospitarlo a casa propria, a tempo indeterminato. Così per mesi Sam è rimasto ospite lì, senza dover pagare o fare assolutamente nulla.
Qualche anno fa ha affittato questo appartamento, che è decisamente più grande delle sue esigenze, con il preciso scopo di ospitare viaggiatori in casa propria.
La Turchia non mi sembra il paese più redditizio dove vivere, ma a quanto pare c’è un’enorme differenza di retribuzione tra gli insegnanti stranieri e quelli turchi. Non vale solo per la Turchia, ma anche in Brasile un insegnante di inglese brasiliano è pagato molto meno di uno straniero, anche se quest’ultimo è di origini cinesi. Non ha senso, ma è così. Inoltre Sam viene pagato in dollari invece che in lire, che già di per sé è un vantaggio enorme.
Infatti la lira in questi giorni sta precipitando nel baratro dell’inflazione. Cinque anni fa per comprare un euro bastavano 2,5 lire, un anno fa ne servivano 10 e ieri l’altro il prezzo è schizzato a 20. Poi il tasso di cambio è sceso di nuovo a 12:1, così il governo ha salvato la situazione per fare bella figura a Natale, ma sta già aumentando di nuovo. Quando sono arrivato a Istanbul, il giorno dopo il picco del 20:1, i cartelloni con le foto delle pietanze esposti fuori dai locali avevano tutti i prezzi cancellati, dopo innumerevoli correzioni. Normalmente si applica un’etichetta e si riscrive il prezzo, ma se il potere d’acquisto dei turisti sale ogni giorno bisogna cambiare il prezzo di conseguenza. Presto tutto ciò che viene importato dall’estero aumenterà di prezzo anche all’interno della Turchia e in pochi anni il valore dei risparmi dei turchi si sta riducendo a niente. Secondo i giornali invece non ci sono problemi, l’economia sta andando bene.
Non finisce qui, possiamo parlare dei curdi, o meglio dei turchi dell’Est. Si è cercato di disperderli e di ucciderli, e se non ha funzionato nella realtà lo si può fare nella mente delle persone. Sam mi racconta che alcuni dei turchi che ha conosciuto riconoscono il problema irrisolto del kurdistan, altri invece ne negano l’esistenza. Sotto la spinta modernista di Mustafà Kemal meglio noto come Atatürk, il padre dei turchi, i curdi sono stati sottoposti ad ogni tipo tentativo di rimozione o di assimilazione culturale e linguistica. Atatürk, come si direbbe da noi in Italia, “ha fatto anche delle cose buone”, ma la sostanza non cambia. Eppure la sua figura è passata alla storia come colui che ha portato la modernità in Turchia. Questo ammodernamento forzato ha cancellato le tradizioni, anche quelle turche, negando l’identità dei curdi, i quali solo recentemente hanno guadagnato il diritto di insegnare la propria lingua nelle scuole. Tuttavia non possono esistere scuole in cui la lingua di insegnamento è il curdo, si tratta soltanto di un corso linguistico facoltativo. Anche i nomi delle persone curde sono stati sostituiti con nomi turchi ed ora è possibile riottenere il proprio vero nome procedendo per vie legali, che naturalmente è costoso.
La piacevole chiacchierata prosegue a lungo e alla fine Sam mi invita alla serata dei Couchers, in un pub qui vicino. Il nome “couchers” assomiglia volutamente a “couchsurfing” ed è un gruppo nato come forma di protesta contro le politiche che la piattaforma ha assunto negli ultimi anni. Inizialmente era gratuita, mentre ora l’iscrizione richiede un pagamento annuale sia per i viaggiatori sia per gli ospitanti. Inoltre, da quando la piattaforma gratuita è diventata un’attività commerciale, i metodi di gestione sono diventati più autoritari e ultimamente parecchi account sono stati rimossi senza fornire alcuna giustificazione agli utenti. Infine, adesso Couchsurfing viene pubblicizzata attivamente invece di contare sul passaparola, viene presentata come un mezzo per dormire a scrocco a casa delle persone. Molti si iscrivono e Sam riceve una marea di richieste. Per fare prima, molti di noi viaggiatori usano un messaggio già pronto da inviare ad ogni richiesta facendo copia-incolla. Lo scopo di questo messaggio sarebbe di sottolineare le affinità tra il richiedente e il destinatario, che hanno entrambi un’articolata descrizione sul proprio profilo online. Se fai copia-incolla, naturalmente il tuo messaggio può parlare solo di te stesso, al massimo ci aggiungi due righe simboliche alla fine. Mandi tante richieste e probabilmente qualcuno ti accetta. Sam però è allergico a questo tipo di messaggi, ne ha riceve decisamente troppi, tre o quattro alla settimana.
Nel proprio profilo Sam chiede agli utenti di leggere per intero ciò che ha scritto, che è parecchio. Alla fine della lettura è chiarissimo che a meno di avere un’identità sessuale non binaria le possibilità di essere ospitati sono poche, perché il suo profilo è tra i primi che compaiono cercando ospiti ad Istanbul. Io dopo aver letto il suo profilo sotto la neve di Perperikon ho continuato a ispezionarne altri per trovarne uno più interessante, ma ho fallito. Perciò gli ho scritto un lungo lungo messaggio parlando delle mie ricerche vane e di vari altri aspetti, scoprendo finalmente come funziona Couchsurfing. In questi due mesi la profondità delle richieste che ho inviato è aumentata via via e con solo tre referenze e un messaggio fatto bene ero abbastanza sicuro di non poter fallire.
Tornando ai Couchers, la loro formazione è la conseguenza del cambiamento dei metodi di gestione della piattaforma Couchsurfing. Per ora hanno un sito web e stanno sviluppando una applicazione per smartphone. Non si trovano solo qui a Istanbul, sono in ogni parte del mondo.
Accetto l’invito perché tanto non posso scrivere tutto il giorno e accetto anche l’offerta della lavatrice. Ho solo capi neri o sintetici, quindi con un lavaggio posso pulire tutti i vestiti sporchi. La centrifuga e delicata, quindi passo le ore successive a strizzare via l’acqua che si accumula alla base del piumino, appeso nella doccia.
19:10
Non si è ancora asciugato niente e pensavo che saremmo usciti dopo cena. Accetto il cappotto di Sam e usciamo verso il quartiere Taksim, quello dove si trova l’albergo di László, che mi fa sapere di essere ancora in città. Ci diamo appuntamento per una birra dopo che avrà fatto il tampone molecolare necessario per entrare in Georgia.
Andiamo a piedi a Taksim, perché io non ho ancora comprato la tessera per usare i trasporti pubblici di Istanbul. Adesso, in tempo di pandemia, prima di entrare nel paese bisogna anche compilare un modulo in cui indicare il proprio itinerario di viaggio, con le relative date e indirizzi degli alberghi in cui si soggiornerà. È stato divertente compilarlo a Madžarovo senza neanche sapere la data di arrivo in Turchia, che infatti è sbagliata. In realtà non sono ancora sicuro di comprare la carta, dalle foto di Google Maps ho visto che i ponti sul Bosforo hanno anche un marciapiede. Sam mi informa che non si può raggiungere l’Asia a piedi, perché i ponti sono stati chiusi ai pedoni. I troppi suicidi rovinavano l’immagine della città. Pensa te! Per affrontare la piaga dei suicidi bastava chiudere i ponti! Dovremmo provare anche noi in Italia e smetterla di pagare tutti quegli psicologi che se ne stanno lì a scaldare la sedia.
È un duro colpo per me, avevo pensato di prendere un autobus per uscire da Istanbul, ma non così presto. Fa lo stesso, magari trovo qualcuno che attraversa in barca e inizio con il barcastop.
A Taksim, la birreria-ristorante è decorata con una grande collezione di mezzi di trasporto fatti di latta, esposti in vetrina. Al piano di sotto invece i Couchers sono già riuniti, insieme a Marcella, che viene dall’Indonesia ed è ospitata da Bob, un americano di Chicago, Illinois. Poi c’è Taha, che è turco, John, Brad, Leyla e Sara che sono americani degli Stati Uniti. Inoltre c’è Lezgin, grande amico di Sam proveniente da Mardin, nel Kurdistan turco. Gli chiedo di fare un giro di nomi e Leyla propone di dire il nome di ciascuno seguito dal fatto più strano accaduto nel proprio quartiere. La cosa va talmente tanto per le lunghe che so già i nomi di tutti prima di arrivare a metà. John ci fa morire dal ridere perché ci racconta della sua esperienza di allevamento di un gabbiano che si è trovato su balcone. Non era in grado di mangiare da solo, quindi lui ha dovuto imboccarlo massaggiandogli il gozzo per fargli capire cosa doveva fare. Una volta adulto lo ha portato in un posto adeguato da cui spiccare il volo, girando per le strade della città con il gabbiano sotto il braccio. Dopo il racconto di questa raffazzonata esperienza di allevamento, qualcuno gli chiede come lo ha chiamato. “Eh, non me lo ricordo.” Giù di nuovo a ridere.
Per il resto la serata è fatta soprattutto di scambi di esperienze e consigli sull’uso dei taxi, dei trasporti pubblici e di altri argomenti di scarso interesse per uniche non abita ad Istanbul. Comunque sono simpatici e io intanto ceno, perché ho un pochino fame.
21:27
Se ne stanno andando tutti, a letto insieme alle galline. Nel frattempo arriva László, energetico come ieri e rinfrancato dalla giornata di relax. Alla cassa c’è un po’ da contrattare perché ci hanno dato dei menù con i prezzi non aggiornati, che già così sembravano un po’ cari rispetto al normale. Io pago per ultimo e ho una banconota del taglio giusto, pago un hamburger 48 lire e via.
Siamo rimasti in quattro, così mentre Sam e Lezgin vanno a prendere un tè, io e László entriamo a prendere una birra nel locale di fronte. Il mio amico entrando nota con piacere che si può fumare anche all’interno. Alle sue spalle c’è il divieto affisso sulla porta, ma siamo in Turchia, chi è che non fuma. Questo non è il pub turistico di prima, ma una microscopica birreria con le luci soffuse che solo i residenti conoscono.
László mi racconta che la sua permanenza a Istanbul si è protratta più del previsto a causa di un amico. Questa persona è uno dei suoi migliori amici e gli ha proposto di incontrarsi ad Istanbul. Sulle prime, László gli ha detto di no, perché il suo progetto era di ripartire oggi stesso, non può permettersi di aspettare tre giorni. Poi ci ha pensato un momento “No, aspetta, ma io che appuntamenti ho da non poter aspettare un amico? Certo che rimango qui tre giorni, ci mancherebbe!”
Anche se non se ne rendeva conto, era già rimasto incastrato in un rigido programma di viaggio con una tabella di marcia da rispettare. A chi importa se arriva in Georgia domani o tra tre giorni? Quando si viaggia è molto facile crearsi delle aspettative che poi diventano dei vincoli.
È sempre bello parlare con László, abbiamo delle notevoli affinità di pensiero. Con il fatto che lui si sente vecchio immagino che in questi anni viaggerà tantissimo con il figlio più piccolo, come mi ha raccontato ieri. Ci auguriamo buon viaggio e io passo nel locale di fronte, al tavolo con Lezgin, Sam, Gina e un’altra amica di origini curde. Gina invece è nata in Ucraina e ha vissuto a lungo negli Stati Uniti, ma quando si presenta dice di essere anche lei di Bologna. “Finalmente un’emiliana, come stai?”
Sono seduto tra Sam e Lezgin, entrambi insegnanti di inglese. Sam insegna in una scuola privata e viene pagato in dollari, duemila al mese, Lezgin insegna in una scuola pubblica ed è cittadino turco, quindi per 27 ore a settimana viene pagato l’equivalente di 130 euro, ma al mese. In lire. Per questo vende anche libri, specialmente di autori curdi. Come si può immaginare non è molto redditizio neanche questo, ma quando le librerie erano chiuse durante il lockdown guadagnava di più così che con il proprio lavoro da insegnante.
Ci salutiamo e probabilmente ci rivedremo a Natale, così io e la Gina prepariamo lasagne per tutti.

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