Il paese dei cani

Lezione di ieri: I giorni di pioggia sono un’opportunità, non un ostacolo.

Martedì 09/11/2021 6:45 – Plitvice (Croazia)

Oggi non piove e si va in Bosnia! Riemergo dalla dolina e cosa mi trovo davanti? Un bel cartello rosso di divieto di campeggio, che non c’era ieri l’altro, credo. No, c’era, ma dal punto in cui ho salutato Gianni e Liliana non si vede perché è coperto da un’altro cartello molto più grande.
Il punto in cui ho campeggiato non si vede dalla strada, quindi non c’è problema, ero invisibile.
Vado a recuperare il mio cartello infilato sotto il tetto della casetta di legno per bambini e poi spendo le ultime 20 kune in un souvenir per Ahmad, che mi ha chiesto di prenderne uno in ogni paese. Sì lo so, ci avete pensato tutti, ma per fortuna me lo ha chiesto solo una persona altrimenti il peso dello zaino aumenterebbe in maniera preoccupante. Adesso che lo sto scrivendo mi viene in mente che esistono anche le cartoline. Ci avevo pensato prima di partire, ma in queste settimane non le ho neanche prese in considerazione.
Sbarazzatomi della valuta inutile, mi incammino in cerca di una piazzola di sosta adatta per l’autostop. È complicato arrivare in Bosnia, mi serve prima un passaggio per arrivare nel prossimo paese, Prijeboj.

11:00

Dopo poco accosta un van con a bordo Paul e Ricarda, lui tedesco e lei croata, di circa trent’anni. Lui è partito dalla Germania vicino al confine con l’Olanda, è passato a prendere Ricarda a Zagreb e ora sono diretti al mare a Split. Si conoscono perché lavorano entrambi in montagna in Svizzera presso un’azienda agricola. Lavorano circa duecento giorni l’anno senza fine settimana o giorni liberi, finché la neve non impedisce ogni attività. Ora lassù c’è già mezzo metro di neve, quindi hanno tempo per viaggiare.
Sono simpatici, ma purtroppo il nostro incontro dura solo pochi chilometri, dopodiché è già ora di scendere. La polizia croata mi vede scendere ed è così gentile da prolungare un po’ il nostro incontro. Ci controllano patente e documenti e possiamo proseguire ognuno per la propria strada.
Faccio un chilometro fino alla prima piazzola e aspetto. Non passano molte macchine, ci sono parecchi camion su questa strada. Aspetto per una mezz’ora finché si ferma una macchina che viaggia in coda a uno di questi camion. Si ferma vuol dire che inchioda in pochi metri facendo fumare le ruote posteriori.
Salgo a bordo con il conducente, che è illeso e parla un po’ di inglese. Si chiama Edi come l’operaio di Skrad.
Per una quindicina di chilometri attraversiamo il paesaggio montuoso dei boschi croati finché, di botto, il terreno collassa.
Sul confine con la Bosnia le montagne si interrompono bruscamente, la strada scende di 400 metri e l’orizzonte diventa piatto. Benvenuti a Bihać. A sottolineare il cambio drastico del paesaggio, alla nostra destra c’è una catena di cime alte 1500m che scendono ripidamente a 500m per fare spazio alla pianura.
Il transito alla dogana questa volta è rapido e indolore. Sembra che il green pass digitale non vada bene quindi faccio per scendere ad aprire lo zaino e metto il piede nel lago d’acqua che c’è sotto la tettoia del posto di blocco. In realtà non serve il modulo cartaceo, posso tornare a sedermi.

14:30

Appena si arriva in Bosnia, il primo elemento che salta all’occhio sono naturalmente i minareti delle moschee. Sapevo che avrei visto le moschee, ma non ne ho mai vista una dal vero e così la Bosnia mi lascia a bocca aperta.
Il buon Edi mi porta fino in centro a Bihać e mi lascia davanti a una tabaccheria dove posso comprare una SIM bosniaca. La compagnia telefonica però non è delle migliori, quindi faccio un giro per il centro cercandone un’altra.
Mi trovo subito davanti alle rovine di una chiesa di cui resta solo il pavimento colorato e l’abside, con accanto un piccolo edificio a pianta circolare decorato con caratteri arabi e contenente due tombe.
Nuovo paese, nuova valuta. Ritiro 100BAM, o KM, o marchi, e con una banconota da 100 compro una SIM che ne costa 5. La tabaccaia non si scompone e gentilmente mi dà il resto.
Torno online nel parco lì vicino, seduto su una panchina con lo schienale a forma di farfalla. Mentre sono seduto lì si avvicinano due signore sulla settantina che mi parlano in bosniaco indicando il mio telefono. Non capisco un accidente e una fa per prenderlo. Che cos’ha di strano, è molto spesso? No, alla fine vogliono solo che gli scatti una fotografia sedute sulla panchina. Non ho capito a che cosa serve il mio cellulare per spiegare il concetto, ma va bene così.
C’è una fontana e ne approfitto per disfarmi dell’acqua piovana al gusto di bruciato e fare di nuovo il pieno. Il parco in cui mi trovo è in realtà un’isola circondata da un torrente in piena, evidentemente la pioggia di ieri qui è stata molto più intensa che a Plitvice.

16:10

Esco dal centro e vado verso un supermercato per fare una grande spesa. A Plitvice non ho mangiato un granché e inizio ad avere un po’ fame.
Nel prato davanti al supermercato ci sono un po’ di funghi coprini, ma sono tutti vecchi. Ci sono anche diversi cani, infatti in Bosnia ci sono parecchi cani randagi. Come mi era stato anticipato, c’è anche un gruppetto di migranti in fondo al parcheggio di fronte al supermercato.
Faccio una spesa abbondante e prendo un ampio cartone come biglietto di sola andata per Sarajevo.
Proseguo lungo la strada che porta a Pritoka, passo davanti a una pensione, ma costa un po’ più del massimo che sono disposto a spendere, cinque marchi in più di un prezzo che considero buono. Ormai è buio, vado più avanti verso un campeggio in riva al fiume in piena, ma in bassa stagione è chiuso. Vado ancora avanti fino a quello dopo, chiuso, mi addentro in una via verso un affittacamere, ma non lo trovo.
Proseguo oltre fino ad un altro campeggio, ma è chiuso. È il momento del piano C.
Suono al campanello dell’ultima casa in fondo alla via e mi apre una signora. In due frasi le spiego che cerco un posto dove dormire e che ho una tenda da campeggio. Non può ospitarmi, ma mi indica gentilmente un affittacamere situato cento metri più avanti.
Vado e trovo il posto, ma è tutto spento. Ci sono due numeri di telefono scritti a pennarello sulla porta a vetri e la porta è accostata. La apro per guardare dentro, ma non ci sono segni di vita. Mentre sto per digitare i numeri, una macchina parte dalla stazione di servizio dall’altro lato della strada e si ferma a pochi metri da me.
Scendono l’autista, cioè il padre, e suo figlio di più o meno tredici anni che mi si piazza davanti e mi chiede “Chi sei tu?” Gli dico qualcosa in inglese e lui va in casa a chiamare la sorella, che si chiama Rukir. Ispeziona la mia carta di identità e mi dice di entrare, anche se ho le scarpe infangate. Mi mostra una camera tripla con bagno, ma io non ci casco e chiedo se non hanno una camera singola. In realtà non mi serve neanche il bagno privato, soprattutto perché sono l’unico ospite. Andiamo al piano di sopra e mi mostra un’altra camera tripla, la posso affittare per 15€. Affare fatto.
C’era la finestra aperta e non c’è il riscaldamento, solo un apparecchio elettrico da inserire nella presa, è sufficiente. La lampada che dovrebbe illuminare la stanza forse arriva a produrre dieci lumen, per fortuna c’è un’altra lampada a led da attaccare alla presa, che fa un po’ più di luce. Era da tanto che mi preparavo alla prima notte in una camera e so bene che cosa fare.

18:50

La prima cosa da fare è lavare i vestiti. Lavo tutto quello che uso di solito alla notte tranne un paio di calze lunghe e la giacca di piumino. Le mutande e le calze che uso di giorno vanno in un lavaggio separato.
Ad un esame più accurato risulta che il fango sotto le scarpe non è solo fango, ma al buio devo aver pestato uno dei regali lasciati dai cani randagi, che in questa zona abbondano e sono decisamente grossi. Nessun problema, si sa che porta fortuna, dico bene?

19:36

Una volta strizzato e steso tutto quanto ad asciugare, posso lavare me stesso, visto che io mi asciugo in fretta.
Poi è il caso di contattare un po’ di persone a Sarajevo e Mostar su Couchsurfing e solo dopo inizio a mangiare. Mi sono deciso a comprare dei cavoli bolliti, dato che qui sembra che non si mangi altro, ho visto più cavoli cappuccio in una settimana che nei precedenti 25 anni.
Spesso li vendono sottovuoto, ma ho trovato questo che è confezionato in un secchiello di plastica e non puzza di cavolo anche fuori. Ero indeciso sulla marca, ma poi ho visto una che lo metteva nel carrello e ho preso questo. Biljni mrs. Lo apro e trovo uno strato di olio rappreso, probabilmente perché c’è un qualche condimento. Provo a leggere gli ingredienti e a quanto pare biljni vuol dire vegetale e quello che ho comprato sono 850g di olio vegetale di palma, per friggere. Mi torna in mente Tara quando in Scozia ha comprato mezzo chilo di burro pensando che fosse formaggio spalmabile. Se ti può consolare, ci sono cascato anch’io.
Mi sembra brutto buttare via quasi 7000kcal senza assaggiarle, quindi sbriciolo lo strato superiore in uno dei panini piatti che ho comprato. Fino a un certo punto è sopportabile, ma poi diventa una vera schifezza, nonostante la fame. Ci arrivo in fondo e mi metto a letto perché ho freddo e nel sacco a pelo con sopra le coperte che mi hanno dato si sta veramente bene. Mi addormento per un paio d’ore, poi mi sveglio mangio, sposto un po’ i vestiti stesi, mangio, mi riaddormento. Mi risveglio mi infilo un paio di calze umide per finire di asciugarle e quando sono a posto passo al paio successivo.
Intanto metto a stendere anche il telo impermeabile, che è bagnato da ieri, e metto in carica tutte le batterie.
Ci sono 12°C, torno al caldo nel sacco a pelo.

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