Il riparo anti-orso

Lezione di ieri: Cercare di coinvolgere un estraneo lo farà sentire a casa anche in un ambiente totalmente alieno. & Mai sottovalutare l’appetito degli altri.

Sabato 06/11/2021 8:20

È un po’ tardi, scendo in cucina e trovo Branko che sta sfornando una pizza e il pane con formaggio. La carta da forno si è appiccicata alla pasta, ma non mi sembra il caso di fare gli schizzinosi. Il mio quarto di pizza è più grande del piatto e in più ci sono pane, formaggio e torta. È sempre la stessa buona torta di quando sono arrivato, con pasta al cioccolato, uva rossa, miele e cocco. Bisogna partire entro le 10:30 perché dopo Branko ha un appuntamento. Strano, in questi tre giorni gli è suonato il telefono in continuazione. Mi preparo e faccio lo zaino in appena un’ora e partiamo. No, non è vero proprio, mentre saliamo in macchina arriva un camion carico di tronchi di abete da scaricare qui in cortile. È una vera fortuna perché tra il cottage da costruire, le manutenzioni, l’orto, la famiglia che torna e la casa da ripulire, Branko rischiava proprio di annoiarsi nei prossimi giorni. In mezz’ora arriviamo a Plitvice, dove pioviggina. Lungo la strada questa parte di Croazia è piuttosto ondulata, con un susseguirsi ininterrotto di doline, sembra una pallina da golf.

11:10

Dopo un caloroso saluto è finito anche questo inaspettato capitolo di viaggio, in cui un uomo che si è fermato solo per darmi un passaggio ha finito per portarmi a casa propria, ospitandomi per tre giorni e tre notti senza chiedere niente. Il minimo che potevo fare era offrire un aiuto per finire il tetto del cottage, che per altro è stato anche divertente. Ah, e anche se non lo vuole ammettere perché è molto modesto, oltre a essere agricoltore, apicoltore, casaro, padre, marito, muratore, falegname, carpentiere e chissà che cos’altro, è anche un ottimo cuoco. In lui ho trovato una delle cose che cerco, che forse si potrebbe chiamare ospitalità spontanea. Ci salutiamo, ma questa volta non rimango solo come a Kozina, qui sono in compagnia dei laghi di Plitvice. Per il momento pioviggina, quindi mi metto al riparo in una casetta di legno per bambini. Tra l’altro riesco a nascondere il mio cartello di legno per l’autostop in un’intercapedine del tetto, così da non portarlo in spalla per due giorni. Nella casetta inizio a scartare l’ultimo regalo del buon Branko: mattoni di torta e pane e formaggio. Sono troppo grossi e spigolosi per schiacciarli nello zaino, quindi tengo da parte pane e formaggio e decreto la fine della biolca di torta che Branko ha sfornato la settimana scorsa. (Per i forestieri che non lo sanno, una biolca è un’unità di misura agricola usata a Reggio per misurare l’estensione dei campi).

12:26

Smette di piovere e vado a comprare il biglietto giornaliero per l’ingresso al parco, che costa dieci euro in bassa stagione. Al momento dell’acquisto mi accorgo che la biglietteria chiude alle 13, meno male che la pioggia ha chiuso alle 12:15.Plitvice è una riserva integrale cioè oltre alle solite norme relative alla raccolta di fiori e al disturbo della fauna, è obbligatorio restare sui sentieri per preservare il delicato equilibrio dei processi che plasmano continuamente questo intricato sistema di laghi. Come sospettavo, nonostante l’abbondanza di faggi di questi boschi le passerelle sono fatte di legno di castagno, che è il più resistente alla decomposizione ed è il migliore da usare in questo ambiente così umido. A causa della stagione e del cielo grigio ci sono pochissimi turisti. L’acqua è scura, ma i laghi e le cascate sono comunque molto pittoreschei Camminando lungo la sponda del lago più a valle vedo un piccolo luccio di una decina di centimetri, fermo sotto una canna. Più avanti invece si apre una piccola cavità naturale e con la torcia faccio un giretto all’interno, seguendo lo stretto sentiero scavato nel pavimento per consentire ai turisti di entrare senza strisciare carponi. In fondo c’è un termometro che segna 9,3°C che quindi deve essere la temperatura media annuale di questa zona. Non deve essere male andare in letargo sottoterra con 10 gradi quando fuori la temperatura è sotto zero. Passeggio tranquillamente lungo un grande lago per tutto il pomeriggio, cantando e guardandomi intorno. Vedo parecchie trote e sulle sponde qualche arvicola. Il sentiero poi inizia a salire nel bosco, fino ad un punto panoramico con una vista pazzesca sulla cascata semicircolare per cui sono famosi questi laghi. Mentre le cascate solitamente scorrono sulla roccia nuda, per una ragione che non ho ancora compreso, le cascate di qui sono ingombre di piante, sia sul ciglio sia sulla parte a strapiombo.

15:36

Dopo qualche minuto di contemplazione continuo a salire finché, stupito, incrocio un passante. In mezzo al sentiero c’è, immobile, una salamandra pezzata. Questa volta la noto per tempo e la faccio un po’ di foto. Ormai comincia a calare la luce e pioviggina, quindi inizio a pensare a dove passare la notte. Mentre la pioggia si intensifica trovo quello che cerco: un bel faggio con tanti rami bassi e radi sul quale dormire. Branko, che per qualche tempo ha lavorato come guardiano del parco, nei giorni scorsi ha fatto del terrorismo riguardo ai numerosi orsi, cinghiali e lupi che ci sono nel parco. In effetti speravo di incontrare un orso salendo un po’ nel bosco, ma è possibile che siano già in letargo. Salgo sul faggio quando è già bagnato, studio dove appendermi e installo la corda portante, il grande telo impermeabile, l’amaca, il sacco a pelo intorno all’amaca e infine porto su tutto lo zaino. Sono a più di quattro metri da terra e a parte lo strato esterno della giacca sono anche all’asciutto. Nel frattempo si è fatto buio perché per montare tutto spostandosi di ramo in ramo c’è voluto parecchio. È stato divertente nonostante adesso abbia le mani gelate, ma c’è voluta grossomodo un’ora e mezza per regolare tutto quanto, forse anche due. Mentre continua a piovere scrivo dell’incontro con Donald, fino a tardi. Fuori dal sacco a pelo ci sono 3°C e un po’ di vento, dato che sotto di me non c’è il terreno.

1 commento su “Il riparo anti-orso”

  1. Sofia Palladini

    Leggere di Branko fa riporre qualche speranza sull’esistenza di persona buone che disinteressatamente offrono aiuto e condivisione a chi ne ha bisogno…

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