Il Montenegro è bianco dentro

Lezione di ieri: A quanto pare viaggiare sulle navi mercantili non sarà semplice come si legge nei resoconti di viaggio di quindici anni fa.

Sabato 20/11/21 6:14 – Budva (Montenegro)

All’alba il mare è ancora calmo, il vento è calato e il cielo a Sudest si colora di un tenue giallo-arancio. Il resto del cielo azzurro è stato tinteggiato di bianco da un imbianchino stanco che ha dato solo qualche rullata e poi è tornato a riposarsi. Il cielo è macchiato di chiazze di nuvole sottili e a bande irregolari.
Scrivo ancora mentre il sole sorge, poi il caldo diventa insopportabile e cerco di andare all’ombra più in fretta possibile.

11:40

Bella Budva, ora è giunto il momento di vedere com’è l’interno del Montenegro che si trova oltre quella muraglia verde scuro a Est, tagliata dalla strada che sale a tornanti verso Cetinje (si pronuncia zetigne), la capitale storica di questo paese.
Fa veramente caldo qui, ho mangiato tutta la spesa di ieri, ma la giacca ha riempito lo zaino e io sto comunque sudando nonostante abbia addosso solo la maglietta. Inizio a preoccuparmi per quando raggiungerò i tropici.
Potrei fare l’autostop all’inizio della strada, ma ho voglia di camminare e inizio a salire, grazie al vento che mi rinfresca. Dopo un paio di chilometri la strada diventa a tre corsie. L’allargamento è all’inizio di una curva, come se fosse una piazzola di sosta, quindi non credo che nessun automobilista noterà la differenza.
Preparo il cartello Cetinje e in dieci minuti sono in macchina con Cuneyt, un turco di 35-40 anni che recentemente si è trasferito qui in Montenegro e parla meglio l’inglese del serbo-croato, per mia fortuna. Nella sua macchina si ascolta musica dubstep, perciò parliamo tra una traccia e l’altra perché altrimenti non capisco niente.
Una volta superata la cresta dei monti visibili dalla costa, il paesaggio muta drasticamente e diventa bianco-bruno. Ci sono solo cime rocciose alternate a valli rocciose, con alcuni spiazzi rocciosi in vendita lungo la strada. Il colore bruno è dato dagli arbusti spogli che crescono in mezzo alle rocce. I prati non ci sono, se li sono dimenticati.
In poco tempo siamo a Cetinje e lui può proseguire verso Podgorica, dove lo aspetta la sua compagna.
Ora che Cetinje non è più la capitale, tutte le ambasciate costruite qui sono diventate poco più che una semplice attrazione turistica. La città è costruita nell’unico spazio pianeggiante tra qui e Budva, ma le case hanno riempito tutto lo spazio disponibile e non è rimasta terra coltivabile. Che cosa mangiano i montenegrini…i sassi?
La città è molto carina, piena di parchi, di edifici storici e di lavori stradali. Mi siedo al calduccio del sole su una panchina del centro e scrivo del mio viaggio verso Mostar, una settimana fa, mangiando l’ultimo kiwi della nonna Lea.

15:50

È ora di muoversi e andare a fare la spesa per stasera. Uscendo dal centro di Cetinje, capisco che il titolo “Il paese dei gatti” era più che mai inadeguato. La colonia felina era localizzata solo a Kotor, mentre nel resto del Montenegro abbondano i cani randagi. Porto la spesa in centro per lavare il mio cespo di insalata alla fontana ottocentesca e salgo fino al punto panoramico dove si trova il monumento a Danilo I di Montenegro, il sovrano che portò il paese all’indipendenza dai turchi ottomani a metà dell’Ottocento.

17:15

C’è un prato e dei sentieri di ghiaia, ma non mi sembra carino campeggiare qui perché magari i montenegrini si offendono, quindi scendo un po’ e cerco un passaggio laterale nella strada asfaltata che ho appena percorso, qualcosa che sembri un sentiero. Al buio non si capisce un granché, ma trovo un passaggio sui sassi, dove gli arbusti non possono crescere. Mi inoltro per poche decine di metri ed ecco due alberi perfetti per me, un po’ piccoli ma sufficientemente rigidi. Lego la corda e ci aggancio l’amaca e il termometro, che segna 10°C ora che è appena tramontato il sole. Mi prendo un’oretta per finire di preparare il campo e rispondere a un messaggio, e la temperatura è già scesa a sei gradi. Sarà una notte fredda, sarà già tanto se il termometro si fermerà a zero, meglio accendere il fuoco.
In un attimo il fuoco arde allegramente su una grossa pietra e mi ci siedo accanto per stare al caldo e iniziare a cenare. Il piatto forte di stasera sono i fagioli con la carne in scatola che mi ha regalato Antun a Mostar. Grazie alla temperatura che è già scesa a quattro gradi, la cena calda è incredibilmente gustosa, grazie Antun. Finisco di scarpettare la mia cena semplice ma abbondante e resto accanto al fuoco a guardare le fiamme che guizzano finché non rimane solo qualche piccola brace. Anche senza il fuoco, il chiaro di luna illumina perfettamente i dintorni, perciò anche stasera la torcia non serve.

22:40

Siamo già a zero gradi, stanotte si va sotto zero. Devo leggere il termometro senza respirare altrimenti il mio fiato condensa sulla plastica trasparente e non vedo le tacche. Essendo in amaca, se durante la notte si dovesse alzare il vento la situazione diventerebbe problematica. Per questo ho installato anche il telone anti-vento mantenendolo più chiuso possibile, praticamente piegato in due con l’amaca stretta tra le due falde. Così non dovrei avere problemi.

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