Ciao, stai facendo il giro del mondo?

Lezione di ieri: mai dare per persa una destinazione finché non viene buio.

Giovedì 2/12/2021 7:24 – Skopje (Macedonia del Nord)

Il programma di oggi è: sveglia presto, parlare con Miller, scrivere l’articolo di oggi, visitare rapidamente città e partire in autostop verso Ohrid. Ho in mente di trascorrere una settimana in Macedonia, quindi non sapendo quanto tempo sarà necessario per ritornare a Skopje preferisco partire subito e finire la visita alla città tra qualche giorno, se mi avanza del tempo. Può funzionare, ma devo ancora descrivere con cura il mio incontro con Riçard la settimana scorsa, quindi potrebbe volerci un po’.
Adesso Miller dorme ancora, quindi per il momento scrivo, che è meglio.
Viktor ed Émeline sono già in piedi perché devono andare a farsi vaccinare con la seconda dose di vaccino anti-covid. È stato faticoso scavalcare gli ostacoli burocratici che li separano da quel foglio di carta che permette di viaggiare, ma a quanto sembra sono quasi arrivati alla meta.

12:20

Ho finito l’articolo e i francesi sono tornati trionfanti dall’ospedale, perciò ora devono solo aspettare il loro autobus per Sofia, che parte alle 17.
Seduti intorno al tavolo rotondo insieme a Miller, è giunto il momento di intervistarli.
Qualcuno si è chiesto perché Miller è partito e sta viaggiando da sei anni? La risposta è sorprendente.
Sette anni fa, quando aveva 22 anni, studiava management finanziario a Bogotà. Un giorno si trovava in una mensa durante la pausa pranzo, era parecchio di fretta e la mensa era praticamente piena. È arrivato un uomo sulla settantina che si è seduto nell’unico posto libero, cioè di fronte a Miller, che nel frattempo stava trangugiando il pranzo. Il nuovo arrivato ha iniziato a parlargli dell’importanza di viaggiare e di non trascorrere i suoi vent’anni ad inseguire soltanto lo studio e la carriera. Miller era di fretta, lo ha degnato di qualche cenno di assenso senza alzare lo sguardo dal piatto e se ne è andato appena ha finito di mangiare. Solo che quel discorso privo di interesse gli è rimasto in testa e ha continuato a scavare come un tarlo. Un anno dopo, Miller è stato lasciato dalla fidanzata. Come fa spesso mentre racconta una storia, Miller fa con le labbra un rumore come di un pomodoro che esplode, e mima con le mani il proprio cuore spezzato.
Dopo questo fatto, ha deciso che quello che desiderava fare era viaggiare, si è messo in spalla lo zaino ed è partito in autostop in giro per il Sudamerica e poi per il mondo. Naturalmente in quattro anni gli è capitato di tutto, addirittura una notte lo hanno drogato e gli hanno rubato lo zaino.
Nel frattempo sono arrivati anche Nestor e Nicolas, i messicani, ai quali una volta hanno rubato i passaporti. Nestor ha il doppio passaporto Messicano e Danese, Nicolas invece ha dovuto aspettare che gli arrivasse un nuovo passaporto dal Messico.
Tornando al nostro eroe, Miller, al momento i suoi progetti sono di continuare a viaggiare per qualche anno e poi aprire un ostello per viaggiatori o qualcosa di simile. Per quanto riguarda il breve periodo invece, quando avrà messo da parte abbastanza soldi lavorando qui andrà a visitare la Russia.
Bene, uno è fatto. Viktor e Émeline invece restano un grande mistero. Non è impossibile che una persona singola decida di partire per girare il mondo, ma due insieme mi sembrano veramente singolari. Eppure è così, Viktor aveva da tempo questo sogno e quando ne ha parlato con Émeline lei ne è stata entusiasta, così sono partiti, quasi sessanta giorni fa.
Viktor in realtà è figlio d’arte, perché sua madre a diciotto anni è andata via di casa, si è unita ai punk e girando il mondo ha sviluppato spiccate abilità nel viaggiare senza un soldo in tasca. Tutt’ora si ferma a trattare con gli ufficiali delle dogane per abbassare il prezzo del visto, che non è una cosa da tutti. Per questo motivo Viktor ha viaggiato molto da piccolo, complice il fatto che il padre è originario del Vietnam, ha vissuto negli Stati Uniti e ora vive in Francia.
Émeline e Viktor hanno anche una pagina online con un blog e il loro itinerario di viaggio, si trova all’indirizzo: www.polarsteps.com/BackpackNUs/4284375-tour-du-monde
È ora di andare, dico addio ai francesi e arrivederci a Miller e Priscilla, perché ripasserò da Skopje tra quattro o cinque giorni, prima di dirigermi a Sofia, in Bulgaria.

12:50

Esco dall’ostello e mi accorgo del mio errore prima ancora di arrivare in fondo alla via. Che senso ha tornare a Skopje, se per uscirne serve almeno mezza giornata ogni volta? Torno indietro a comunicare il mio fulmineo cambio di programma e a salutare tutti definitivamente.
Ora posso andarmene a cuor leggero, andiamo a visitare questa città una volta per tutte e stanotte si va a dormire sul monte qui accanto, dove c’è un grande bosco. Vado verso il centro passeggiando lungo il fiume Vardar, e noto immediatamente due velieri di legno a tre alberi, simili a due galee, congiunti alla sponda da una scalinata, come se fossero navi storiche visitabili dai turisti. Avvicinandomi, noto alcune caratteristiche anomale, come il castello di poppa smisuratamente alto, gli alberi cortissimi, lo scafo sfondato e appoggiato su dei solidi piloni di cemento. Questo è un edificio di legno a forma di nave, non una nave. Tra l’altro è chiaramente in stato di abbandono, perciò lo si può visitare liberamente.
Salgo le scale e sul ponte di coperta trovo un bancone da bar a forma di scialuppa. All’interno i pavimenti sono ridotti a dei semplici pannelli di masonite appoggiati su una griglia di travi di legno. Quasi tutte le finestre sono infrante, ma ciascuna riportava il logo di questa attività, che anni fa doveva essere un casinò. Dal soffitto del ponte più alto del castello di poppa pendono i fili delle luci, mentre scendendo sottocoperta attraverso le scale a chiocciola, si arriva in un grande ambiente a due piani con al centro un lampadario pendente. Qui, nella pancia della nave, c’era un ballatoio interno e un salone in basso, poco più in alto del livello del fiume. Una volta questo ambiente doveva essere chiuso, ma adesso c’è uno squarcio laterale per facilitare l’accesso a questa sala al coperto direttamente dalla banchina in riva al fiume. Almeno, mi sembra un buon posto per i senzatetto, ma non ci sono rifiuti qui, solo frammenti di questo posto che sta cadendo a pezzi. Torno in coperta per fare un giro in punta al bompresso, che in questo caso è una struttura piatta e larga quaranta centimetri che si protende sull’acqua per diversi metri. È probabile che sia molto solido, ma meglio andarci senza zaino.
Mentre scendo le scale che portano sul lungofiume, incrocio due ragazze che stavano pranzando su una panchina e si sono incuriosite. Approfitto per chiedere che posto è questo e mi confermano che questo fino a pochi anni fa era davvero un casinò. Poi è sorta una disputa tra i gestori del locale e il comune di Skopje, alla fine è stato chiuso e abbandonato.
Vorrei proseguire la visita al centro, ma due minuti dopo mi compare davanti un turista di mezza età che mi chiede se sto facendo il giro del mondo. Non pensavo di avercelo scritto in fronte, ma evidentemente è così.
Lui è serbo e si chiama Aleksander, dice che gli piace incontrare i viaggiatori e ascoltare le loro storie di viaggio, perciò mi propone di andare a prendere un caffè al bar. È sicuramente un personaggio particolare, ma un caffè offerto da lui nella piazza centrale non mi sembra affatto pericoloso.
Come spesso accade, va a finire che la maggior parte delle domande le faccio io perché Aleksander Pavlović è decisamente un personaggio eccentrico. Si presenta lamentandosi del fatto che sua madre poco tempo fa lo ha derubato di 350 mila euro, senza aggiungere come e perché. Lui ha 53 anni e di lavoro fa il programmatore e ha imparato da autodidatta dopo aver finito la scuola superiore. Adesso gli piacerebbe ottenere una laurea in informatica o in economia. Dice di aver scritto la tesi di economia di una delle sue ex compagne, quindi in pratica ha già la strada spianata verso la laurea.
Ha anche combattuto nella guerra sul fronte Croato, ma la sua vicenda è parecchio strana. Essendo filoamericano, il governo lo avrebbe eliminato volentieri. Non potendosene sbarazzare direttamente per ragioni di immagine, lo hanno consegnato ai croati sperando che ci pensassero loro. I croati invece di ucciderlo lo hanno arruolato e Aleksander si è trovato a combattere contro la Serbia. Dopo la guerra è tornato nel proprio paese, ma dice che tuttora nel suo paese c’è chi lo preferirebbe morto. La Serbia gli ha lasciato un ricordino, una cicatrice orizzontale che attraversa tutta la guancia fino alla base del naso.
Alle avventure in guerra sono seguite parecchie avventure in amore e parecchi figli lasciati in giro per la Serbia. Al momento è solo, lavora e scrive libri.
Nonostante la recente perdita finanziaria dovuta alla madre, non ha problemi finanziari e abita qui a Skopje in albergo. Ci resterà probabilmente per dei mesi, girando per la città in cerca di persone interessati e di idee per il libro che sta scrivendo, che è una sorta di diario di riflessioni personali. Aleksander è una di quelle persone che guardano i passanti e cercano di indovinare chi sono e che cosa stanno pensando.
All’improvviso mi torna in mente che a quanto pare i serbi stavano festeggiando nel giorno dell’indipendenza del Kosovo, perciò approfitto per chiedere se è vero. La risposta è che sì, hanno festeggiato, ma in realtà nel calendario ortodosso ogni giorno è un’occasione di festa per un santo diverso. L’importante è avere sempre una scusa per andare al bar a ubriacarsi.
Usciamo dal bar e facciamo un giro attraverso il bazar, dove ho modo di comprare dei nuovi guanti da lavoro così da poter dormire all’aperto stanotte.
Avevo capito che Aleksander ha il dente avvelenato nei confronti dei serbi, ma in tutto il pomeriggio non gli ho sentito proferire una sola buona parola riguardo al proprio paese. Provo con una domanda specifica: c’è qualcosa di buono in Serbia? È una domanda difficile, ma alla fine riesce a trovare una risposta. Le donne in Serbia sono buone e dal cuore puro, ma vivono in una nazione di stupratori e assassini. L’espressione stupratori e assassini, “rapists and murderers”, l’ha usata almeno dieci volte oggi pomeriggio. Non vado oltre e aspetto di incontrare un altro serbo per avere un secondo parere.
Da ultimo saliamo a visitare il castello e a guardare la città dall’alto. Come è possibile che Aleksander non sia mai venuto in questo posto, anche se è a Skopje da più di un mese?
Faccio un po’ di foto perché da quassù si vede lontanissimo in questa città enorme. Ci sono pochissimi grattacieli rispetto a Sarajevo, i pochi che ci sono svettano sopra il mare di case.
Ormai è quasi buio, quindi scendiamo di nuovo verso il centro. Pochi metri prima della piazza, Aleksander si ferma accanto a un taxi e mi saluta, torna in albergo.
Abbi pazienza Aleksander, ma giuro che fino a questo punto non ero ancora del tutto sicuro delle tue intenzioni, il nostro incontro è stato troppo surreale.

17:20

Una volta solo, vado a Sud verso il monte Vodno. Nel frattempo telefono a casa per ricevere qualche aggiornamento.
Mi fermo a metà salita ed esco dal sentiero finché non sono sicuro di essere abbastanza isolato, poi mi siedo a scrivere finché la temperatura lo consente.
L’idea di appendere l’amaca mi tenta sempre, ma c’è vento ed è laborioso ripiegare tutto, meglio dormire per terra e basta. Stasera il cielo è coperto, quindi la temperatura è nettamente più alta di ieri.

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